lunedì 15 giugno 2020

Fotografie - da "Motel Proxima Centauri - Stanze a tema" (2019)


FOTOGRAFIE
di Claudio Montini

Io scrivo di notte così nessuno mi vede e, avendo comunque ben altro da fare, tutti coloro che occupano il resto del pianeta si fanno gli affari propri.
Nella notte, tutti hanno un impegno, un appuntamento, un amore da consumare di nascosto e in fretta, un vizio che li consumerà ma adesso vogliono goderselo fin che ce n'è o fin che fa male, un sogno di libertà e di vita migliore, un incubo da spegnere aprendo gli occhi nel buio e cercando conforto nella luce interna del frigorifero.
Nella notte, qualcuno cerca una canzone e una voce che sciolgano la stanchezza del vivere e c'è chi demolisce la fatica russando come una moto-trebbiatrice con la marmitta bucata, mentre abbatte sequoie nel bosco onirico.
Nella notte, c'è chi cerca in fondo a una bottiglia l'oblio e chi se lo inietta o inala o ingoia in mezzo ad ascelle sudate, luci colorate e casse che vibrano e tremano e sparano decibel come le cannonate degli incrociatori nello sbarco in Normandia; poi, li trovano schiantati o ribaltati o aggrovigliati alle lamiere, comunque freddi da obitorio perchè non c'è una vita di scorta come nei videogames.
Io, di notte, prima di dormire in attesa dell'alba, guardo le fotografie che scarico dal Grande Fratello che Orwell aveva già visto nel delirio della sua malattia: pochi alzano la mano a vantarsi di non essere su un social network o di non avere un indirizzo di posta elettronica.
Ce lo chiede l'Europa e, prima ancora, ce l'ha chiesto il mercato: allora, come pecoroni infoiati, tutti al galoppo ad aprire account per mandare tutta la documentazione con un click, per non doversi ingegnare a trovare il modo migliore per saltare la fila: salvo poi doversi recare di persona allo sportello, come una volta, per dimostrare d'essere vivo e scalciante e avente diritto a questo, quello e quell'altro in faccia a un altro che ha il tuo stesso pessimo umore ma, scrutando dentro uno stupido molto veloce, per mestiere certifica la tua esistenza.
Ma i due stupidi veloci a far calcoli, quello che hai lasciato a casa, sì, quello con cui navighi il mare virtuale e quello dello sportello, non dovevano essere in grado di scambiarsi vicendevolmente le notizie loro necessarie?
Oppure sono sordi, ciechi e muti come certi pezzi dello Stato che si parlano solo attraverso i giornali e solo per insultarsi?
Prima di cedere alle lusinghe del sonno, di notte, io penso a molte cose e mi incazzo col resto del mondo: ma, dal momento che quest'ultimo fa orecchie da mercante, scendo dal.....sì, insomma, da quel “coso” lì e vado a piedi per i labirinti sinaptici.
Dicono che camminare sia un ottimo rimedio alla vita sedentaria, ma scrivere camminando non si può, né di notte né di giorno perchè non si vede la strada e si perde la direzione.
Io, invece, ho trovato lo stesso il modo di farlo perchè di notte scrivo quello che le fotografie, sbirciate nelle bacheche altrui, sussurrano alla mia fantasia: ogni notte il viaggio è differente così come i pensieri che si coagulano intorno a quei francobolli di vita strappati, con nitrato d'argento e carta o una moltitudine di pixel, al loro eterno fluire e bruciare per dissolversi nell'oblio.
Apro camere ammobiliate per viandanti immaginari, con vista su mondi che, già dopo lo scatto, non esistono più perché evoluti stando al passo della luce del giorno; in esse, allestisco scenari per quadri che monto in sequenza come fosse un film o un videoclip da proiettare per me soltanto, nella mia testa, perché non mi bastano mai i sogni che Morfeo, il dio del sonno e non il calciatore, mi procura ogni volta che chiudo le palpebre.
Per sopravvivere, per serbare ancora un briciolo di speranza, per riempire ore vuote come una casa abbandonata e dimenticata ho bisogno di sogni ad occhi aperti e di volare oltre la malinconia e il dolore.
Siano benedette le fotografie e chi le scatta finchè avrò la forza e la vista per ricamare merletti di parole per le loro didascalie, fosse ben solamente una minuscola lirica o un emistichio che fa salire un sorriso a fior di labbra.
Sia, infine, benedetta la mia maestra della scuola elementare, maestra unica direbbero i soloni odierni quasi inorridendo che una persona sola riuscisse, in cinque anni, a svezzare alla cultura e alla disciplina del vivere in una comunità civile una banda eterogenea dalla bocca ancora sporca di latte.
Lei evitava di comparire nelle fotografie di classe perchè dovevamo essere noi protagonisti della scuola; per lei la scuola viveva perchè c'eravamo noi e lei era li per darci gli strumenti necessari ad essere cittadini consapevoli.
Lei non ci ha insegnato soltanto a leggere, scrivere e a far di conto: parlandoci di storia, geografia, aritmetica, geometria, biologia, grammatica e ortografia ci ha insegnato a non fermarci a bello o brutto, buono o cattivo, giusto o sbagliato, mi piace o non mi piace ma ci ha costretto ad aggiungere un perchè che completasse la nostra risposta.
Ci ha insegnato ad avere un'opinione ed esprimerla e a porre, a nostra volta, domande mirate per approfondire e superare le apparenze mettendoci, se necessario, nei panni degli altri: la mia libertà inizia dove finisce la tua, ma farò in modo che tu possa sempre esprimere il tuo pensiero, senza gridare e senza mangiarti le parole: perchè discutendo con una persona intelligente posso solo migliorare la mia intelligenza, lasciò scritto George Washington, presidente degli Stati Uniti d'America.
Intanto la notte scivola tra le dita che compongono parole, scorrendo più veloce delle fotografie di ogni album che vorrei sfogliare: perciò mi limito mettere l'ultimo punto e ad aspettare, ad occhi chiusi, l'alba di un nuovo giorno per cercare nuove fotografie.

© 2015 - 2018 Testo di Claudio Montini
© 2019 Immagine di Orazio Nullo "Time traveller"

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