lunedì 15 giugno 2020

La fine di un mito

Addio Pallacanestro Pavia
di Claudio Montini

Chi mette soldi in una società sportiva, sosteneva mio padre che non conosceva affatto il basket, lo fa per interesse finanziario e non per passione. Il che vuol dire, me lo tradusse così, che lo fa se deve nascondere del nero o "truccare" i bilanci con perdite programmate e calibrate; io, nell'ingenuità dei miei quindici anni (tanti ne avevo quando, stufo del calcio che non capivo come tuttora, mi appassionai dei canestri; era il 1981), lo tacciai d'essere il solito malfidente e diffidente cronico nei confronti del genere umano. Ho sperato che a Pavia si potesse scrivere, una tantum, una favola diversa perchè avevo notato che al timone della Pallacanestro Pavia, prima Necchi e poi Vigorelli e poi Basket Pool infine Annabella c'erano sempre le stesse persone, come un gruppo musicale che suona bene insieme o una squadra coesa non perde la bussola qualunque cosa accada. Arrivavano gli sponsor, ma anche i risultati sportivi e la reputazione dell'intero ambiente cresceva: quindi non era un problema di soldi, era un problema di strutture e infrastrutture. Si giocava al Palaespo, ma non era omologato per la serie A (ci volevano almeno 3500 posti a sedere); venne realizzato il PalaRavizza (che è brutto che più brutto non si può: a Desio hanno fatto di meglio per non dire del vecchio Palalido di Milano che ha anche ospitato gare di coppa Campioni della Olimpia targata Billy e Simac). Chi mai venisse a Pavia a investire (leggi buttare soldi a carriolate) si troverebbe anche il problema di pungolare il Comune a fare la sua parte per riparare il Palazzetto o, in alternativa, ripianare i debiti pregressi e fare un palazzetto da un'altra parte perchè quello esistente va curato con opportune cariche di dinamite, opportunamente posizionate. Scusate la ripetizione. Meglio sparire e ricominciare dalla base, dai vivai, dalle serie minori con accordi chiari con le amministrazioni pubbliche: fare appello al buon cuore dei pavesi, per altro ben nascosto e soffocato dal portafogli (magari vuoto e pieno di vecchie fotografie o biglietti usati dell'autobus o scontrini dell'UPIM), è fiato sprecato e aria fritta da aggiungere al mucchio selvaggio di sostenitori a parole.

©2020 testo di Claudio Montini
©2019 immagine di Orazio Nullo "Living Italy"

Nessun commento:

Posta un commento