Addio Pallacanestro Pavia
di Claudio Montini
Chi mette soldi in una società sportiva, sosteneva mio padre che non conosceva affatto il basket, lo fa per interesse finanziario e non per passione. Il che vuol dire, me lo tradusse così, che lo fa se deve nascondere del nero o "truccare" i bilanci con perdite programmate e calibrate; io, nell'ingenuità dei miei quindici anni (tanti ne avevo quando, stufo del calcio che non capivo come tuttora, mi appassionai dei canestri; era il 1981), lo tacciai d'essere il solito malfidente e diffidente cronico nei confronti del genere umano. Ho sperato che a Pavia si potesse scrivere, una tantum, una favola diversa perchè avevo notato che al timone della Pallacanestro Pavia, prima Necchi e poi Vigorelli e poi Basket Pool infine Annabella c'erano sempre le stesse persone, come un gruppo musicale che suona bene insieme o una squadra coesa non perde la bussola qualunque cosa accada. Arrivavano gli sponsor, ma anche i risultati sportivi e la reputazione dell'intero ambiente cresceva: quindi non era un problema di soldi, era un problema di strutture e infrastrutture. Si giocava al Palaespo, ma non era omologato per la serie A (ci volevano almeno 3500 posti a sedere); venne realizzato il PalaRavizza (che è brutto che più brutto non si può: a Desio hanno fatto di meglio per non dire del vecchio Palalido di Milano che ha anche ospitato gare di coppa Campioni della Olimpia targata Billy e Simac). Chi mai venisse a Pavia a investire (leggi buttare soldi a carriolate) si troverebbe anche il problema di pungolare il Comune a fare la sua parte per riparare il Palazzetto o, in alternativa, ripianare i debiti pregressi e fare un palazzetto da un'altra parte perchè quello esistente va curato con opportune cariche di dinamite, opportunamente posizionate. Scusate la ripetizione. Meglio sparire e ricominciare dalla base, dai vivai, dalle serie minori con accordi chiari con le amministrazioni pubbliche: fare appello al buon cuore dei pavesi, per altro ben nascosto e soffocato dal portafogli (magari vuoto e pieno di vecchie fotografie o biglietti usati dell'autobus o scontrini dell'UPIM), è fiato sprecato e aria fritta da aggiungere al mucchio selvaggio di sostenitori a parole.
©2020 testo di Claudio Montini
©2019 immagine di Orazio Nullo "Living Italy"
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