Notturno: dal primo all'ultimo episodio

 


Notturno:
pensieri sulla soglia dei sogni


© 2017 Immagine di Orazio Nullo "Bonfire burns through the night"
© 2020 - 2021 Testi di Claudio Montini 



  1. Overture 
  2. Le colonne del terzo millennio
  3. Apparire senza essere
  4. Sabbia o polvere, per me pari sono
  5. La paga dell'occhio
  6. Saggia riflessione
  7. Non disturbare il manovratore
  8. Uscire a rivedere le stelle
  9. Punti e linee
  10. Intrecciando bugie e silenzi
  11. Pedala, scioccone!
  12. Facciamo finta che tutto vada bene
  13. La fiera dei sogni
  14. Rapido, intenso e ruvido: il rapporto umano
  15. Sull'orizzonte ottico non c'è
  16. La missione umana
  17. Non tuffatevi a bomba
  18. Tornerà in equilibrio il bilancio dell'unverso

1. Overture

Scruto il buio, con occhi spenti, in cerca di un nuovo orizzonte oppure di una prospettiva.
Il vuoto schianta l'anima, l'atterrisce, la strema lasciandola esangue come uno strofinaccio imbrattato di segni, di lividi, di simboli.
Il selciato dei giganti su cui fingo di correre, senza arrivare mai, è sferzato da aliti impetuosi e lacrime di stelle al sentore di salsedine e sabbia e posidonia. 
Secoli vicini e secoli lontani sono ombre sbiadite nella memoria collettiva, troppo angusta per contenerli e poco avvezza ad interrogarli: solo così si spiega la fortuna degli astrologhi e dei loro oroscopi fasulli.
Le stelle hanno ben altro da fare che starci a guardare: devono bruciare e annodare l'universo con i loro campi gravitazionali affinché non si sfilacci, non collassi, non esploda per tornare a contrarsi e liberare nuova luce o nuova vita. 

2. Le colonne del Terzo Millennio
 
Non c'è perdono per chi rivendica ignorando il dolore altrui e per chi dimentica per quieto vivere.
Non c'è pace per colui che si ostina a ricordare perchè, chiusi gli occhi, la pelle non può dimenticare.
Non c'è riposo per costui e neppure per colui che ascolta, assetato di verità, e sceglie di trasmettere il sapere ai figli della luce, ignari e ingenui e inermi, affinché le ombre dei figli delle tenebre non possano cinicamente, sadicamente, ferocemente, vilmente annientarli e ridurli a brandelli, dissolvendoli nel fumo di un camino o spargendone le ceneri nel vento e, anonime, nel mondo.
Le colonne su cui poggia quest'ultimo, ora come allora e come domani prossimo venturo, saranno quelle della partita doppia: attivo e passivo, entrate e uscite, fatture e incassi, costi e ricavi, saldo contabile e dividendi, numeri creditori e debitori. 
Gli strumenti e le vie per raggiungere gli obbiettivi commercialmente utili e rilevanti, sono del tutto irrilevanti: così come gli esseri umani che sono e si renderanno necessari al compimento, alla realizzazione, alla glorificazione della ragione e dello scopo sociale dell'azienda.
Non ci sono più giovani e vecchi e sani e malati e donne e bambini; non ci sono mai stati e non saranno più categorie della mente nel terzo millennio che, a poco a poco, sta lasciando cadere la sua maschera o il suo sudario privo di pudore, di ingenuità, di vergogna: gli affari sono affari, gli ideali sono chiacchiere per belve già sazie.

3. Apparire senza essere

Ai nuovi conduttori della mandria, il contenuto non importa: bisogna apparire e farsi notare, la forma verrà da sé e ce ne faremo una ragione. 
Basta che dicano quello che vogliamo sentire e che ci mostrino solo ciò che può farci piacere, mai quello che potrebbe accadere come conseguenza dell'ignavia, dell'ignoranza, dell'intolleranza. 
Li seguiremo in capo al mondo, ci faremo tappeti affinché i loro passi siano asciutti e sicuri, daremo anche il sangue e la vita per la loro gloria anche se non ci degneranno mai di uno sguardo, non saneranno alcun debito, non asciugheranno una nostra lacrima (anzi, ce ne chiederanno ancora) e non ci lasceranno nemmeno un pezzo di terra sana per coprire le nostre carcasse senza respiro.
Lo abbiamo fatto e lo stiamo facendo di nuovo, perchè non vogliamo avere memoria ma soltanto che la pancia non sia piena d'aria, il telefono cellulare abbia campo, l'automobile col pieno di carburante, la dispensa imbottita e la tavola imbandita.
Che vada al diavolo l'umanità sporca e affamata!
Possa affondare in mezzo al mare con le barcacce che portano malattie, delinquenza, inquietudine e sozza maleducazione da accudire, rifocillare, rivestire e sfruttare perchè di schiavi non ce n'è mai abbastanza, non si può più fare senza, visto che gli italiani hanno rialzato la testa, hanno cominciato a protestare, hanno provato a pensare.
Ma sono ancora pochi, troppo pochi perchè qualcosa possa cambiare: guardano tutti lo schermo per commentare senza avere letto fino in fondo, senza avere studiato qualche pagina in più, senza avere domandato conto e ragione delle promesse mancate.
A noi importa far vedere che ci siamo in tempo reale, ai nuovi conduttori della mandria che si prema il tasto giusto: quello col pollice in alto ad ogni loro peto o latrato.

4. Sabbia o polvere, per me, pari sono

Essere poveri è il solo lusso che possiamo concederci.
Sognare la bellezza, invece, è la sola consolazione che possiamo permetterci: perchè la libertà non esiste.
Siamo sotto gli occhi di tutti e le nostre voci passano nelle orecchie di troppi che studiano il modo di incatenarci meglio, fingendo di offrirci paradisi perduti e sconosciuti, allestendo l'ennesima gabbia dorata chiavi in mano: ma la mano non sarà mai la nostra, la porta si chiuderà alle nostre spalle finchè la macchina non avrà terminato di macinarci, amalgamarci al resto degli ingredienti, digerirci ed espellerci come scorie azotate in una discarica dimenticata.
Il progresso è una corsa, no, è una strada dove passeranno bolidi da competizione rombanti con livree luccicanti e colori sgargianti: i poveri, forti della loro sola invidia e rosi dall'ambizione accesa da sogni proibiti, sgomitano per farsi vedere in prima fila alla parata delle vanità.
Nessuno di noi, nemmeno io che sto scrivendo, starà buono pur potendolo o volendolo.
Un'istante di celebrità, uno sguardo nello sguardo del potente che passa e guarda ma non vede, una voce o un grido o una nota che comprima l'aria fino al timpano di chi ode ma non ascolta, valgono tutta una vita.
Poter dire "Io c'ero!" e accendersi come un lume nella notte dell'oblio e raccontare d'essere stati famosi perchè si è brillati di effimera luce riflessa, non ripaga di alcun dolore né di alcuna mancanza.
Siamo e restiamo granelli di sabbia o anonima polvere che il vento del tempo, quello che volta le pagine dei calendari e strappa i foglietti dei giorni da dare a chi se ne va, soffierà via senza pietà.
Non illudetevi, lo sapeva benissimo il Creatore mente modellava la terra creta, terra bagnata: questa quando asciuga, si secca e si crepa e il vento la sfarina dissolvendola. 

5. La paga dell'occhio

- Credi ancora che sia un sogno? O un incubo?
- Non penso, non sogno e non credo più da tempo… Da troppo tempo… Da molto prima che cominciassi a farlo tu.
- Se è così, che te ne fai del giorno? Cosa vai cercando nella notte?
- Lo lascio scorrere senza stare fermo, ingannandolo con un frenetico impegno, così: mi invento qualsiasi scusa e qualsiasi cosa per non farmi trovare inoperoso dall'istante successivo, sebbene io non sia in grado e capace di fare nulla in modo corretto o, quanto meno, soddisfacente. Eppure lo stratagemma ha successo, desta interesse positivo se non ammirazione: mi consente di ascoltare, annuire, assentire, talvolta persino approvare e poi seguitare a fare come mi pare, come mi piace e come mi è più comodo.
- Sì, va bene… So bene come sei fatto: ma non hai detto nulla della notte...
- Quella è una parentesi che apro e chiudo senza fare rumore per nascondermi alla vista della coscienza che mi viene a cercare, a interrogare, a rimproverare per ogni parola non detta o mancata.
Quando non sono davanti a te, bussa inutilmente alle palpebre chiuse: io sono già scappato nel buio di piombo del sonno, inseguito da altri accidenti che recitano copioni dalle trame incomprensibili e dalle battute a me sconosciute.
- Ora capisco perchè tu non riesca a guardarmi negli occhi che per pochi secondi: quando ti lavi le mani per ritornare alla finestra fatta di corrente elettrica, ripeti lo stesso gesto e la stessa intenzione di chi condannò a morte un innocente...
- Non sono Dio e nemmeno Ponzio Pilato! 
- Ma sei me! Non l'altra metà, il lato oscuro e nascosto, il retro della maschera: sei "me" in un altra dimensione, dove ti è concesso ingannarti e ubriacarti con la fantasia per pensarti migliore e differente da ciò che sei effettivamente.
- Mi arrendo: tu sei la paga dell'occhio che reclama il diritto di sancire e registrare ogni momento, che sia vittoria o fallimento, illusione o discernimento.

6. Saggia riflessione

Portami via da questo posto e da questo tempo: sento che la mia vita è altrove e qualcun'altro la sta vivendo.
Dove vorresti andare?
Altrove, non importa dove, mi basta che sia lontano... Persino oltre l'arcobaleno. Mi basterebbe che fosse in un tempo e in uno spazio in cui mancasse la paura che i sogni possano dare da mangiare, da bere e da dormire sotto un tetto che non sia fatto di stelle.
Carta, penna, parole e colori non sono più efficaci e sufficienti a costruirlo, a crearlo, ad averlo tutto per te qui e ora e ogni volta che ti nausea lo spettacolo della vita?
No! La carta brucia e si consuma, nella penna si secca l'inchiostro e i colori svaniscono con lo sgranarsi del rosario dei giorni: inoltre, le parole, se nessuno le scrive, si perdono nel soffio di ogni vento che solleva la cenere e la polvere che annichiliscono inchiostro e colori. Rimangono solo buio e silenzio rotto da frastuono volvente che si avvicina e, in breve, si allontana in cerca di un bar aperto che serva conforto e caffè, bibite e ristoro a chi attraversa la notte per incontrare il mattino o, almeno, per vincere una mano contro il destino.
Invece lo troverà chiuso come tutti gli altri, secondo la legge vigente, per evitare il diffondersi del contagio da virus sconosciuto. La notte, ora, è più calma e il giorno respira meglio.
Sì, lo so. L'ho sentito: l'hanno detto anche in televisione per farci stare calmi e convincerci che non tutti i mali vengono per nuocere. Intanto, però, le persone muoiono a mazzi e s'infettano a mucchi e cataste inimmaginabili, mentre i pochi guariti non saranno mai più come i sani.
Come tutti gli scampati, non saranno certo il ritratto della salute ma avranno ancora in mano altre carte da mettere sul tavolo e fare il proprio gioco: chi muore giace, chi resta si da pace.
Allora non ci sono grosse alternative: possiamo solo spingere la ruota che porta il domani davanti alla nostra finestra. Se c'è ancora una briciola di fortuna in una tasca, io avrò ancora te come specchio alla mia faccia insieme alle mani che frugano in quelle di questo vestito, di carne e di sogni, ogni giorno più vecchio e stropicciato che mai.
Altrimenti?
Saremmo là dove ancora non mi sai portare, nemmeno quando chiudo gli occhi.
Sai perfettamente che non dipende da me...
Rifletti un poco e arriverai dove le strade non hanno nome, dove il tempo non ha più lancette da fare girare, dove il colore è solo luce da contemplare insieme allo spirito di tutte le cose.
Sarebbe una fuga ciò che mi stai proponendo? Questa sarebbe la tua soluzione ultima? Sai bene che ti seguirei perchè sono prigioniero in questo vetro ed esisto solo se tu ti pari davanti a me, ma bada: chi scappa in cerca della vita che crede di meritare, quasi sempre, non la trova e spreca quella che già possiede.

7. Non disturbare il manovratore

Le alternative scarseggiavano, come le probabilità di successo e le risorse a disposizione: quelli al comando del carrozzone non se ne curarono e il destino, o chi per esso, si prese tutto il piatto lasciando solo briciole e cadaveri da seppellire.
Seguitarono a rincorrere le loro idiozie, a battere sui tamburi delle urne elettorali, a caccia di sorrisi e consensi, di riflettori e microfoni compiacenti, mentre quelle cinerarie si accatastavano allineate e coperte come i plotoni dei soldati che le avevano trasportate.
La colpa, si sa, è una brutta cosa che nessuno vuole, nessuno reclama, nessuno invoca a testimone delle proprie azioni scellerate e ipocrite: anche loro se tenevano alla larga, addossandola totalmente ai sottoposti indisciplinati che avrebbero dovuto considerare non già sudditi, ignoranti e decerebrati, ma amministrati e azionisti cui rendere conto degli inutili sprechi, delle decisioni rinviate e sbagliate, delle strutture inadeguate.
Oh, certo che indagheranno, ascolteranno, acquisiranno documenti e testimonianze scrivendo pagine e pagine di accuse, di riscontri e di circostanze ma non si approderà mai a un aula di tribunale che restituisca giustizia postuma a coloro che i medici non hanno potuto salvare.
Non disturbate il manovratore: restate in casa e morite in silenzio.
Non disturbate il governatore: se uscite e vi ammalate, peggio per voi.
Non disturbate l'assessore: dopo aver punito chi l'ha contestato, chiudendogli l'ospedalino cui era affezionato, ha ben altra poltrona a cui pensare dal momento che non ha altro da rovinare.
La memoria degli italiani e dei lombardi, in particolare, è sempre più labile ed effimera. chissà se ci lasceranno ancora votare e qualcuno si ricorderà dello scempio che abbiamo dovuto patire, di quei morti senza un fiore o una preghiera o un saluto, delle pagliacciate spacciate per conferenze stampa?

8. Uscire a riveder le stelle

Ho bisogno di uscire a rivedere le stelle: nella notte senza automobili, sono i grilli a chiedermi compagnia mentre i gatti inseguono nuovi amori al chiaro di luna.
Ho bisogno di dormire senza incubi e senza preoccupazioni, respirando la salsedine delle carezze del mare o gli aromi umidi e pungenti della pineta sul limitare, immaginario, del ghiacciaio.
Ho bisogno di riempire il silenzio e accendere il buio con un nuovo sogno colorato: non è difficile, ma non ci riesco; non costa nulla alla mia fantasia, ma sembra spenta.
Non mi aiuta nemmeno il computer, la rete, il vino per cucinare che bevo di nascosto per stordirmi a buon mercato, il falcetto che brandisco contro l'erba gramigna infestante il giardino e il cortile.
A complicare ulteriormente le cose, l'oriente estremo e inconoscibile ci ha fatto dono di un nemico sottile, particolare e particolato, imprevedibile ma micidiale una volta che si è annidato.
Tutti nella tana, al sicuro, dunque o forse: guai ad uscire, a tossire, a toccare senza guanti, a sternutire senza adeguati paraventi che nascondono i sorrisi, ma anche nasi troppo curiosi.
Già...:ma i controlli? Gli esami diagnostici? Sangue o saliva? Tampone o prelievo? 
«Non cominciare ad essere polemico: non ci sono per tutti, i vecchi possono anche morire (quella è l'unica e ultima cosa che devono fare in vita) e i sanitari non si devono far vedere con tute e maschere e visiere: possono spaventare la gente e, poi, il rischio biologico fa parte del loro mestiere... Si arrangino come al solito.» disse lo spaventapasseri vestito a festa al pappagallo con la cravatta che insegnava ai gatti ad arrampicarsi, seduto dietro la sua scrivania nel palazzo di acciaio e di vetro eterno monumento al denaro sprecato.
Intanto i soldati di Roma, non più ladrona ma soltanto matrona, portavano i morti in solitudine ad ardere altrove restituendo alle famiglie orfane soltanto anonime ceneri, impossibili da tumulare perchè l'assembramento non s'ha da fare.
Ho bisogno di uscire a rivedere le stelle e chiedere pietà per chi lavora, per chi lotta, per chi aspetta e per chi ancora spera di cavarsela ancora una volta: sappia costui che la mia memoria non è più tanto corta...

9. Punti e linee

La vita è un cerchio che ruota intorno a un punto dello spazio in modo tale che ogni sua parte rimanga equidistante da esso. 
Questo fulcro concorre a descrivere un ulteriore cerchio che risponde allo stesso criterio, più piccolo o più grande, con un altro centro che si comporta nel medesimo modo indipendentemente dal numero di dimensioni attribuite allo spazio preso in considerazione.
L'ordine in questo apparente universo caotico, ricco di fasci di cerchi o sfere o indeterminabili nebulose figure, è dato dal moto continuo e perpetuo che si innesca  a causa della loro stessa natura e che pare tracciare una rotta, peculiare per ciascun sistema o fascio di cerchi, ma determinabile solo studiando a ritroso l'insieme delle traiettorie possibili nelle quattro dimensioni del tessuto spazio-temporale, ovvero se si indaga senza scrupoli il cabotaggio alla deriva dal passato remoto all'infinito futuro, escludendo quelle meno plausibili. 
Un lavoro immane per qualsiasi mente geniale che avrebbe il solo misero risultato di spazzare via indovini e fattucchiere, astrologi e cartomanti, statistici ed economisti: la meccanica quantistica potrebbe dare una bella mano, ma il combinato disposto del rasoio di Occam con la legge di Murphy sarebbe l'arma totale e perfetta per fare a meno di un essere onnipotente che gioca con le nostre esistenze. 
Verrebbe meno anche la necessità, a volte fisiologica, di contare su poeti e narratori o altri tessitori di nuvole poiché i loro prodotti sarebbero riproducibili a prescindere da loro, dalla loro umanità.
Allora, ecco cosa spaventa più della morte e della confusione cosmica ogni studioso dell'universo: il sonno senza sogni, le emozioni polverizzate, speranza e ambizione in estinzione.
Per ora, a nessuno importa di fare questa indagine.

10. Intrecciando bugie e silenzi

Il buio di questa notte non somiglia affatto a quello che mi porto dentro, dietro lo sguardo sereno e la battuta pronta.
Gli occhi non vedono, non sentono, non parlano più con le stelle e coi giorni che verranno: prendo quel che arriva all'alba attendendo spasmodicamente l'avvento del tramonto.
Provo a farmi meno male che sia possibile, a risolvere enigmi, a organizzare impegni e debiti, a far sì che tutto sembri in ordine e si intraveda un piccolo miglioramento.
Anche gli occhi degli altri hanno bisogno di speranza, di quella altrui, per concentrarsi sul calvario e spingere la pietra o il legno da chiodi fino alla cima da cui non scenderanno, ma saranno deposti.
Io strillo senza esito e senza voce perchè ho imparato a intrecciare bugie e silenzi: trovi sempre qualcuno che ha una croce più grossa della tua, da trascinare o da esibire.
Mi tormento senza versare una lacrima ma fiumi d'inchiostro virtuale, credendo di afferrare un sogno per la coda e volare appeso a un'aquilone fatto di elettroni.
Che cosa me ne faccio della luce perpetua, se anelo soltanto al riposo eterno e dormo bene solo al buio? 
Se dopo il viaggio in una valle di lacrime mi toccasse un'insonnia pacifica, preferirei una qualsiasi reincarnazione piuttosto che rivedere (per punizione) la galleria dei miei errori e dei miei misfatti: ho smesso da tempo di contare pecore o di bere camomilla per ritrovare l'oblio del sonno.
La mia anima stremata potrebbe innamorarsi di loro e chiedere asilo politico prima di tornare definitivamente alla casa del Padre: io, invece, voglio un passaggio diretto perchè sono stanco. 
In ogni istante, sei solo coi tuoi rimorsi e coi tuoi desideri: oggi è già ieri e domani verrà a presentarti il conto da saldare col fiato e col sangue, senza attenuanti e senza sconti.
Le palpebre sono scese e risalite di scatto: è tempo di attraversare anche questa notte senza consigli, senza appigli e non pochi sbadigli. 


11. Pedala, scioccone!

Una corsa contro il tempo non finisce mai bene: vince lui, per sfinimento degli altri concorrenti. Eppure lo sapevi, te lo avevano detto, non ci hai creduto, eri convinto di essere più forte, di avere la fortuna dalla tua e tutte le potenzialità: stramazza pure felice nella polvere, eroe inutile e ignoto. Hanno la memoria corta quelli che inneggiavano alla tua potenza, alla tua abilità, alla tua arte: un nuovo idolo ha conquistato la loro mente vuota come un guscio di cioccolato senza sorpresa. Guardarsi dentro o intorno non basta, non è più sufficiente o forse non lo è stato mai: ciò che ha consentito l'evoluzione degli umanoidi, per chi crede che le cose siano davvero andate così, è la capacità di immaginare quello che non c'è, crearlo e renderlo reale.
Ma le cose non vanno dritte seguendo la nostra strada, seguono una rotta disegnata in posto che non conosciamo e, forse, non vedremo mai da questo lato della vita.
Un giorno mi dissero «Hai voluto la bicicletta? Bene, adesso pedala!»
Ho pedalato, pedalato, pedalato... 
In salita, in discesa, in pianura, col vento e con l'acqua, col sole e con la luna... 
Ho dato e preso e ricevuto ingoiando sudore e lacrime, polvere e sangue e fango, sorrisi e baci e abbracci che mi hanno spinto su per la salita e mi hanno costretto ad alzarmi ancora, sebbene avessi le ginocchia e i gomiti sbucciati e sanguinanti.
Dicono che l'ho fatto perché sono stupido, dicono che l'ho fatto perché vedo cose che non esistono, dicono che l'ho fatto perché mi ostino a vedere una luce in fondo al tunnel: o è il sole dell'avvenire, di un nuovo giorno, oppure è il fanale di una locomotiva che viene avanti carica di carbone e di container di merce cinese.
Dicano quel che vogliono: io sono stanco di pedalare a vuoto, di non arrivare ad alcun traguardo, di non vincere alcunché. 
Vorrei riposare, ma non posso: qualcuno sopra di me ha deciso che non sarà adesso.

12. Facciamo finta che vada tutto bene

Adesso è tardi per tutto: per le scuse, per i rimproveri, per i suggerimenti e per le dimostrazioni di affetto o di stima. 
Se non si è capito che nulla poteva essere più come prima, che c'erano soltanto due strade, due possibilità e nessuna opzione da scegliere, ora è troppo tardi per lamentarsi e piangere sul denaro versato in progetti che non si realizzeranno mai.
Il mondo occidentale e quello orientale, che copia il primo convinto di avere i numeri dalla sua parte per il successo, hanno fallito miseramente ma non vogliono ancora ammetterlo.
Nessuno si salverà, nè da solo né in compagnia dei sodali con cui si spartisce le torte dei disperati.
Siamo appesi a un filo di acido ribonucleico capace di prendersi gioco di tutti i microscopi, di tutti i reagenti, di tutte le sostanze sintetizzabili.
Possiamo soltanto prolungare la nostra agonia e renderla meno dolorosa.
Vorremmo almeno sapere quali sono i sintomi, una volta per tutte, non soltanto la contabilità dei morti o degli infetti.
Silenzio; nessuna risposta; nemmeno una riga: soltanto sproloqui di presunti sapienti.
Ci hanno chiesto di non perdere la calma, quando la situazione era ormai disperata.
Ci hanno chiesto di chiuderci in casa, quando la situazione era fuori controllo per avere punti certi dove prelevare i cadaveri.
Ci hanno chiesto di aspettare un medico, quando nemmeno lui avrebbe saputo che fare per difendersi da noi e per indagare se fossimo infetti.
Sto ancora aspettando che qualcuno bussi alla mia porta per chiedermi quale sia lo stato della mia salute, mi faccia un test qualsiasi per dichiararmi sano o malato e mi dica cosa prendere.
Lo Stato, la Salute Pubblica e le sue declinazioni, sono latitanti nonostante i contributi versati.
Lo Stato che vuole il mio voto per continuare a prosperare alle mie spalle, è latitante.
Forse neppure sa che esisto, nè si domanda come faccia a campare e pagare mutui e forniture.
Facciamo finta che vada tutto bene.

13. La fiera dei sogni

Vorrei aprire la finestra per vedere il mare rincorrersi e spalmarsi, spumeggiando e ribollendo con un borbottio tamburellante sugli scogli, le falesie e il bagnasciuga.
Poi la richiuderei e me ne andrei altrove in cerca di una focaccia e bibita fresca, forse un gelato.
Vorrei stare seduto su un sasso piatto alla fine di un prato, davanti a una baita di legno, ad aspettare che finisca di cuocere il pane e il suo profumo si spanda nell'aria. L'estate degli alpeggi è più breve e netta di quella che conosce la pianura. Il minestrone è già pronto, devo solo riscaldarlo; poi, mi verserò un bicchiere di vino e finirò quel libro che ozia sul comodino.
Vorrei soltanto un pizzico di fortuna in più anche se, tutto sommato, ne ho avuta già parecchia: sono sempre caduto in piedi e sono riuscito a raccontarlo. Questa è la mia fortuna, possibile che sia così?
Vorrei avere tutte le risposte a portata di mano per non essere colto di sorpresa troppo spesso. Come nel Manuale delle Giovani Marmotte o nelle tasche di Eta Beta o nella vasca di Archimede pitagorico.
Vorrei essere capace di fare tutta da me, senza disturbare o essere un peso per alcuno dei miei simili o dei miei compagni di cammino: così lascerei fare tutto il resto al destino.
Vorrei un momento di dolce far niente, sentendo il sangue che batte nelle tempie, il sole che bussa alle palpebre e l'aria che sa di sale e di erba, di miele e di fiori, di pane e salame, di vino appena sboccato e birra giovane appena spillata, di frutta staccata dal ramo o dal rovo riempirmi i polmoni.
Vorrei che la fantasia non smettesse mai di farmi compagnia, come ha fatto nei momenti bui: alle parole ci penserò io, come sempre.

14. Rapido, intenso e ruvido: il rapporto umano

Rapido, intenso ma ruvido quanto basti a non apparire finto, calcolato o premeditato: tale dovrebbe essere ogni rapporto tra esseri umani. 
Nulla è più durevole di un sentimento provvisorio, tanto è capace di rinfocolarsi, di autoalimentarsi, di innescarsi nei momenti in cui cedono le forze e le certezze e le difese. 
Così le tasche sono piene di sentenze inutili o tardive. 
Così le orecchie sono piene di promesse al vento che facce di cemento e ghiaia hanno spacciato per lampanti verità. 
Così gli occhi sono torbidi per i fumi dei bracieri in cui ardono vanità e velleità. 
Rapido, intenso ma ruvido quanto basti a non apparire finto, calcolato o premeditato: tale dovrebbe essere ogni rapporto tra esseri umani. 
Un battito di ciglia, un giro di lancette (qualora ancora ce ne fossero), un attimo fuggente e un particolare insignificante muteranno lo scenario e le relative conseguenze. 
Se un bel tacer non fu mai scritto, allora, non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire anche quando diffida della verità di colui che, mai, dubbi non ha. 
Rapido, intenso ma ruvido quanto basti a non apparire finto, calcolato o premeditato: tale dovrebbe essere ogni rapporto tra esseri umani. 
Ho un sacchetto di parole, in fondo si usano sempre le solite, nascosto tra le cianfrusaglie che custodisco nella valigia dei sogni, sotto al letto che accoglie le ossa e la polpa. 
In un fazzoletto di cent'anni fa, ho raccolto le lacrime segrete che il dolore, inflitto gratuitamente da chi ha confuso incoscienza con pietà e dovere con affetto, ha provocato e promosso e ignorato senza pentirsene affatto. 
Rapido, intenso ma ruvido quanto basti a non apparire finto, calcolato o premeditato: tale dovrebbe essere ogni rapporto tra esseri umani. 
Il mare non accetta più bottiglie di naufraghi: ha già troppa plastica ed altri rifiuti da digerire. 
La montagna aspetta che il cielo caschi o torni a farsi sentire.
La terra, pazientemente, aspetta di ridurre in polvere le ossa di chi la manipola, la sfrutta, la calpesta e la maltratta. 
Siamo ospiti occasionali e casuali, senza meriti né diritti, con la sola prerogativa di illuderci circa la nostra specialità.
Siamo destinati ad estinguerci? 
Sì, come tutto l'universo. 
Rapido, intenso ma ruvido quanto basti a non apparire finto, calcolato o premeditato: tale dovrebbe essere ogni rapporto tra esseri umani.

15. Sull'orizzonte ottico non c'è

Quello che non ho è quello che non mi manca: comando ancora una volta alla mia mano stanca di mettere in moto l'utopia. 
Siamo tutti atomi o elettroni di periferia, attratti o trattenuti da nuclei misteriosi, lontani e meschini: elargiscono promesse e stemmi, magliette e divise, stivali lucidi e bastoni, lame e proiettili in cambio della nostra paura.
Siamo ospiti parassiti di un ecosistema in cui abbiamo usurpato il vertice della piramide alimentare: stiamo semplicemente pagando il prezzo della nostra superbia e della nostra miopia.
Abbiamo barato al gioco della catena alimentare, cominciando a divorare gli anelli che ci precedevano e avvelenando quelli che ci seguivano: quando abbiamo eliminato i concorrenti o abbiamo ridotto all'impotenza gli altri pretendenti, credendo di aver capito tutto e di avere svelato il codice sorgente, ci siamo dedicati a manipolare le regole del gioco a nostro uso e consumo.
E siamo stati messi in ginocchio.
E siamo stati battuti.
E siamo stati eliminati.
Una goccia ci ha creati e una gocciolina ci ha annientati, ci ha rigettati nella polvere da cui siamo venuti o nella cenere in cui l'ignavia ci ridotti.
Il pianeta azzurro di idrogeno e azoto e ossigeno e carbonio non ha bisogno di noi che non sappiamo rispettare una regola che sia una, che turbiamo equilibri e armonie per non faticare, che nemmeno ci fermiamo a pensare.
Nulla è andato bene, nulla tornerà mai come prima: è cominciata una nuova era, tranne per i venditori di fumo e di spazi pubblicitari.
Chi vuol esser lieto, sia: del doman non v'è certezza! 
Il nostro porto di attracco non da segno di sé: sull'orizzonte ottico non c'è.

 
16. La missione umana

Un treno non passa mai due volte per la stessa stazione, a meno che non sia previsto nei misteriosi piani del destino. 
Noi siamo passeggeri inconsapevoli che salgono e scendono, a volte senza biglietto e più spesso senza destinazione. 
Ma se, da qualche parte, è scritto che noi si debba prendere quel particolare treno, esso ci travolgerà o ci spalancherà le porte delle carrozze che traina. 
In ogni caso, saremo condotti là dove dovremo dimostrare che abbiamo mangiato per vivere e per portare a termine la missione che ci è stata affidata quando siamo precipitati in questa valle di lacrime, fosse solamente quella di vivere per mangiare e dire che è buono, è bello, è ben fatto. 
Ma come è possibile che non abbiate ancora capito??? 
La nostra missione è quella di ritrovare il soldino che abbiamo ricevuto insieme a una croce, quando siamo stati scaraventati in questa mondo senza pace e senza memoria, facendo di ambo le cose qualcosa di bello e di buono per gli altri esseri viventi che sono intorno a noi. 
La nostra missione è quella di aprire gli occhi, il cuore, le orecchie all'amore che ha tante facce e si specchiano anche in una minestra, in una manciata di parole, in un colore o in un segno, nella materia forgiata e modellata, in una voce che canta e nel complesso dei suoni di un'orchestra intera. 
La nostra missione è quella di non avere paura di essere felici e liberi nella nostra immaginazione: lì, nessuno può controllare né vincolare, né sottomettere. 
C'è un tempo per lavorare, per raccontare, per sognare; c'è un tempo per ogni cosa, anche per amare: è vita, è un dono che non si deve sprecare, è un dono che non si può rubare. 
In salute e in malattia, nella buona e nella cattiva sorte: perchè... fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir vertute e canoscenza (Dante Alighieri, da La Divina Commedia).

17. Non tuffatevi a bomba


Si trasmette da lontano
sa di polvere e di fumo
come il tempo scorso invano
aspettando un eroe o una mano
che vinca o inventi un piano
o che sollevi il mento dal guano.

Ne abbiamo visti così tanti
vestiti a festa e ignoranti,
carichi di promesse roboanti,
incendiare animi impazienti
addebitando colpe inesistenti
a chi è senza pane e senza denti.

Ma anche quelli onesti e bravi
sono stanchi d'esser schiavi
dei tempi cari solo propri avi,
del purgatorio scampato se pagavi,
se del filo spinato non ti curavi,
se d'obbedire solo ti preoccupavi.

Non tuffatevi a bomba
che poi fate l'onda
siamo dentro fino al collo
nel letame e sale il livello.
Non è mica sempre festa:
qui ci giochiamo la testa.

Tutti vogliono la mucca e il vitello,
non si spezza un sogno sul più bello,
ma a fine mese è vuoto il borsello.
Giriamo il mondo a volo d'uccello
contorcendo i pollici sullo sgabello:
Sul palcoscenico c'è il nuovo modello.

Punta il dito all'orizzonte
dove non si vede niente,
né oceano, né continente.
Promette nuove stelle da oriente,
mentre si avvelena l'occidente
quando gira la testa indifferente.

Ecco per voi il sovrano della paura:
l'amore esiste ma non dura;
la cultura è noiosa e non fattura;
che l'errore sia altrui, è cosa sicura;
confidiamo anche nella magistratura,
per liberarci dell'opposta sozzura.

Non tuffatevi a bomba,
che poi fate l'onda;
siamo dentro fino al collo
nel letame e sale il livello.
Non è mica sempre festa:
qui ci giochiamo la testa.


18. Tornerà in equilibrio il bilancio dell'universo

Tutto torna e combacia, anche se non si spiega; nulla accade per caso: neanche gli eventi spiacevoli.

La vita è un filo spinato steso su di un campo minato messo a fare da guida verso l'uscita: se volessimo attraversarlo, in realtà siamo costretti a farlo, l'istinto ci suggerirebbe di afferrarlo e seguirlo, di percorrerlo tastandolo o aggrappandoci ad esso nonostante ci graffi la pelle fino alla carne, senza badare alle lacrime e al sangue che bagnano le nostre impronte.
Sole e luna non avranno pietà o compassione di alcun lamento, di alcuna lacrima, di alcuna risata o urlo di gioia. 
Afa e acquazzone ristoratore, gelo che spacca e nebbia che confonde, gocce di cielo che cavano rocce o diroccano ponti e strade e tetti e automobili, vento rabbioso che monta il mare per frustare la terra e il filo spinato mente noi, lì aggrappati a lui, siamo nel mezzo del campo minato: nulla ci è risparmiato. 
Nessuna pietà è prevista per la creatura che ha perso il pudore e il rispetto per ogni dono ricevuto, che inventa un alibi al giorno per la propria indolenza e confonde l'arguta arroganza con la concreta sapienza spacciando la ragione per sentimento. 
Il dio confuso con le forze che regolano la materia, lo spirito che sta oltre le dimensioni della realtà e le manie persecutorie di presunti profeti alterati da deliri d'onnipotenza, l'entità superiore soltanto perchè non si è ancora giunti a usurparne il ruolo tessitore di destini per l'universo intero, proprio Lui che lo ha creato si è stancato di questo giocattolo sempre meno imprevedibile e che, per giunta, si è messo in testa di fargli le scarpe e dichiararlo morto! 
Il declino è già avviato perchè, se mai Lui morisse, dopo tre giorni risorgerebbe nella vita eterna e, qualora smettesse di giocare per giudicare i vivi e i morti, non è scontato né scritto in alcun testamento che ne spenda altri sette per riprogettare, ricostruire, riavviare la giostra ribelle appena polverizzata. 
Lascerà, forse per sempre, che quella polvere di cui siamo fatti, la quale non è affatto la materia di cui sono fatti i sogni, nel vuoto si disperda tra le stelle che stanno a guardare bruciando splendenti e lontane, esplodendo se nascono e collassando su sé stesse fino a compattarsi se muoiono. 
Queste ultime, in realtà, vivono della polvere cosmica di quelle cui si avvicinano e si nutriranno anche della nostra. 
L'universo sarà di nuovo correttamente bilanciato.


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