Strofe senza capo ne coda

 


A volte capita di volere essere sintetici e chirurgici per imbottigliare la serenità dentro le parole, così che si possa metterne da parte un poco per quei momenti in cui l'anima non si alza e non vola. Bisogna fare in fretta perchè, essendo fatte della stessa materia dei sogni, le parole che suonano bene insieme svaniscono come i profumi buoni delle belle donne: passano e lasciano una scia e un languore e un desiderio irrisolto che fa male, intristisce, genera malinconia e pessimi pensieri. Allora, ci vuole una poesia e lei si affaccia nella mente: bisogna scriverla subito altrimenti si trasforma, si fa dimenticare, svanisce come la nebbia di settembre all'alba di un giorno ancora caldo di sole e di fine d'estate.
A me è successo diverse volte, tanto che ho pubblicato ben due raccolte di cui troverete qui a scheda. Però, a beneficio dei più distratti, riporterò anche quei componimenti che, di volta in volta, mi sono scappati dalle dita e ho lasciato che andassero per il mondo. 
Buon divertimento.

Claudio Montini

©2015 Immagine di Augusta Belloni "La voce dei poeti"
©2021 Testo di Claudio Montini

La voce dei poeti
di Claudio Montini & Augusta Belloni
La voce chiese al vento: «Da dove vieni? Dove vai?» Ma quello rispose consonanti incomprensibili, seguitando imperterrito a spettinare gli alberi e a trascinare polvere, carta straccia e foglie morte in un valzer senza musica. Invece la musica c’era, c’è sempre stata e ci sarà finché il pendolo non smetterà di oscillare dettando il ritmo alle cuspidi e ai conseguenti antipodi: pochi la intendono e quei pochi sono impazziti o sono fuggiti là dove si rifugiano le risposte inaudibili e inaudite, i segreti maledetti e quelli mai detti, tutti i veli pietosi e penosi che coprono la nuda verità. Ora muggiva, ora fischiava, ora ringhiava irridendo lamenti e preghiere e timori di quel mondo in cui si sentiva prigioniero ma di cui sembrava avere raccolto la disperazione, servendosene per spezzare le catene della gravità e tornarsene al cielo, finalmente libero. Affascinata e atterrita da tanta forza, forse più dalla prospettiva in cui intravedeva una via di fuga, di nuovo la voce lo supplicò. «Portami con te, ovunque sia l’altrove cui tendi!» Ugualmente a prima, il vento non si curò di lei e, così come era venuto, se ne andò lasciandola sedotta da un’idea di libertà e abbandonata ai dubbi e alle incertezze quotidiane. La testa era vuota, gli occhi non sapevano più dove guardare, la bocca era immobile e chiusa come una maschera desueta e dimenticata; eppure le orecchie captarono un suono, forse soltanto una sequenza anomala di consonanti nello strascico vento in fuga, un falso rumore di fondo che consola e confonde i cuori in allarme e in attesa, il silenzio imperfetto che si espande e avvolge lo spazio e il tempo e il volume e la massa, annichilendo tutto. Poco più di una vibrazione e molto meno di una presenza, entità metafisica quant’altre mai labile e riconoscibile solo dai riverberi e dai riflessi indotti, la poesia si offrì alla voce recando con sé armonia e bellezza, sue ancelle e compagne sin dalla notte dei tempi. «Vieni con me e portami per le vie del mondo o lungo le linee del tempo che intersecano miliardi e miliardi di vite, spesso ignote le une alle altre eppure reciprocamente indispensabili, come gli ingranaggi di un meccanismo complesso nel quale anche il più insignificante e minuscolo di loro contribuisce al movimento di tutti gli altri, garantendo precisione e correttezza al funzionamento di tutto il sistema. Tu sei la sola che possa attraversare il buio vestendolo di colori e profumandolo di sapori; tu sei la sola che possa modellare il silenzio senza distruggerlo, anzi, danzando con lui per disegnare su di esso arabeschi e graffiti delicati e potenti; tu sei la sola che possa penetrare corazze e segrete stanze dove si nascondono le corde dell’anima da suonare per illuminare i più reconditi angoli del cuore. Con te e soltanto con te le parole, le idee e i sogni di cui sono fatta potranno volare superando barriere e confini, paesi e palazzi, mari e montagne e, forse, anche le stelle per abitare in mezzo alla gente che ascolterà, farà proprie e vivrà ad occhi aperti senza fastidio o timore a dispetto del vento troppo propenso alla fretta, allo scompiglio e alla dispersione.» La voce si smarrì, si ritrovò e si sorprese nello stesso tempo e allo stesso modo di colui il quale, avendo cercato invano conforto e soddisfazione lontano e altrove, al termine di uno sconsolato sentiero di ritorno si accorga e realizzi di avere avuto a portata di mano la soluzione ai suoi guai, insieme a mezzi e materiali a lui più congeniali, ma di averli colpevolmente sottovalutati e ignorati. Meglio tardi che mai: del resto, vi è una spiegazione plausibile per molte delle cose che stanno tra cielo e terra, fuorché per la stupidità pervicace e per l’orgoglio superbo, cieco e sordo. Almeno è questo quanto sostengono quelli che gridano nel deserto, stando fuori dal coro. Se l’istinto le aveva già preparato le valigie e messo un piede sullo zerbino oltre la soglia di casa, perché fosse pronta a scattare come un bersagliere all’assalto e a correre incontro alla gloria, la ragione tirava freni e remi in barca predicando cautela, riflessione e discernimento affinché il passo che si stava compiendo non fosse solo figlio del capriccio di un momento. Era una scelta radicale, incauta e improvvida tanto era priva di prospettive di soddisfazione o di rendita: in altre parole, era una cantonata di proporzioni colossali! Già un saggio antico aveva affidato una sentenza, valida in tutto l’universo, alle procellose e inarrestabili volute fluttuanti del Tempo, “Carmina non dant panem” ovvero i poemi non danno il pane, più ricca di conferme che di eccezioni preposte al medesimo scopo. Ma la voce aveva già gettato i suoi dadi e intrapreso il cammino lungo il ponte steso sopra acque inquiete: da troppo tempo era sola, senza anima viva a cui regalare un’idea, un progetto, un sogno, una suggestione con cui elevarsi e distinguersi dalla massa silenziosa sebbene vociante, uniforme e anestetizzata, vincolata ad invisibili burattinai ma convinta d’essere senza fili e senza catene. Era consapevole di non potere cambiare il mondo, ma aveva bandito il rimorso per non aver provato ad essere come la voce dei poeti che quei due amici, separati sul piano fisico ma tanto vicini e simili su quello spirituale, avevano così bene descritto in una delle prime composizioni che crearono per diletto personale.
LA VOCE DEI POETI
Geometrie non euclidee seguono i poeti
per disegnare orizzonti invisibili,
dando vita a poesie nuove senza rime
lasciando di stucco ascoltatori e passanti
e coloro che non accettano i cambiamenti.
Chi conosce il vento,
non teme sbarre o barriere!
Chi conosce il vento,
non ama le frontiere
La voce dei poeti si affida, cieca,
al vento che sa dove andare:
esce da un cuore e si lascia trascinare
con gli occhi chiusi perchè non vuol vedere.
Supera tremila ostacoli,
si fa beffe dei divieti,
infine trova un’anima in cui riposare,
da riparare perchè possa di nuovo volare:
ma se quest’anima è ostile e non ha cuore
la voce del poeta, nel silenzio, muore.
Era uno dei primi passi, un metro sopra e in disparte dalla disordinata folla di avventori della piazza virtuale, che Augusta e Claudio mossero fuori dalle rispettive prigioni senza sbarre finalmente liberi di regalarsi parole e di percorrere i sentieri che esse avrebbero, di volta in volta, indicato alle loro anime assetate di armonia e di bellezza. Ora la sua missione era scritta di fronte a lei e, in virtù di tale natura, destinata a non disperdersi come polvere e petali strappati nel vento che non l’aveva voluta con sé: non poteva più ignorarla e, dunque, l’avrebbe portata a termine con la certezza di smentire il finale concepito dalle sinapsi dei due poeti, poiché avrebbe fatto proprie queste altre parole nuove che Augusta dedicò a Claudio per suggellare e celebrare l’avvio del sodalizio artistico.
LE PAROLE NUOVE
Digito per te parole nuove,
parole che mi vengono dal cuore:
son frasi che tu non puoi vedere,
rimangono nell’aria a galleggiare.
Ma il vento cosmico
che carezza le stelle,
le spinge fino alla mia finestra
aperta sulla valle:
ascolto il muto canto,
senza tempo,
che ricomincia
a svegliare la radice
e getta un fiore,
un trillo, un volo.
Ecco, amico,
il miracolo cercato:
non sei più solo.
La voce aveva intuito e compreso che la poesia è un flusso di energia che scorre come un fiume in un’altra peculiare dimensione, una delle molte di cui è composto l’universo e che sono comunque attraversate dalla luce così come coordinate dal tempo e dalle interazioni gravitazionali ed elettromagnetiche, tuttavia capace di affiorare ed affacciarsi in ciascuna di tutte le altre a suo piacimento a dispetto dei vincoli della materia.
Accettare l’invito della poesia a viaggiare insieme e spingersi, sull’onda dell’entusiasmo, a mettersi al suo servizio era stato più che logico, più che inevitabile, più che naturale: era stato come trovare ali adatte per volare oltre le stelle e oltre l’infinito ignoto senza perdersi d’animo, senza bruciarsi invano, senza spegnersi nell’oblio; era stato come indossarle e, con tre passi di rincorsa, abbracciare il vuoto per stupirsi di decollare e non di precipitare; era stato come tornare a respirare aria vergine e fresca perché libera è la voce nell’universo, anche dalle leggi che lo regolano allo stesso modo dei sogni e delle idee e dei pensieri.
Libera è la voce nell’universo:
la vedi, la senti, la tocchi, la gusti
non è uguale mai eppure è sempre la stessa
è suono e colore,
è gioia e dolore,
è idea e sentimento,
azione e riposo, cammino a ritroso,
fuga in avanti e i paragoni son tanti.
Forse troppi o troppo pochi
come gli istanti,
gli attimi fuggenti
della sua inspiegabile epifania,
quando sembra che non ci sia,
quando l’ansia di prosa e di poesia,
quando la luce che insegue l’ombra,
accendono la fantasia.
© 2018 Testi in prosa di Claudio Montini; "Libera è la voce" è di Claudio Montini (inedita)
© 2016 “La voce dei poeti” e “Le parole nuove” sono di Augusta Belloni e Claudio Montini per il progetto “SINAPSI: due poeti, una poesia”  
©2019 Diritti riservati agli autori  ©2014 Immagine di Augusta Belloni "Tempesta scampata"


Unico e differente


di Claudio Montini

Il mio dio è differente
se ne sta in disparte
ascolta e non dice niente.

Il mio dio è indifferente
all'incenso che profuma ardente,
alle candele accese sugli altari,
ai sacrifici, alle offerte, ai fiori.

Il mio dio non si vede ma si sente,
sembra lontano e impotente,
come chi sbaglia e non si pente:
eppure piange e ride con la gente.

Non fermerà il tempo né il destino
ma, a modo suo, ti sarà vicino;
poco gli importa se l'hai dimenticato:
non rinnegherà mai d'averti amato.

Il mio dio è differente
se ne sta in disparte
ascolta e non dice niente

Ti lascia vivere, correre, cadere
affinchè tu possa sempre imparare
che l'oblio soffia via la polvere
in cui ci dovremo trasformare.

Le mie parole contano poco o niente,
nemmeno il mio dio ne ha lasciate tante.
Un solo monito, ha detto, è importante:
amarsi gli uni gli altri generosamente.

Il mio dio è differente
se ne sta in disparte,
ascolta e non dice niente.

Ma io lo cerco tra le carte,
lo inseguo ogni istante,
lo interrogo con voce forte,
lo imito maldestramente:
mi credo unico e differente.


©2019 Testo di Claudio Montini
©2016 Immagine di Orazio Nullo "Cathedral on the sea"


Buio appeso al cielo


Daniela ha gettato la sua croce
e ha smesso di seguirlo, senza voce;
Lui, forse, neppure il tonfo ha sentito:
così non le ha impedito
di appendere sé stessa al cielo,
come un vestito o un vecchio velo.
Daniela stava in mezzo a tanta gente
che non ha visto né sentito niente:
chi più, chi meno, tutti convinti
d’avere scalogne ben più importanti,
lacrime da spendere in propri accidenti,
per passare oltre e tirare avanti.
Daniela è passata davanti allo specchio
ma non ha più trovato la sua parte, l'occhio:
tremano anche i forti davanti a tanto vuoto,
non c’è corazza contro i dardi della sorte,
non c'è rimedio al supplizio del destino.
Daniela già sapeva che c’è alla fine della valle,
ma aveva troppi segni e piaghe sulle spalle;
era stanca di correre contro il vento,
di contentarsi del bacio di un momento,
di sprecare la voce in un deserto vuoto,
di sprofondare incatenata al vivere quieto.
Daniela ha lasciato a noi la sua croce,
il giorno in cui in lei non v'era più luce:
l'ha gettata a noi capaci di dimenticare
ciò che non ci piace abbracciare,
ciò che non riusciamo a vedere,
ciò che non sappiamo perdonare.

©2018  Testo di Claudio Montini (revisionato nel 2020) diritti riservati all'autore 
©2016  Immagine di Orazio Nullo "Life different prospect"


Canto delle ali in gabbia

Spegni la mia sete di fortuna,
accendi e raddrizza ancora la luna,
di vita ne avanzo soltanto una.

Siamo granelli di luce e di sabbia
agitati e scossi da desiderio e rabbia,
brancolando erranti nella nebbia.

Risponderà, senza fretta alcuna,
il tempo al canto delle ali in gabbia,
attrazione letale dell'oscura laguna
cui non un'anima viva fuggire sappia.


Spine nella coscienza


Sono spine conficcate nella coscienza
inciampi e ruzzoloni dell'esperienza,
schegge senza traiettoria né pazienza.

Il deserto ogni giorno si fa più grande,
la voce è insufficiente a porre domande,
se cede alle lusinghe di fazioni e bande.

Hanno provato a fiaccare la resistenza
calando cuore e testa tra pancia e mutande,
ignorando che l'istinto di sopravvivenza
rimane vigile e armato anche sulle brande.


©2020 Testo di Claudio Montini
©2019 Immagine di Orazio Nullo "Sleeping hours" Atelier Des Pixels

Ridi di cuore

Lascia tutto com'è: prima o poi, ritorno.
Lascia tutto come l'hai visto quel giorno,
Lascia tutto come se aspettassi l'inverno.

Non anima viva condividerà o verrà a consolarti,
Non albe o tramonti s'avvieranno ad angustiarti,
Non altri gesti assaliranno le tue spalle già forti.

Toccherà al silenzio, al contesto, al contorno
Incendiare il vuoto di malinconia e accusarti
D'aver tracciato e lastricato vie per l'inferno.
Allora, amore mio, ridi di cuore: sarò lì a salvarti.


©2020 testo di Claudio Montini
©2019 Immagine di Orazio Nullo "Best days are not ended"


Prigioniero incosciente


Gioco da solo la partita con l'ignoto infinito inafferrabile,
Attratto e sospeso e respinto tra dimensioni parallele.
Buio e luce, silenzio o rumore, gelo e calore sono irrilevanti:
Reagisco alle vostre attenzioni come i fiori al soffio dei venti.
Io sono il prigioniero incosciente che non va e non sa tornare:
Eppure basterebbe che dimenticassi, per un istante, di respirare.
La mente si è arresa, ripete impulsi e spasmi meccanicamente
E il cuore continua a pulsare senza rendersi conto di niente.

©2020 Testo di Claudio Montini
©2020 Immagine di Orazio Nullo "Biological hazard" - Atelier Des Pixels collection


L'agnostico

Il tuo tempo è strano e troppo lontano
dalla storia che costruisco invano,
un giorno dopo l'altro senza un piano.
Chi ha fede è fortunato e l'ignora:
a modo suo è felice e vede ancora
l'oro del cielo che dice al muro l'ora.
La mia faccia se ne andrà nel pantano
nell'anonimo buio dell'oblio che scolora
la scia labile di chi non ha carte in mano,
avendo scommesso sulla fine della malora.

©2020 Testo di Claudio Montini
©2021 Immagine di Orazio Nullo "Mirrors game"


Ferragosto

Mi raccomando, cerca un bel posto
per trascorrere il Ferragosto.
Non voglio andare lontano,
basta che sia a portata di mano.
Lasciami sognare.
Lasciami volare.
Lasciami riposare.
Sarà soltanto un giorno,
sarà solo un andata e ritorno,
ma dimenticare ogni tormento
cambiando aria, asfalto e cemento
scioglierà il sasso buio e gelato
che il fato, in petto, ha trapiantato.
Lasciami sognare
prima che sia la notte eterna a calare.
Lasciami volare
prima che le ali si vadano a staccare.
Lasciami riposare
prima che le forze mi possano lasciare.
Mi raccomando, cerca un bel posto
per goderci in pace il Ferragosto.

©2020 Testo di Claudio Montini
©2021 Immagine di Orazio Nullo "Lost sheep bay" - Atelier Des Pixels


Più di ieri, meno di domani

Eccomi: ti offro la parte solare di me,
la sola che potresti afferrare o far tua,
l'unica che lascio andare oltre il velo degli occhi
per lasciare traccia della mia rotta nel mondo.
Incrocerò la tua rotta e la farò mia,
se non ti limiterai a uno sguardo frettoloso;
ti indicherò un porto sicuro dove riparare
quando la burrasca piega alberi e vele,
quando il vento fa tremare le vene dei polsi,
spezzando il fiato e gli alberi dei marinai;
se saprai leggere i segni dei tempi,
colmando le distanze che ci uniscono
con una parola o un gesto o un pensiero;
altrimenti vagheggerò di una terra nuova,
distesa oltre il filo dell'orizzonte e del mare,
dove ci attendono le nostre rispettive fortune
che cercheremo con le schiene opposte e lontane,
prima che si metta radici e i germogli paghino
il prezzo di una botta di vita e di uno sbaglio.
Mi dovrai guadagnare e non conquistare,
giorno dopo giorno, di volta in volta:
l'una è figlia del momento e dell'effimera fortuna,
l'altro costa fatica, sudore ed è metro del valore.
Difficilmente, raramente, forse mai curioserai
in quell'angolo di me dove tira sempre il vento
che sa di terra, di fieno, di neve, di pane e di vino;
dove il sale degli occhi asciuga le ossa di polvere
e il guscio di noce con cui scampo tempeste
attraversate senza preavviso nè premeditazione;
dove chiamo ancora rimorsi e ricordi per nome,
inebriandomi, ingenuo come allora, del loro veleno
mostrando orgoglioso ogni singola cicatrice.
Eccomi, dunque, con quel che credo di essere:
luce che scalda e suscita vita, non solo stupore
quando ce la scambiamo con gli occhi.
Diventiamo un essere solo in un istante,
basta che ti sfiori o che mi tocchi:
anche se siamo briciole di sogni in volo
nel flusso incommensurabile del tempo.
Sarò per te ogni momento degno d'essere vissuto,
il coraggio mai esibito e il singhiozzo trattenuto,
l'abbraccio regalato e il bacio meritato,
perchè domani, nei sospiri di mezzanotte,
è oggi che porta via le valigie di ieri
illudendosi che vi siano solo belle speranze.

©2020 Testo di Claudio Montini
©2020 Immagine di Orazio Nullo "Seasons of life" - Atelier Des Pixels


La promessa

E' carso e dolina,
è orrido e forra,
è foiba nascosta
nelle pieghe della storia,
è un pozzo abbandonato
dove la luna non si specchia,
la ferita della terra
che inghiotte il sogno,
di lacrime e sangue,
di carezze e sospiri,
di risate gratuite
e svolte fortuite.
Il custode cui l'ho restituita
mi disse che era già tutto scritto,
era solo una parte da recitare
nel modo più naturale,
per tornare ad essere
ciò che ero e sono e sarò
dall'inizio alla fine del tempo,
quando lo spazio cesserà
d'aver senso e materia.
Ma avevo fatto una promessa
in cambio di una memoria
sempre viva e accesa
come le lampade delle vergini
che aspettano lo sposo,
ignorando il giorno e l'ora,
con la sola certezza che con lui
saranno ammesse al cospetto
del principio e l'origine
delle cose visibili e invisibili.
Sposterò quella pietra
quando avrò smesso di sanguinare,
lascerò il telo a testimoniare,
camminerò nei loro sandali,
spezzerò il pane e berrò il vino
affinchè smettano di dubitare,
non si stanchino di raccontare
l'eterna storia d'amore
tra il creato e il suo creatore.

©2018 Testo di Claudio Montini
©2018 Immagine di Orazio Nullo "Bitter goblet" Atelier Des Pixels collection

Buona notte, papà

di Claudio Montini


Voglio tornare a casa da tutta una vita
là dove ciascuno di noi ha una stanza,
un'armadio, uno specchio, un catino,
un bicchiere, un piatto, un cucchiaio,
una forchetta, un coltello e un posto a tavola: 
perchè nessuno è naufrago se non è isola.

Lascia cadere rosmarino, salvia, origano e aglio,
cristalli di sale e olio d'oliva sul pane croccante:
godi, senza domande, di questo rumoroso istante,
sotto ai denti, sulla lingua, contro il palato,
finchè non scivoli e si perda giù per la gola
insieme al miracolo d'acqua e di terra e di vite
che legno, vetro, buio, luna e lieviti fanno vino
bianco o rosso, non importa, purché sia vivace .

Voglio tornare a casa da tutta una vita
per raccontare come sia andata, non com'è finita;
per ammettere che il futuro si rincorre e non si afferra; 
per avere ancora una notte di grilli e stelle cadenti,
ruote di bicicletta tra i piedi e sigarette fumiganti,
col mondo che gira, forse, un metro al secondo di là
col gusto e il piacere di osare, una volta di più,
augurarti, come tanti anni fa, "Buona notte, papà".

Adesso sai perchè ci metto tutta la vita a inventare
una storia o una poesia che la rendano più gradita,
che nascondano la malinconia dentro una battuta,
che sciolgano la tristezza con una sana risata,
che scovino del bello e del buono in ogni ferita.
Sono per strada, non corro ma sto arrivando:
anzi, vienimi incontro altrimenti mi perdo.

© 2021 Testo di Claudio Montini
© 2021 Immagine di Orazio Nullo "The key" - Atelier Des Pixels collection


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