martedì 30 giugno 2020

Sonetto (inedito) della notte: L'agnostico


L'agnostico


di Claudio Montini

Il tuo tempo è strano e troppo lontano
dalla storia che costruisco invano,
un giorno dopo l'altro senza un piano.
Chi ha fede è fortunato e l'ignora:
a modo suo è felice e vede ancora
l'oro del cielo che dice al muro l'ora.
La mia faccia se ne andrà nel pantano
nell'anonimo buio dell'oblio che scolora
la scia labile di chi non ha carte in mano,
avendo scommesso sulla fine della malora.


©2020 Testo di Claudio Montini
©2020 Immagine di Orazio Nullo "Biological hazard" 

sabato 27 giugno 2020

Notturno - episodio 10: intrecciando bugie e silenzi

Buio, bugie e silenzi

di Claudio Montini
Il buio di questa notte non somiglia affatto a quello che mi porto dentro, dietro lo sguardo sereno e la battuta pronta.
Gli occhi non vedono, non sentono, non parlano più con le stelle e coi giorni che verranno: prendo quel che arriva all'alba attendendo spasmodicamente l'avvento del tramonto.
Provo a farmi meno male che sia possibile, a risolvere enigmi, a organizzare impegni e debiti, a far sì che tutto sembri in ordine e si intraveda un piccolo miglioramento.
Anche gli occhi degli altri hanno bisogno di speranza, di quella altrui, per concentrarsi sul calvario e spingere la pietra o il legno da chiodi fino alla cima da cui non scenderanno, ma saranno deposti.
Io strillo senza esito e senza voce perchè ho imparato a intrecciare bugie e silenzi: trovi sempre qualcuno che ha una croce più grossa della tua, da trascinare o da esibire.
Mi tormento senza versare una lacrima ma fiumi d'inchiostro virtuale, credendo di afferrare un sogno per la coda e volare appeso a un'aquilone fatto di elettroni.
Che cosa me ne faccio della luce perpetua, se anelo soltanto al riposo eterno e dormo bene solo al buio? 
Se dopo il viaggio in una valle di lacrime mi toccasse un'insonnia pacifica, preferirei una qualsiasi reincarnazione piuttosto che rivedere (per punizione) la galleria dei miei errori e dei miei misfatti: ho smesso da tempo di contare pecore o di bere camomilla per ritrovare l'oblio del sonno.
La mia anima stremata potrebbe innamorarsi di loro e chiedere asilo politico prima di tornare definitivamente alla casa del Padre: io, invece, voglio un passaggio diretto perchè sono stanco. 
In ogni istante, sei solo coi tuoi rimorsi e coi tuoi desideri: oggi è già ieri e domani verrà a presentarti il conto da saldare col fiato e col sangue, senza attenuanti e senza sconti.
Le palpebre sono scese e risalite di scatto: è tempo di attraversare anche questa notte senza consigli, senza appigli e non pochi sbadigli. 

©2020 Testo di Claudio Montini
©2017 Immagine di Orazio Nullo "Bonfire burns through the night"

Gli episodi precedenti sono disponibili da Gennaio 2020 : scorrete il menù a tendina dell'archivio...

lunedì 15 giugno 2020

Fotografie - da "Motel Proxima Centauri - Stanze a tema" (2019)


FOTOGRAFIE
di Claudio Montini

Io scrivo di notte così nessuno mi vede e, avendo comunque ben altro da fare, tutti coloro che occupano il resto del pianeta si fanno gli affari propri.
Nella notte, tutti hanno un impegno, un appuntamento, un amore da consumare di nascosto e in fretta, un vizio che li consumerà ma adesso vogliono goderselo fin che ce n'è o fin che fa male, un sogno di libertà e di vita migliore, un incubo da spegnere aprendo gli occhi nel buio e cercando conforto nella luce interna del frigorifero.
Nella notte, qualcuno cerca una canzone e una voce che sciolgano la stanchezza del vivere e c'è chi demolisce la fatica russando come una moto-trebbiatrice con la marmitta bucata, mentre abbatte sequoie nel bosco onirico.
Nella notte, c'è chi cerca in fondo a una bottiglia l'oblio e chi se lo inietta o inala o ingoia in mezzo ad ascelle sudate, luci colorate e casse che vibrano e tremano e sparano decibel come le cannonate degli incrociatori nello sbarco in Normandia; poi, li trovano schiantati o ribaltati o aggrovigliati alle lamiere, comunque freddi da obitorio perchè non c'è una vita di scorta come nei videogames.
Io, di notte, prima di dormire in attesa dell'alba, guardo le fotografie che scarico dal Grande Fratello che Orwell aveva già visto nel delirio della sua malattia: pochi alzano la mano a vantarsi di non essere su un social network o di non avere un indirizzo di posta elettronica.
Ce lo chiede l'Europa e, prima ancora, ce l'ha chiesto il mercato: allora, come pecoroni infoiati, tutti al galoppo ad aprire account per mandare tutta la documentazione con un click, per non doversi ingegnare a trovare il modo migliore per saltare la fila: salvo poi doversi recare di persona allo sportello, come una volta, per dimostrare d'essere vivo e scalciante e avente diritto a questo, quello e quell'altro in faccia a un altro che ha il tuo stesso pessimo umore ma, scrutando dentro uno stupido molto veloce, per mestiere certifica la tua esistenza.
Ma i due stupidi veloci a far calcoli, quello che hai lasciato a casa, sì, quello con cui navighi il mare virtuale e quello dello sportello, non dovevano essere in grado di scambiarsi vicendevolmente le notizie loro necessarie?
Oppure sono sordi, ciechi e muti come certi pezzi dello Stato che si parlano solo attraverso i giornali e solo per insultarsi?
Prima di cedere alle lusinghe del sonno, di notte, io penso a molte cose e mi incazzo col resto del mondo: ma, dal momento che quest'ultimo fa orecchie da mercante, scendo dal.....sì, insomma, da quel “coso” lì e vado a piedi per i labirinti sinaptici.
Dicono che camminare sia un ottimo rimedio alla vita sedentaria, ma scrivere camminando non si può, né di notte né di giorno perchè non si vede la strada e si perde la direzione.
Io, invece, ho trovato lo stesso il modo di farlo perchè di notte scrivo quello che le fotografie, sbirciate nelle bacheche altrui, sussurrano alla mia fantasia: ogni notte il viaggio è differente così come i pensieri che si coagulano intorno a quei francobolli di vita strappati, con nitrato d'argento e carta o una moltitudine di pixel, al loro eterno fluire e bruciare per dissolversi nell'oblio.
Apro camere ammobiliate per viandanti immaginari, con vista su mondi che, già dopo lo scatto, non esistono più perché evoluti stando al passo della luce del giorno; in esse, allestisco scenari per quadri che monto in sequenza come fosse un film o un videoclip da proiettare per me soltanto, nella mia testa, perché non mi bastano mai i sogni che Morfeo, il dio del sonno e non il calciatore, mi procura ogni volta che chiudo le palpebre.
Per sopravvivere, per serbare ancora un briciolo di speranza, per riempire ore vuote come una casa abbandonata e dimenticata ho bisogno di sogni ad occhi aperti e di volare oltre la malinconia e il dolore.
Siano benedette le fotografie e chi le scatta finchè avrò la forza e la vista per ricamare merletti di parole per le loro didascalie, fosse ben solamente una minuscola lirica o un emistichio che fa salire un sorriso a fior di labbra.
Sia, infine, benedetta la mia maestra della scuola elementare, maestra unica direbbero i soloni odierni quasi inorridendo che una persona sola riuscisse, in cinque anni, a svezzare alla cultura e alla disciplina del vivere in una comunità civile una banda eterogenea dalla bocca ancora sporca di latte.
Lei evitava di comparire nelle fotografie di classe perchè dovevamo essere noi protagonisti della scuola; per lei la scuola viveva perchè c'eravamo noi e lei era li per darci gli strumenti necessari ad essere cittadini consapevoli.
Lei non ci ha insegnato soltanto a leggere, scrivere e a far di conto: parlandoci di storia, geografia, aritmetica, geometria, biologia, grammatica e ortografia ci ha insegnato a non fermarci a bello o brutto, buono o cattivo, giusto o sbagliato, mi piace o non mi piace ma ci ha costretto ad aggiungere un perchè che completasse la nostra risposta.
Ci ha insegnato ad avere un'opinione ed esprimerla e a porre, a nostra volta, domande mirate per approfondire e superare le apparenze mettendoci, se necessario, nei panni degli altri: la mia libertà inizia dove finisce la tua, ma farò in modo che tu possa sempre esprimere il tuo pensiero, senza gridare e senza mangiarti le parole: perchè discutendo con una persona intelligente posso solo migliorare la mia intelligenza, lasciò scritto George Washington, presidente degli Stati Uniti d'America.
Intanto la notte scivola tra le dita che compongono parole, scorrendo più veloce delle fotografie di ogni album che vorrei sfogliare: perciò mi limito mettere l'ultimo punto e ad aspettare, ad occhi chiusi, l'alba di un nuovo giorno per cercare nuove fotografie.

© 2015 - 2018 Testo di Claudio Montini
© 2019 Immagine di Orazio Nullo "Time traveller"

La fine di un mito

Addio Pallacanestro Pavia
di Claudio Montini

Chi mette soldi in una società sportiva, sosteneva mio padre che non conosceva affatto il basket, lo fa per interesse finanziario e non per passione. Il che vuol dire, me lo tradusse così, che lo fa se deve nascondere del nero o "truccare" i bilanci con perdite programmate e calibrate; io, nell'ingenuità dei miei quindici anni (tanti ne avevo quando, stufo del calcio che non capivo come tuttora, mi appassionai dei canestri; era il 1981), lo tacciai d'essere il solito malfidente e diffidente cronico nei confronti del genere umano. Ho sperato che a Pavia si potesse scrivere, una tantum, una favola diversa perchè avevo notato che al timone della Pallacanestro Pavia, prima Necchi e poi Vigorelli e poi Basket Pool infine Annabella c'erano sempre le stesse persone, come un gruppo musicale che suona bene insieme o una squadra coesa non perde la bussola qualunque cosa accada. Arrivavano gli sponsor, ma anche i risultati sportivi e la reputazione dell'intero ambiente cresceva: quindi non era un problema di soldi, era un problema di strutture e infrastrutture. Si giocava al Palaespo, ma non era omologato per la serie A (ci volevano almeno 3500 posti a sedere); venne realizzato il PalaRavizza (che è brutto che più brutto non si può: a Desio hanno fatto di meglio per non dire del vecchio Palalido di Milano che ha anche ospitato gare di coppa Campioni della Olimpia targata Billy e Simac). Chi mai venisse a Pavia a investire (leggi buttare soldi a carriolate) si troverebbe anche il problema di pungolare il Comune a fare la sua parte per riparare il Palazzetto o, in alternativa, ripianare i debiti pregressi e fare un palazzetto da un'altra parte perchè quello esistente va curato con opportune cariche di dinamite, opportunamente posizionate. Scusate la ripetizione. Meglio sparire e ricominciare dalla base, dai vivai, dalle serie minori con accordi chiari con le amministrazioni pubbliche: fare appello al buon cuore dei pavesi, per altro ben nascosto e soffocato dal portafogli (magari vuoto e pieno di vecchie fotografie o biglietti usati dell'autobus o scontrini dell'UPIM), è fiato sprecato e aria fritta da aggiungere al mucchio selvaggio di sostenitori a parole.

©2020 testo di Claudio Montini
©2019 immagine di Orazio Nullo "Living Italy"

giovedì 4 giugno 2020

A un amico che non va e non sa tornare

Prigioniero incosciente
di Claudio Montini

Gioco da solo la partita con l'ignoto infinito inafferrabile,
Attratto e sospeso e respinto tra dimensioni parallele.
Buio e luce, silenzio o rumore, gelo e calore sono irrilevanti:
Reagisco alle vostre attenzioni come i fiori al soffio dei venti.
Io sono il prigioniero incosciente che non va e non sa tornare:
Eppure basterebbe che dimenticassi, per un istante, di respirare.
La mente si è arresa, ripete impulsi e spasmi meccanicamente
E il cuore continua a pulsare senza rendersi conto di niente.

©2020 Testo di Claudio Montini
©2020 Immagine di Orazio Nullo "Biological hazard" - Atelier Des Pixels collection

martedì 2 giugno 2020

Notturno - episodio 9 : punti e linee

Limite invalicabile...per ora!


di Claudio Montini


La vita è un cerchio che ruota intorno a un punto dello spazio in modo tale che ogni sua parte rimanga equidistante da esso. 
Questo fulcro concorre a descrivere un ulteriore cerchio che risponde allo stesso criterio, più piccolo o più grande, con un altro centro che si comporta nel medesimo modo indipendentemente dal numero di dimensioni attribuite allo spazio preso in considerazione.
L'ordine in questo apparente universo caotico, ricco di fasci di cerchi o sfere o indeterminabili nebulose figure, è dato dal moto continuo e perpetuo che si innesca  a causa della loro stessa natura e che pare tracciare una rotta, peculiare per ciascun sistema o fascio di cerchi, ma determinabile solo studiando a ritroso l'insieme delle traiettorie possibili nelle quattro dimensioni del tessuto spazio-temporale, ovvero se si indaga senza scrupoli il cabotaggio alla deriva dal passato remoto all'infinito futuro, escludendo quelle meno plausibili. 
Un lavoro immane per qualsiasi mente geniale che avrebbe il solo misero risultato di spazzare via indovini e fattucchiere, astrologi e cartomanti, statistici ed economisti: la meccanica quantistica potrebbe dare una bella mano, ma il combinato disposto del rasoio di Occam con la legge di Murphy sarebbe l'arma totale e perfetta per fare a meno di un essere onnipotente che gioca con le nostre esistenze. 
Verrebbe meno anche la necessità, a volte fisiologica, di contare su poeti e narratori o altri tessitori di nuvole poichè i loro prodotti sarebbero riproducibili a prescindere da loro, dalla loro umanità.
Allora, ecco cosa spaventa più della morte e della confusione cosmica ogni studioso dell'universo: il sonno senza sogni, le emozioni polverizzate, speranza e ambizione in estinzione.
Per ora, a nessuno importa di fare questa indagine.

©2020 Testo di Claudio Montini
©2017 Immagine di Orazio Nullo "Bonfire burns through the night" Atelier des Pixels Collection

Gli episodi precedenti sono disponibili da Gennaio 2020 : scorrete il menù a tendina dell'archivio...