lunedì 26 luglio 2021

Se mi scappa una poesia...leggetela!

Buona notte, papà

di Claudio Montini


Voglio tornare a casa da tutta una vita
là dove ciascuno di noi ha una stanza,
un'armadio, uno specchio, un catino,
un bicchiere, un piatto, un cucchiaio,
una forchetta, un coltello e un posto a tavola: 
perchè nessuno è naufrago se non è isola.

Lascia cadere rosmarino, salvia, origano e aglio,
cristalli di sale e olio d'oliva sul pane croccante:
godi, senza domande, di questo rumoroso istante,
sotto ai denti, sulla lingua, contro il palato,
finchè non scivoli e si perda giù per la gola
insieme al miracolo d'acqua e di terra e di vite
che legno, vetro, buio, luna e lieviti fanno vino
bianco o rosso, non importa, purché sia vivace .

Voglio tornare a casa da tutta una vita
per raccontare come sia andata, non com'è finita;
per ammettere che il futuro si rincorre e non si afferra; 
per avere ancora una notte di grilli e stelle cadenti,
ruote di bicicletta tra i piedi e sigarette fumiganti,
col mondo che gira, forse, un metro al secondo di là
col gusto e il piacere di osare, una volta di più,
augurarti, come tanti anni fa, "Buona notte, papà".

Adesso sai perchè ci metto tutta la vita a inventare
una storia o una poesia che la rendano più gradita,
che nascondano la malinconia dentro una battuta,
che sciolgano la tristezza con una sana risata,
che scovino del bello e del buono in ogni ferita.
Sono per strada, non corro ma sto arrivando:
anzi, vienimi incontro altrimenti mi perdo.

© 2021 Testo di Claudio Montini
© 2021 Immagine di Orazio Nullo "The key" - Atelier Des Pixels collection

lunedì 12 luglio 2021

Notturno - Episodio 22 : Assembramento? No, grazie!

Alla larga dalla mischia

di Claudio Montini

Generalmente, amo stare alla larga dalla mischia: avrei solo da perdere, dunque non ci entro affatto.
Mi sforzo di intendere le ragioni delle parti in conflitto, ma non le sposo affatto: certi matrimoni non si hanno da fare, chiedono anche il sangue, oltre a imporre alla testa di portare soltanto il cappello o gli occhiali sul naso.
La mia indole pacifica emerge sempre, prende il sopravvento e cerca affannosamente un equilibrio, una quiete, un benessere che non troverà mai in questo universo figlio del caso e della confusione, dominato e tiranneggiato e ossessionato dal tempo.
Sono un artista dei momenti inopportuni, delle strade sbagliate, delle pie illusioni, delle carriere mancate: conosco assai bene la materia di cui parlo e, peggio ancora, scrivo.
Mi sono adattato quando avrei dovuto ribellarmi; sono rimasto quando avrei dovuto andarmene senza voltarmi; ho tenuto la bocca chiusa quando avrei dovuto parlare, urlare addirittura; ho esitato quando avrei potuto rischiare; ho aspettato quando avrei dovuto passare all'azione per paura di chiedere troppo.
Perchè ho bisogno di pace, tranquillità e di silenzio: no botti, no urla, no parole espulse dalla bocca senza che il cervello sia stato preventivamente inserito e avviato.
Nemmeno risate o sospiri o motivetti fischiettati con le mani in tasca; neppure colpi di tosse o starnuti.
Ho voglia di silenzio: ammetto solo i rumori di fondo della natura, il vento che agita le chiome degli alberi, il ruscello che saltella e si ingrossa fino al mare, la risacca di questo che non smette di lavare le spiagge e gli scogli.
Grilli e cicale, gatti in amore e cani da guardia all'erta, coi nervi tesi tanto da abbaiare ad ogni ombra, vadano a farlo altrove insieme alle ruote e ai motori che non hanno altro da fare se non sfrecciare sotto le mie finestre, diretti chissà dove col demone del ritardo a mordergli le natiche.
Voglio le strade vuote, le saracinesche abbassate, le insegne spente e masse di decerebrati bivaccanti e scioperati rinchiusi nei serragli, negli stabulari, nelle loro stalle a considerare quanto grande sia la loro fortuna di avere chi riempie, giorno per giorno, greppia e abbeveratoio.
Ne ho piene le tasche di loro e dei loro emuli e delle loro infantili giustificazioni.
Voglio silenzio e riflessione!
Davvero è così difficile da capire?
Ne ho voglia come a vent'anni si ha voglia di sesso e di vino e di pane e salame e patatine fritte.

©2021 Testo di Claudio Montini
©2017 Immagine di Orazio Nullo "Bonfire burns through the night"

domenica 11 luglio 2021

Andavamo a ballare come giovani zanzare


GIOVANI CAMPAGNOLI ALLA FIERA DELLE VANITA'
di Claudio Montini

Aspettavamo il sabato come in ogni riviera marinara che si rispetti aspettano i turisti, meglio se stranieri, più facili da spiumare e spolpare.
Poi, al cambio della data, complici l'ennesimo drink fasullo e la relativa sigaretta spalmata sui polmoni e sui vestiti della festa, scelti apposta e con cura per non sembrare troppo rustici, immancabilmente il pensiero cattivo, l'interrogativo maligno, il dubbio corrosivo si affacciava prepotente nell'anticamera del cervello ostinatamente sveglio: "... che diavolo ci sono venuto a fare qui?
Certo, c'è vita nell'universo e la vedo ben scorrere sotto ai miei occhi, nonostante la musica e le luci stroboscopiche...
Ma devo aver mangiato troppo vetro a cena: o sono trasparente o sono il bosone di Higgs..."
La fine delle trasmissioni dalla consolle del dj o i saluti dell'orchestra era una liberatoria boccata d'ossigeno, era un desiderio taciuto di scampato pericolo, era la fine delle ostilità in una partita in cui ci sentivamo di partire con pronostici poco favorevoli e lo zero-a-zero accontentava tutti.
Buttare lo scheletro nel letto e la relativa polpa, ancora ad esso pervicacemente attaccata, era la cosa migliore da fare per santificare le prime ore della domenica.

©2021 Testo di Claudio Montini
©2020 Immagine di Orazio Nullo "Vanity fair"

giovedì 1 luglio 2021

Più del solito...


PROVACI ANCORA, CLAU!!

di Claudio Montini

Sono pieno di verbi all'infinito, molti dei quali non si possono riferire.
Ho un cesto sulle spalle pieno di cantonate, strade sbagliate, facce dimenticate e persone ingrate.
Non ho fame, non ho sete, non ho neppure forza per contestare qualsiasi cosa mi circondi, mi attraversi, mi sommerga e mi soffochi.
Prima o poi, mi siederò sopra un paracarro di granito malamente sbozzato, scolorito, ricoperto di edera e muschio come quello che c'era, chissà poi perchè?, sdraiato sul fondo del cortile dove mi hanno tirato su bimbo, ragazzo, uomo mio malgrado.
Io stavo bene, anzi benissimo, da solo: una matita, un quaderno e una radio per sentire la musica popolare alla luce del giorno per lasciarlo passare inventando una nuova storia da sognare, per andare a dormire insieme con la porta ben chiusa, per tenere le ombre della notte alla larga dal nido.
Invece la strada, la rotta, il percorso andavano altrove in mezzo alle case e alla gente mentre la meta cambiava e mutava e spariva e si affacciava come un miraggio, un'ombra, un riflesso mai lontano e mai vicino: dunque la corsa non finiva al traguardo, se non di rado, e il premio fiaccava i miei denti, scorticava il palato, bruciava nello stomaco tanto che era meglio dimenticare, tralasciare, cancellare.
Magari con una battuta spiritosa, ironica, il più originale possibile per ridere delle disgrazie e farle più digeribili.
In questo, almeno in questo, posso riconoscermi come artista?
Migliorerò, sicuramente, ma quanto a guarire sarà ben difficile...
Che cosa ho, questa volta?
Nulla, come sempre, sono solo un più sciocco (e più stanco) del solito....

© 2021 testo di Claudio Montini
© 2016 foto di Claudio Montini