lunedì 30 giugno 2025

Un omaggio per il giorno dei santi Pietro e Paolo...

Un ricordo di "UNA PASSIONE DI FAMIGLIA"

di Claudio Montini
 Anche se il giorno dei santi Pietro e Paolo si è già concluso, mi ostino a celebrarlo condividendo con voi un piccolo brano tratto da "UNA PASSIONE DI FAMIGLIA" , volume 11 della serie "GLI ATOMI - micro romanzi per chi va di fretta" autopubblicato un po' di anni fa. Si tratta di una storia del tutto vera anche se interamente sognata dal sottoscritto, durante un brevissimo ricovero ospedaliero e un'esperienza di pre-morte di cui rendo conto nel libro stesso.

[...]
Mi guardavo intorno e non trovavo risposte alle incongruenze, ai dubbi, alle dissonanze di quell'esperienza che interessava i cinque sensi ma non poteva essere vera.
"Sono finito in un altra dimensione? Sicuramente fuori dal tempo e dallo spazio ordinario...
Come in un teatro di posa, dove i registi realizzano i sogni che hanno immaginato...
Eppure, io li vedo bene e ogni cosa è al suo posto nel cortile, persino i profumi e le voci e le tovaglie...
Tutto somiglia tanto a quella serata della fine di giugno di tanti anni fa, non avevo ancora la patente per guidare l'automobile...
Avevo il motorino ma non avevo ragazze da andare a trovare...
Ma sì, quell'estate in cui il giorno dei santi Pietro e Paolo era ancora festa nazionale e comandata, prima di essere abolita dal governo, insieme a tante altre l'anno successivo, addirittura con la benedizione dei preti per via del nuovo Concordato..." pensai, nonostante il sonno profondo.
No, non era per quello che ricordavo l'episodio: era, piuttosto, per l'aura di terrore che circondò la figura di mia madre prima, durante e dopo la serata e che ignorai volutamente per incosciente ottimismo d'adolescente.
La cena andò in onda al sabato e mia madre Elda, che lo seppe solo il venerdì pomeriggio, era già pronta alle esequie del consorte per lunedì, martedì al massimo.
Non erano passati che cinque mesi dal terzo infarto consecutivo che lo aveva colpito e lei, che avrebbe voluto rinchiuderlo sotto una campana di vetro mobile su cuscino d'aria come un hovercraft, si convinse che quella sarebbe stata l'ultima cena di suo marito.
Carlo, infatti, si esibì nel percorso completo e non si lasciò sfuggire una sola portata: antipasti misti di salumi e sottaceti, polenta e frittura con straccetti di lombo in umido, polenta e gorgonzola, scaglia di grana padano e torta gelato, innaffiando il tutto con una bottiglia intera di lambrusco imbottigliato un mese prima, giusto una settimana dopo essere arrivato in damigiana dai dintorni di Reggio Emilia grazie all'autotreno di un'attempato autista venuto a caricare da noi un carico di ritorno, mais destinato agli allevamenti della terra del parmigiano reggiano e del prosciutto crudo, per non rientrare senza remunerazione.
Si usa, nel mondo dell'autotrasporto, evitare andate o ritorni senza carico poiché non viene né fatturato né rimborsato dalle aziende committenti; allora, si cercano o si accettano carichi per consegna verso la strada di casa: in questo caso, a quel camionista erano toccate due consegne di grano tenero presso un mulino pavese e altrettanti “ritorni” di mais per uso zootecnico.
Non ho mai saputo come sia andata, come abbiano familiarizzato: probabilmente avranno parlato di trattorie e tradizioni culinarie, fatto sta che la seconda volta, dalla cabina del camion scesero due damigiane e salirono due scatoloni di confezioni di riso, una di Arborio e una di Carnaroli, che mio padre usava regalare sotto le feste di Natale ad amici e clienti di riguardo.
Forse già sapeva che il gran finale non era tanto lontano e voleva levarsi uno sfizio, voleva godersi la famiglia nel miglior posto nel quale quel concetto si esprime con generosità e voluttà: a tavola, davanti a piatti pieni e forchette pronte e bicchieri colmi.
Conoscendo i suoi polli, forse, ci stava pensando da parecchio ma si era ben guardato dal lasciarselo sfuggire di bocca; aveva scelto con cura le parole e le mosse da fare e da ispirare; aveva atteso il momento giusto e tutti recitarono, ignari, secondo il copione che da solo aveva immaginato.
Circondato anche da figli e nipoti e un paio di amici, proprio di quelli là così discreti ma presenti e cari più dei familiari, trascorse una bella serata beata e dormì sereno quasi senza russare; il giorno dopo andò pure a messa e trascorse il pomeriggio a fare fatture e registrare carichi e scarichi: la fine arrivò soltanto tre anni e mezzo dopo, in un letto d'ospedale e non in quello di casa.
Riteneva che l'agonia di un genitore non fosse un bello spettacolo per i propri figli e, d'accordo col medico di famiglia, volle fare un'ultima cosa per loro: farsi ricoverare affinchè non ne fossero spettatori impotenti.
©2020 - 2025 Testo di Claudio Montini diritti riservati
©2020 Immagine di Orazio Nullo diritti riservati

domenica 1 giugno 2025

Pro memoria da "FUORI TEMPO MASSIMO" di Claudio Montini (Independently published - 2024)

Una bibita fresca

Stava bene lì, finalmente in equilibrio, con la confusione e le voci che si sovrapponevano ai grilli e alle cicale che, alla faccia dello smog e dei semafori e del traffico, ripetevano senza sosta il loro concerto dedicato a madre natura con le coreografie dei piccioni e dei passeri e delle rondini.
Aironi, ibis e cavalieri d'Italia preferivano il mare a quadretti: dei nidi umani e dei loro inquilini non sapevano che farsene e non si fidavano affatto.

Peccato che il giorno vada a finire, scivolandoci come sabbia tra le dita. Non ho mai avuto un cuore da leone accanto a una donna che mi piace, cui vorrei dedicare tutto il mio tempo, cui vorrei dare tutto il mio piccolo mondo, cui vorrei costruire una casa sicura in cui non temere alcun male. 
Per darsi un contegno e togliersi dall'imbarazzo di uno sguardo profondo in cui, per un istante interminabile, le loro anime si erano scambiate di posto e avevano scorrazzato dietro le loro maschere pubbliche, Massimo aprì la Moleskine e gli consegnò tutte le parole di questo pensiero mentre Chiara intratteneva le pettegole di quartiere con cenni e saluti, secondo un codice segreto e ben collaudato, non senza richiamare all'ordine il pargolo fischiando come un arbitro di basket cavilloso ad ogni sua eccessiva esuberanza. 
Infilava indice e pollice ai lati della bocca, il pieno ai polmoni e via: Andrea l'avrebbe riconosciuto tra mille e altrettanti si sarebbero voltati per vedere chi fosse il detentore di quel perentorio richiamo; per alcune delle presenti non era una cosa elegante, non era da donne ma da pastori, per altre era una alternativa all'urlo a gola strozzata che terrorizza anche la Cina, per tutti era una tecnica difficile o impossibile da replicare, ivi compresa la successione di gesti con cui comunicava a distanza la sua inappellabile volontà.
Riposta l'agendina, la tasca opposta vibrò e suonò: il telefono cellulare lo avvisava dell'appuntamento con la dottoressa, il medico che aggiusta i cervelli sfasati. 
Meno male! Capita a fagiolo! Non sapevo proprio cosa dire per rompere il silenzio senza scadere nei soliti cliché, i migliori anni della nostra vita, che lavoro fai, come ti trovi, chi ti apre lo sportello, cosa fai stasera o domani o nel fine settimana... 
Scrutò lo schermo fingendosi accigliato e sorpreso; poi la guardò per scusarsi, inclinando la testa da un lato, assumendo una buffa espressione e ricorrere a una frase di circostanza. 
Chiara sorrise maliziosa quanto mai e lo prese in contropiede. 
«Il dovere chiama! L'ora d'aria è finita, il timeout è scaduto...»
«Come dici? Oh, questo? No, no... 
Non è come pensi, no... 
Del resto, io sono un'uomo libero, te l'ho detto quest'estate e l'inverno, poi, fa di me un uomo vegetale...  
Forse è per questo che sto bene qui, al parco: anzi, oggi sono stato meglio di tante altre volte...»  
«Le suore dell'asilo sostenevano che stare al sole fa bene al calcio delle ossa, specie nei bambini, ma il sole di primavera fa bene ad ogni cosa: perchè risveglia la vita, i colori...» 
Gli ardori mai sopiti degli amori inconfessati, senza fortuna e senz'altra consolazione che la fantasia, l'immaginazione. 
Eppure oggi siamo stati più vicini che mai: mi accontento di questa piccola fiammella, questa tremula illusione. 
«Se lo dicevano già loro, deve esserci del vero: vorrà dire che, da oggi in poi, ci verrò più spesso per correre ancora il rischio di incontrare così tanta bella gente.»  
A un orecchio distratto poteva sembrare una frase da romanzo d'appendice, invece lui si rese subito conto d'essere stato tanto sincero quanto non lo era stato mai: si alzò, salutò da lontano il bimbo e strinse la mano di lei con un impercettibile inchino che non mancò di turbarla piacevolmente; l'affettazione da primo novecento italiano era di gran lunga la sua favorita rispetto alla grettezza gratuita contemporanea, specialmente quando veniva scambiata per trasgressione o, peggio, per naturale evoluzione dei costumi.  
Non era una vergine di ferro, non era più da un pezzo, non c'era alcun aspetto dell'intimità e dell'umanità che fosse ignoto, se non altro per sentito dire: tuttavia, c'è modo e modo per gestirli, per vivere le pulsazioni naturali.  
Distolse lo sguardo dal controllo del nipote giusto il tempo per apprezzare la camminata e le spalle e tutto il resto dell'uomo, non più ragazzo con la chitarra, che si allontanava di nuovo in un'altra direzione incontro a un'altra donna.  
Era già stata protagonista di un simile film, non una volta sola e non aveva voluto credere alle chiacchiere proprio di una delle “sentinelle” che, anche oggi, avevano stenografato il labiale e non solo gesti e atteggiamenti.  
Chi se ne importa! 
A me basta il mio Andrea, che stia bene e sia felice: quando il suo campanello suonerà, si libererà della vecchia zia e si scorticherà il cuore come meglio crede... 
Nel frattempo, però, si accettano miracoli...  
Cioè, anche alla zia piacerebbe provare di nuovo...  
Se è vero, come è vero, che nulla accade per caso... 
Stiamo a vedere: domani è un altro giorno!
«Dov'è andato il signor Massimo, zia?»
«Aveva un impegno, un appuntamento che stava per scordarsi ed è corso a casa a prepararsi.» 
«Peccato. Volevo salutarlo. Anche lui ha una bella stretta di mano: sembra uno sincero, uno a posto come dice il nonno. Mi è quasi simpatico.»  
Anche a me... Anzi, di più... 
«Se ti può consolare, però, ha detto che è stato bene qui, sulla nostra panchina.
Ha visto tanta bella gente e tornerà ancora.» 
«Ah sì? Bene! Allora potremmo venirci anche noi più spesso, no, cioè, io volevo dire che ci puoi venire anche quando sono via, dai nonni, così voi due potete parlare liberamente... 
Così potete dirvi tutte quelle cose che i bambini, come me, non dovrebbero ascoltare o imparare dai grandi.» 
Era serio e placidamente consapevole delle parole uscita dalla sua bocca, il piccoletto, tanto che incassò lievemente la testa nelle spalle e allargò le mani coi palmi all'insù tenendo stretti i gomiti ai fianchi, per sottolineare la ragionevole ovvietà del suo pensiero e strappando un sorriso cordiale alla zia. 
Davvero questo “angioletto” ha soltanto cinque anni? 
Alla sua età, per me, il mondo degli adulti era un pianeta fuori dal sistema solare... 
E nemmeno sapevo cosa fosse un pianeta! 
«Grazie per il suggerimento, Andrea: ti prometto che ci penserò sopra. A me è venuta una gran sete: andiamo a vedere se Oreste ha già tirato fuori la macchina della menta e del tamarindo?»
«Zia... Ma tu sai leggere anche nel pensiero!! Sei la più bella zia del mondo, dai andiamo, andiamo che ho sete anche io!» 
Magari mi lasciasse anche prendere un sacchetto di patatine... 
Quelle con la sorpresa dentro... 
Quelle che nonna non vuole perché dice che mi rovinano l'appetito e i denti e sono troppo unte e...
Uffa! 
Ma adesso dovrebbe essere ora di merenda, no? 
Ecco: le offro anche a lei così ne prende due sacchetti... 
«Invece tu sei proprio una piccola volpe!
Mi fai leggere solo quello che ti fa comodo, caro il mio bel bricconcello!
Coraggio: dammi la manina e, un piede dopo l'altro in men che non si dica, saremo al cospetto dell'omino della caffettiera.»
Con due folti baffi nerissimi, il viso dai lineamenti regolari e vagamente orientali, retaggio di antenati della Magna Grecia, il cappello e la camicia candidi, la cravatta corta sulla pancia con una caffettiera stilizzata ben in vista, un sorriso sempre aperto e pronto, il gestore del punto ristoro pareva essere uscito dagli schermi della televisione della terzultima parte del ventesimo secolo, al termine di un filmato pubblicitario con protagonista la celeberrima moka piemontese.
Chiara aveva sempre avuto quell'idea e Andrea l'aveva sposata così come si accettano le regole della casa che ti ospita: dopo un po' di tempo, le si danno per scontate.
Era andata così anche per il manovale siciliano che non era più tornato oltre lo stretto di Messina, dopo aver regalato quindici mesi di gioventù con le stellette allo stato.
Il sabato e la domenica, comprese le feste comandate, appariva con un motocarro attrezzato persino con una ghiacciaia, oltre a un variegato assortimento di dolciumi e noccioline e bibite; il resto della settimana si dava da fare con calce e mattoni.
Qualcuno cominciò a domandargli di provvedere al pranzo dei colleghi di cantiere e finì per lasciare secchio e cazzuola: la cosa non gli dispiacque affatto e gli parve di aver trovato la sua strada per il successo.
Però, i cantieri si fecero sempre più rari e qualcun altro gli suggerì di piazzarsi ogni giorno in quel parco, accontentandosi di soddisfare le piccole e grandi golosità dei frequentatori: alle carte e alla sicurezza avrebbe provveduto qualcun altro ancora.
Oreste si adattò, non domandò ma aiutò chiunque si affacciasse alla soglia del chiosco con la benedizione dei “santi in paradiso” che, per qualche ragione a lui tuttora ignota, si erano messi in capo di tutelarlo: quella era e doveva rimanere una zona franca, un'oasi nel deserto d'asfalto e sampietrini, un momento di respiro nella lotta per intascare uno spicciolo in più del proprio vicino. 
«La vita è stata generosa con me: ho fatto sempre ciò che mi è piaciuto senza mai annegare nel guano; perchè dovrei essere avaro io con gli altri che stanno messi peggio di me? 
Hai sete? Hai fame? Non hai un soldo in tasca per pagare? 
Fa niente: però dimmelo prima, dimmelo subito, non fare il furbo, non ci provare nemmeno, non ne approfittare. 
Una guerra tra poveri può solamente finire male, senza vinti né vincitori e tutti più straccioni di prima. 
Il modo per saldare i debiti si manifesterà da sé ma, con buona probabilità, mi sarò dimenticato persino d'averti aiutato. 
Giù, da me, dalle mie parti, si dice che bisogna fare il bene e poi scordarselo.»
Questo discorso Oreste lo ripeteva spesso a chi gli contestava una eccessiva attenzione verso i poveri e gli emarginati. 
Per quanto ne sapeva Chiara, che curava da anni la sua contabilità, i crediti generati a quel modo erano rientrati fino al centesimo, ciascuno coi propri tempi: ma aveva saputo anche che l'intero ammontare, arrotondato per difetto, veniva girato alla parrocchia dirimpettaia per le opere di carità ogni mese con una puntualità svizzera. 
Perchè anche lui era passato attraverso quei momenti difficili e duri, sapeva perfettamente cosa si provava e quanto coraggio ci volesse per chiedere aiuto.

©2024 Testo di Claudio Montini - estratto da FUORI TEMPO MASSIMO (Independently published)
©2024 Immagine di Orazio Nullo

Il volume è disponibile in formato elettronico e cartaceo su amazon.it e amazon .com

                                                                    

domenica 25 maggio 2025

Da "Cose che capitano ai vivi" (Gemini Grafica Editore - 2023)...

Indorare e addolcire pillole amare
di Claudio Montini

 Imitare l'amore e andare incontro alla vita senza domandarsi quando sarà finita: queste, in fondo, sono le cose che capitano ai vivi e sono anche quelle che lasciano ai poeti e ai narratori il compito di indorare e addolcire pillole e bocconi amari da ingoiare, lungo tutto il transito nella valle di lacrime.

Sento il profumo del legno e della grafite,
intanto il foglio si spalma sotto le dita.
Non torno indietro, non temo le salite
ma vorrei riposare un poco: corro da una vita!
Da bimbi, piangevamo e ridevamo per niente.
Da ragazzi, saltavamo come grilli fossi e barriere.
Da adulti, rotoliamo su vetri rotti anime scontente
per treni perduti e ombre alla porta tutte le sere.
Da questa confusione c'è una sola via d'uscita:
una cesta piena zeppa di verbi all'infinito,
una matita nuova, lunga e ben appuntita,
un foglio bianco per ogni desiderio mai sopito.
Fare qualcosa di bello per gli altri,
avendo per paga sorrisi e occhi felici,
scaccerà molti più demoni e mostri
di tutti i colpi sparati dalle mitragliatrici!

©2023 Gemini Grafica Editore (testi selezionati dall'autore)
Il volume "Cose che capitano ai vivi" è disponibile nelle migliori librerie o, in alternativa, sul sito dell'editore. Buona lettura!

sabato 26 aprile 2025

Frammenti di sogno bussano alla mia finestra - Notturno, seconda stagione: puntata n. 22

Essenza e natura: un nuovo capitolo e una nuova storia?

di Claudio Montini

La somma di due solitudini non genera quasi mai una coppia fissa di individui: li aiuta, se mai, a superare temporaneamente sofferenze e disagi esistenziali, regalando loro effimeri stati di euforia.
Tanto è vero che, se non accade, l'universo non se ne accorge nemmeno e prosegue lungo la rotta prestabilita, la sua entropia rimane intatta e in equilibrio con la materia oscura e tutte le probabilità, indeterminate o indeterminabili, ad esse associate.
Al contrario, quando un simile improbabile evento si manifesta, si concretizza e si consolida nel tempo anche infinitamente piccolo, se rapportato all'eternità, scocca una scintilla che si scaglia come un lampo che vibra increspando il tessuto dello spazio-tempo, certamente in misura assai minore rispetto alle onde gravitazionali, la quale viene rilevata e avvertita soltanto dai soggetti protagonisti e da pochissimi altri individui peculiarmente ipersensibili.
Questo fenomeno, per comodità di linguaggio, usiamo chiamarlo amore e derubricarlo o definirlo o postularlo con una notevole mole di altre espressioni che mascherano la totale ignoranza, congenita per altro, riguardo alla sua vera essenza e natura.

©2025 Testo di Claudio Montini
©2015 Immagine di Augusta Belloni condivisa su Facebook

lunedì 14 aprile 2025

Pillole per sognare: estratto integrale da LA TOVAGLIA A QUADRI (2024) di Claudio Montini

 Stelle e sogni
di Claudio Montini



«Brillano nella notte come lucciole prigioniere in un barattolo di vetro, cui non dovrai forare il tappo per lasciarle respirare o svitarlo per lasciarle andare ad esaurirsi altrove, quando ti sarai stancato di ammirarle e studiarle.
Lontane e irraggiungibili, appese sopra la tua testa in apparente vibrazione, t'inganneranno una volta di più lasciandoti libero di unirle con un filo immaginario e disegnare figure di fantasia.
La luce non è veloce a sufficienza per mostrarti il loro volto di pulviscolo e gas e altre materie incandescenti: viaggia lungo milioni di metri per esibire teste di spillo e bottoni luccicanti sul mantello nero della notte, ma arriva sfinita agli occhi nudi.
Inoltre, quel tessuto che le sorregge e le incastona, coacervo di forze magnetiche e onde gravitazionali, è troppo elastico e inesorabile e misterioso e oscuro nei suoi infiniti meccanismi per sottomettersi a lei o alle tue tesi per spiegarlo, prevederlo o inchiodarlo a una croce appesa al muro, per costringerlo in una cornice di equazioni e formule matematiche, annunciando al mondo distratto che non c'è altro da capire o da scoprire.
Invece loro sono sempre lì, da secoli e millenni prima di ogni occhio che le abbia mai notate e di ogni mente che si sia mai posta domande su ciò che la circonda...»
La notte è fredda sull'altopiano alla fine del mondo, lì dove finisce la crosta della terra e comincia a farsi sottile anche il guscio d'aria che tiene in vita gli esseri a base carbonio che metabolizzano l'ossigeno e l'azoto.
Margherita si calò la cuffia di lana sulle orecchie, sistemando i capelli sotto di essa con un gesto istintivo e automatico, poi si strinse la sciarpa di lana della Fiorentina al collo provando a chiudere meglio il giubbotto imbottito.
Non avrebbe mai pensato di poter tornare e di farlo proprio lì: in fondo, a suo parere, nell'universo c'era solo polvere e gas, un gran freddo e radiazioni micidiali per qualsiasi forma vivente, altro che entità immateriali magnanime e misericordiose o, al contrario, demoni o altri mostri onnipotenti che si nutrono di cattiveria e di vite altrui senza ritegno.
Cesare sorrise, non gli accadeva troppo spesso, sorpreso da tale eloquenza che, a tratti, sfiorava l'elegia e la poesia, materie del resto rare da rinvenire nelle menti scientifiche.
Dovendo prendere tempo per elaborare una replica acconcia e di adeguato livello, Cesare cavò dalle tasche del cappotto un pacchetto di sigarette e ne offrì una a lei che, a sua volta, si sfilò i guanti lasciando che gliela accendesse.
Tirarono una prima boccata, avidamente nel medesimo istante, come se non lo facessero da un tempo incommensurabile e soffiarono fuori il fumo, dalla bocca e dalle narici, reclinando il capo all'indietro allontanando la mano con la sigaretta, sicura prigioniera delle falangi di indice e medio, con un gesto lento e misurato del braccio intero.
Con un cenno del capo attirò l'attenzione della donna, senza chiamarla per nome o in altro modo, circa le nuvolette appena create e in procinto di dissolversi.
«Somiglia alla miriade di ipotesi, di dubbi, di sogni elaborati e covati e pensati eppure tanto lesti a demolire certezze, dogmi, leggi e tutte le consapevolezze faticosamente accumulate dalla civiltà umana, ammesso e non concesso che sia mai esistita...»
L'uomo di lettere distillava le parole come un alambicco, le mescolava incorporandole e ci si specchiava dentro: stava ancora cercando pace alla sua anima inquieta nonostante l'avesse resa attraverso un sonnifero.
L'aveva colta di sorpresa, distratta da altri pensieri e sguarnita di parole adatte per rispondere: in quell'istante aveva scoperto che certi nodi non si sciolgono, resistono all'usura del tempo e al logorio delle vite affastellate in sequenze di avvenimenti, solo apparentemente casuali, descritti a stento ma non circoscritti da ammassi di parole come le poesie o i romanzi, suoi o d'altri, tanto cari al professore piemontese.
«Analogia sorprendente e inoppugnabile, Cesare...»
Lui volse il viso sorridente e cavalcò l'apparente smarrimento di Margherita: era una smorfia dolce e amara allo stesso tempo.
«Siamo prigionieri, non passeggeri:
siamo ostaggi di fantasmi di ieri.
La cattiva memoria è un'arma,
è distrazione di massa e di forma:
un bel tacer non fu mai scritto
e tu sai bene chi lo ha detto.»
Lei lo guardò come se lo vedesse per la prima volta, così come aveva scrutato certi studenti, potenzialmente brillanti e dotati, ma distratti e svogliati in modo irritante: quanti ne aveva visti sfilare davanti alla sua cattedra e quanti ne aveva bocciati...
Ma ora non era più tempo, non era più cosa, non valeva più la pena dannarsi l'anima poiché dalla loro parte era tutto chiaro: il battibecco intellettuale era soltanto un gioco che recitavano tra loro per puro divertimento.
Un modo come un altro per trascorrere l'eternità e rompere il silenzio senza turbarne la pace.
«Voi poeti avete il dono della sintesi e la libertà della fantasia, ma noi scienziati siamo vincolati alla logica, al ragionamento, al fatto contingente e alla possibile ripetizione dell'evento in ambito sperimentale.
Dopo di che, ci tocca l'elaborazione di tesi ed antitesi, che proviamo e riproviamo a dimostrare per tutta la vita, fino a una nuova contrazione o deformazione dell'orizzonte degli eventi, fino all'epifania di un nuovo fenomeno che contraddica o spazzi via il pensiero precedente.
Voi potete volarci dentro senza muovervi, invece noi dobbiamo spiegare perché ciò sia possibile o, al contrario, perché non lo sia in quell'istante senza escludere che possa verificarsi in un secondo momento, magari, allargando la platea di parametri che definiscono i termini della questione...»
«Quali, per esempio?»
«La nostra attuale condizione, il nostro stato: siamo pensiero? Siamo ricordo? Siamo energia?»
«Margherita, possibile che ancora non ti arrendi all'idea più semplice e più folle eppure più evidente, una volta vagliate ed eliminate tutte le altre?
Siamo fatti della stessa materia dei sogni.»
Si concessero due boccate di fumo, senza proferire verbo, per accusare entrambi il colpo della presa di coscienza.
Si sentirono ancora più sospesi tra cielo e terra di quanto non fosse dato loro di avere mai immaginato, confusi tra quelle cose che sfuggivano da secoli a qualsiasi filosofia.
Ad ammutolirli, sgomenti e perplessi dopo il passaggio del rasoio di Occam, era proprio quel sostantivo di cinque lettere e il verbo relativo, simile per assonanza, a ciò che muove il sole e le altre stelle secondo il “divino” poeta fiorentino.
«Certo è che, caro il mio Cesare, chi sta al di là della polvere e del gas, di cui è pieno zeppo l'universo, si diverte parecchio a mescolare materia e antimateria, non c'è che dire...
Tanto che gli riesce bene anche con la metafisica: così per dire, manipola con destrezza e strategie sopraffine amore e morte, vero e falso, sogno e realtà per studiarne le reazioni, le interazioni, le energie in gioco e le particelle o le sostanze prodotte dai loro scontri...»
«Ma tu hai mai sognato? Hai mai chiuso gli occhi quando non eri davanti a un telescopio o allo schermo di un calcolatore, in silenzio, respirando il buio della notte e scivolando dentro scenari inverosimili al di là della ragione?»
«Suvvia, l'è chiaro che ho sognato anch'io qualcosa... Forse di più da bimba o da piccina e, da che ho memoria, ti assicuro che nulla mi sono fatta mancare... Solo che, poi, ho scoperto la matematica, lingua universale della scienza, la meccanica quantistica e le leggi che regolano l'universo le quali, lo sai bene anche tu, sono scritte in quella lingua tanto inoppugnabile e plausibile quanto concreta e osservabile e riproducibile nel tempo e nello spazio.
Un sogno non sempre lo è, anzi, quasi mai è tale, non trovi?
Ha il difetto di svanire alle prime luci dell'alba e di non lasciare tracce nella memoria: la mente ricorda solo cose piacevoli.
Sbiadirà come il tappeto di stelle steso sopra le nostre teste, nel momento in cui quella che ci ha legato a sé miliardi e miliardi di anni fa, grazie alla forza di gravità dovuta alla sua massa, ci illuderà di sorgere dall'orizzonte regalando luce e calore alla superficie di questo sasso blu sospeso nel vuoto cosmico...
Mentre, finalmente, sappiamo che ciò è dovuto al fatto per cui è il sasso ricoperto d'aria e d'acqua a girare intorno al proprio asse e, nel medesimo tempo, intorno a quella stella e, per giunta, essa ruota insieme a una moltitudine di altre più grandi e più lontane, vagando tra particelle e radiazioni d'ogni sorta.
Abbiamo durato fatica a farcelo entrare in zucca, ma, a forza di ragionarci sopra e farci calcoli, l'abbiamo accettato...
L'abbiamo osservato, sperimentato, verificato...
Infine, ci siamo arresi all'evidenza dei fatti che combaciavano coi calcoli e le previsioni teoriche...
Dopo tutto, la matematica un n'è mica un'opinione e nemmeno la fisica lo è: meno che mai quella quantistica...»
«Non menare il can per l'aia, Margherita... Non vorrai farmi credere che hai smesso di sognare dal liceo in poi?»
«Tutt'altro, caro il mio poeta e narratore, tutt'altro...
Anzi, te la dirò tutta: ho smesso molto prima!!
Diciamo, più o meno, dal principio della quarta ginnasio, dopo la prima versione di greco andata così così...
Col latino e il resto della letteratura la cosa è stata molto meno traumatica, però alle scienze e alla matematica ho dato subito del tu: così ho capito che quella era la mia strada.
Quando è scoppiata la guerra e le cose hanno preso la brutta piega che sappiamo, nessuno ha più avuto nemmeno la voglia di sognare: si pensava a salvare la pelle, sopravvivere, campare alla bella e meglio ma anche studiare, studiare, studiare per laurearsi ed essere indipendenti o, comunque, utili e produttivi nel “nuovo” che sarebbe sortito dal caos.
Ho fatto queste cose, forse, non esattamente in quest'ordine, ma le ho fatte nello stesso tempo e ci sono riuscita a fare più di qualche cosina, mi pare...
Sicché, anche ora che è tutto finito, che è tutto alle spalle, che è riassunto in poche righe di qualche libro, mi dico: “brava”!!
Giacché ciò che è venuto dopo, l'è il frutto dell'allenamento di allora e dell'entusiasmo e dell'incoscienza che ci misi dentro...
Quando si hanno o si danno ingredienti simili, le fatiche e i sacrifici svaniscono esattamente come i sogni...»
«Allora i tuoi cassetti sono vuoti, adesso che hai visto anche ciò che non ritenevi potesse esistere?
Ora che ti trovi dove non sei stata mai e che contempli in pace la bellezza del creato, cerchi ancora di svelarne il mistero?
Cerchi ancora la verità circa i suoi meccanismi?»
«No, Cesare, non la cerco più: come te, indipendentemente dalla mia volontà, ne faccio parte essendo io stessa briciola di una coscienza più grande, inimmaginabile...
Non sono i cassetti ad essere vuoti di sogni, immagino tu ti riferissi a quelli: quando li apro, è ben altro ad essere svanito nel nulla già occupato da polvere e gas e da ciò che resta di me.
Mi manca per intero tutta quell'età in cui ogni cosa poteva essere sogno o ipotesi, tesi o antitesi da dimostrare, un pezzetto di futuro da scoprire, da indagare, da studiare.
L'età del ginnasio e del liceo, delle nuvole nella testa e farfalle nello stomaco che si inseguono senza soluzione di continuità...
Poi quella della vita mia, zeppa di numeri e di occhiate alle stelle, di equazioni e di calcoli, di parole spese per insegnare a conoscere e spiegare l'universo e l'ignoto.
Questa è stata la mia missione e la mia ricerca della felicità: ora so di avere trovato e percorso la mia strada.
Ho la consapevolezza, contemplando l'eternità, che non avrei potuto fare altrimenti: ecco perché nei miei cassetti un c'è più nulla, nemmeno rimpianti...
Ma te, dimmi, che eri già un uomo fatto quando io ero ancora una ragazza, la consapevolezza dei tuoi mezzi o l'obbiettivo da raggiungere o la soddisfazione dei sogni e dei bisogni li hai, poi, trovati nelle parole, nella poesia, nelle letteratura che hai manipolato, insegnato, letto, tradotto e prodotto?
Hanno parlato al posto tuo più i personaggi che hai inventato e messo nelle case in collina dei paesi tuoi oppure quelli venuti fuori di là dall'oceano, che hai reso comprensibili volgendo le loro parole in italiano?»
Affondò il fioretto dritto al cuore, Margherita, schiacciando il mozzicone di sigaretta in un posacenere di metallo da esterno e affondando le mani nelle tasche del giubbotto imbottito.
Cesare fece altrettanto, sorridendo amaramente e reclinando la testa da un lato, come lo avevano trovato in quell'albergo di Torino dove aveva restituito al creatore l'anima tormentata e smarrita e stanca di nascondersi per sopravvivere come un fuggiasco o, per certi versi, un ribelle che non si schiera e non si allinea obbedendo ad altre promesse e ad altre facili illusioni, come l'amore per esempio, in un paese senza memoria.
«No, il mestiere di vivere si è rivelato più arduo e complicato di mi fossi immaginato: più di quanto le nuvole che avevo nel cuore, le parole che avevo in testa e nei quaderni o le farfalle che anche io ho avuto nello stomaco, mi avessero paventato o vagheggiato o dato da intendere.
Ogni volta che ho creduto di avere afferrato il benessere o la pace, anche soltanto con il pensiero, mi sono scivolati via come sabbia tra le dita evaporando come cera sciolta e bruciata o sbriciolandosi come cenere di sigaretta, simile in tutto e per tutto a quella che abbiamo lasciato insieme ai mozziconi.»
Si sfregò le mani e le dita, non per il freddo, bensì per simulare una sorta di pulizia delle falangi: poi, mise i pugni in tasca al cappotto e incassò lievemente la testa sulle spalle, guardando un punto indefinito dell'orizzonte e lei come se fosse una statua di cristallo trasparente.
«Non si può bruciare la candela dalle due parti ed io l'ho fatto da una parte sola, come è giusto che fosse: la cenere o la cera che resta, squagliata e sparsa, sono i libri che ho scritto e quelli che ho tradotto insieme a quelli che ho letto e promosso.
Ho inseguito la felicità, la fortuna, forse, persino l'amore ma esso è come la grazia di Dio: l'astuzia, la perizia, l'esperienza non servono a gran che per averla, per sentirla, per viverla.
Celebra la sua epifania a sua discrezione e piacimento.
Ho lavorato, ho dato poesia agli uomini, ho condiviso le pene di molti scrutandone le vite, indagandole e memorizzandole per rielaborarle con altre parole così che, finalmente, trovassi me stesso o delineassi e modellassi l'anima mia nella sua forma più stabile e compiuta.
Questo era il sogno, questa era la la missione che mi ero dato perché, cara Margherita, l'uomo mortale non ha che questo di immortale: il ricordo che porta e il ricordo che lascia.
Avevo dato tutto quel che avevo e avevo chiesto tutto quel che mi è stato negato: non avevo altro più da fare se non restituirle la libertà di migrare altrove, come le illusioni che svaniscono senza nemmeno lasciare due righe di saluto.»
Sembrava l'avvocato difensore di sé stesso in un processo alle proprie intenzioni, come se si sentisse eternamente in dovere di giustificare la scelta di anticipare il sonno senza risveglio, come se non avesse ancora smesso di perdonare tutti quelli che lo avevano conosciuto e di domandare il loro perdono, altresì raccomandando che non eccedessero in pettegolezzi e illazioni fuorvianti circa il suo congedo dal mondo dei vivi.
Margherita focalizzò il suo sguardo negli occhi di lui come aveva abitualmente fatto con i suoi studenti, nel momento in cui aveva dovuto valutarne la preparazione: era in quello stato da molto prima di lei e per sua stessa mano, eppure ancora non era stato in grado di sbarazzarsi del masso che spingeva lungo la salita, lasciandolo là dove si trovava.
«Ohibò, questa è proprio bella: allora, i tuoi sogni sono stati vittima di fuoco amico, vale a dire di quella candela?
Lei ha perso l'equilibrio, è caduta e si è rovesciata senza che alcuno se ne avvedesse o curasse, lasciando che sciogliesse sé stessa e i vincoli che ti legavano all'esistenza.
Dunque anche i tuoi sogni sono diventati polvere o gas che si è disperso inerte nell'universo: mi sbaglio, forse?»
Cesare sorrise ancora una volta, ma più sollevato che sorpreso o toccato sul vivo: era come se, una volta tanto, si fosse trovato nudo davanti a uno specchio parlante che rimandava la sua vita per intero, senza sconti o accomodamenti o amnesie.
Finalmente, si sentì libero di parlare a chi vuole ascoltare.
«Li ho liberati, invece, grazie alla luce di quella candela.
Li ho nascosti tra le righe delle pagine, dei libri e degli appunti, per darli al mondo affinché l'incontrassero e lo attraversassero.
Me ne sono sbarazzato prima di fare a pezzi e bruciare in un falò immaginario con la luna sola spettatrice, nel cortile della casa in collina, i cassetti in cui li avevo stipati...
Mai lasciare i sogni chiusi lì dentro: essi sbiadiscono, scolorano svaniscono come vecchie stampe fotografiche, nel migliore dei casi, altrimenti corrompono e corrodono e consumano ciò che li circonda, avvelenano l'aria e l'acqua e la terra, soffocano il fuoco, spengono la luna e seccano il sangue.
Sì, Margherita: li ho liberati, li ho lasciati liberi di andare e me ne sono liberato perché speravo che la loro deriva, nel tempo, non fosse in alcun modo uguale alla mia.
Perché volevo che anche loro si nutrissero e assaporassero e cogliessero fino in fondo il sapore agrodolce e faticoso della libertà che l'umanità, a volte, baratta con troppa superficialità o noncuranza in cambio del quieto vivere.
Perché desideravo che, pur non avendo inferto danni e neppure recato benefici, essi parlassero di me al prossimo che li avrebbe mai sognati dicendo che sono stato, ho vissuto, ho amato.
Come la luce delle stelle che tu hai studiato, osservato, misurato e catalogato per tutta la vita, nonostante il dubbio che la sorgente potesse essersi già estinta o esaurita.
Nell'universo, tu m'insegni che più lontano si guarda e più indietro nel tempo ci si spinge... Non è così?»
«Diciamo che, a grandi linee, è così giacché la velocità della luce è costante e le distanze in gioco sono persino difficili da immaginare, sebbene le si possa calcolare.
Ecco, mi viene da dire che abbiamo cercato entrambi la verità, ciascuno a modo suo, partendo da presupposti differenti...»
Tacque pensosa, lasciando sospesa la frase come se inseguisse la battuta perfetta per fare suo quel finale di partita: ma lui la bruciò sul tempo, per impazienza o per istinto.
«Ritieni che, dopo tutto, abbiamo dato troppo corpo alle ombre e rincorso algidi fantasmi?»
«Manco per sogno e manco per idea, caro Cesare, in special modo per via del fatto che ora ombre, o fantasmi se preferisci, lo siamo diventati anche noi e, allora, è vero che nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma...»
«... Così come è risaputo che ci siano più cose tra cielo e terra di quante la tua filosofia riesca a comprendere e la mia poesia possa mettere in rima e cantare!»
Estrassero le mani dalle tasche e se le strinsero, sorridendosi l'uno in faccia all'altro, finalmente soddisfatti e in pace con loro stessi e i rispettivi universi.
Una voce dall'alto li avvertì che la ricreazione era terminata: svanirono tenendosi per mano mentre andavano incontro alla nebbia, leggera come tulle per ballerine, che l'aliseo australe portò con sé da un oceano e spinse verso l'altro, scavalcando i crinali e l'altopiano, agevolando la brina nel germogliare su tutta la ringhiera della terrazza dell'osservatorio andino, a metà strada tra l'equatore e l'Antartide.
Sulle cupole di acciaio, dischiuse quel tanto che basta a strizzar l'occhio al cielo affollato di stelle, il vento ricamò parole dettate dalla Luna e mai udite prima.
Anche loro brillarono di luce riflessa, nello spazio e nel tempo: se gli alieni fossero passati di lì, abbassandosi nell'atmosfera, le avrebbero lette proprio così...

Spegni la luce adesso,
chiudi gli occhi e la bocca,
respira la notte lentamente,
nelle sfumature del buio:
non ti serve altro che aspettare.

Se lo vorranno davvero,
saranno loro a venire da te:
porteranno ombre e nuvole,
giorni di sole e sorrisi e risate,
volti sconosciuti o amati o perduti.

Sono già al lavoro per te,
sono già pronti ad agire,
sono attenti ai dettagli,
sono informati dei fatti:
sono desideri e timori che covi.

Spegni la luce adesso,
chiudi gli occhi e la bocca,
respira la notte lentamente,
nelle sfumature del buio:
non ti serve altro che aspettare.

Sulle dita di una mano
si contano gli amici per la vita
sui palmi solo i calli e i solchi
scavati dal bulino del destino:
chi ci vede altro è un ciarlatano!

La sabbia scivola senza sosta
e si svuota l'ampolla superiore,
inesorabilmente e senza appello
la clessidra fa il suo mestiere:
non ci resta altro che sognare.

Spegni la luce adesso,
chiudi gli occhi e la bocca,
respira la notte lentamente,
nelle sfumature del buio:
non ti serve altro che aspettare.

Ma le dita rosate dell'alba le sfiorarono, per pura curiosità.
Allora, le parole sbiadirono e, infine, svanirono come i sogni senza memoria, quando il Sole nascose le stelle accendendo la luce del nuovo giorno.

©2024 Testi di Claudio Montini da LA TOVAGLIA A QUADRI (Independently Published, 2024) disponibile su amazon. it in formato elettronico e cartaceo
©2024 Immagine di Orazio Nullo

sabato 5 aprile 2025

Quando non so cosa dire, scrivo poesie: abbiate pazienza...


IL RIFLESSO DI UN ESSERE UMANO
di Claudio Montini

Ai rumori che vengono da fuori,
non prestare attenzione particolare:
sono solo la fiacca colonna sonora
dei giorni ricopiati, ripetuti e ricalcati.
La polvere alzata dalle parole,
le mie o le tue poco importa,
ricade sempre uguale e casuale
sulle scatole piene o vuote o rotte,
mentre un altro giro di lancette
consuma una manciata di cellule
lasciando intatta l'entropia del sistema,
già prigioniero di realtà ed utopia.
Presto o tardi, verrà il giorno del giudizio
e non ci troverà pronti alla resa dei conti
perché avremo ignorato i segni dei tempi,
ubriachi di superbia e di tecnologia.
L'universo cambierà pelle e verso
non per tornare ad essere sé stesso
ma per divenire tutt'altro, idea o cosa,
inimmaginabile e indescrivibile a priori:
come un sogno mai sognato eppure vivo,
come un punto trafitto da infinite rette,
come uno spazio senza origine o confine
in cui luce, materia, gravità e tempo
intrecceranno e ordiranno nuove trame.
Questa è la sola libertà che abbiamo
per vedere, in un pezzo di specchio,
il riflesso di un essere umano.

©2025 testo di Claudio Montini
©2021 immagine di Orazio Nullo "Pandemic defeat" - Atelier Des Pixels Gallery




 

giovedì 20 marzo 2025

Pavia non è una citta invisibile ma è d'arte contemporanea

Belle suggestioni in riva al Ticino  

di Claudio Montini

Chi guarda Genova sappia che essa si vede solo dal mare (secondo Ivano Fossati):ma chi guarda Pavia cosa si dovrebbe aspettare di là dal Ponte Coperto o dalla rotonda dei Re Longobardi, con la creazione di Ettore Mo, oppure dal suo fiume che azzurro forse non lo è stato mai del tutto?
Un ragionamento, un'idea, un concetto messo per iscritto o disegnato o tirato su dalla pianura, pietra su pietra e mattone su mattone, con ciottoli di fiume e ingegnose trovate di ghisa e di legno o d'acciaio, oppure illustrato e composto coi colori e con le voci e i volti audaci ma non troppo, veri più del vero e tenaci come macchine per cucire o per guarire, soffici come torte e pietanze povere, popolari ma ricche al punto da ricordare il paradiso e rifocillare anche re sconfitti e prigionieri?

In cerca della sua forma, per non rimanere una città invisibile, satellite e dormitorio del triangolo industriale che fu e che Calvino conosceva bene essendone stato fine indagatore, a modo sua, dei malesseri che il logorio della vita moderna porta con sé e che, giusto quarant'anni fa, l'ha portato via per gli esiti nefasti di un ictus, Pavia si propone di omaggiarne a memoria con una mostra diffusa di arte contemporanea, ovvero con esposizioni in sei differenti luoghi sparsi per la città, della opere di un gruppo eterogeneo di artisti e artiste (quarantotto in tutto) operanti sul territorio pavese e anche provenienti dal Brasile, coinvolti da Cristiane Geraldelli in un gruppo di studio on line la quale cura l'iniziativa insieme a Giulia Marinoni Marabelli e Federica Rindone con la collaborazione e il patrocinio del Comune di Pavia tramite l'Assessorato alle Politiche Culturali e la promozione di Camera PV.
Dal 21 marzo 2025 al 31 Marzo 2025, dunque, FINCHE' OGNI FORMA NON AVRA' TROVATO LA SUA CITTA', NUOVE CITTA' CONTINUERANNO A NASCERE - Un omaggio a Italo Calvino sarà fruibile e visibile insieme a PAVIA IN POLAROID - Visioni uniche  nelle sedi che troverete elencate di seguito. Gli artisti sono stati invitati a leggere le pagine di Calvino (che nel 1972 pubblicò appunto LE CITTA' INVISIBILI) e poi a realizzare opere espressione della rispettiva peculiare sensibilità artistica, o poetica che dir si voglia, utilizzando tecniche produttive che vanno dalla pittura alla scultura, dall'incisione alla fotografia, nell'ambito del tema dei racconti di Calvino contenuti in quel libro.
 
Si comincia con un vernissage presso la Chiesa di Santa Maria Gualtieri, già spazio espositivo in Pavia, venerdì 21 Marzo alle 18:30.
Una buona idea per un'aperitivo diverso dal solito, no? Si prosegue anche nel fine settimana successivo, in cui viene aperta la rassegna PAVIA IN POLAROID: atro vernissage e altro regalo.
Di seguito pubblico, grazie al profilo Facebook del Comune di Pavia, l'elenco sedi e orari relativi sottolineando il fatto che tra quelle vi sono anche ben due librerie e una sartoria che fungono da luogo espositivo: un'idea che sarebbe bello vedere replicata più di frequente.
Ah, dimenticavo: per gli "smanettoni", c'è anche un'apposito siti internet istituzionale in cui andare alla caccia di tutte quelle cose che mi sono dimenticato di scrivere. Buona lettura e buona visione, tanto della città di Pavia quanto (e soprattutto) delle opere degli artisti.

SEDI e ORARI

Chiesa di Santa Maria Gualtieri
orari di apertura:
lun-ven 15:30-20:00 | sab-dom 10:00-13:30 e 15:30-20:00
VERNISSAGE: venerdì 21 marzo, ore 18:30

Palazzo Broletto - Spazio SID
mostra Pavia in Polaroid - Visioni uniche
orari di apertura:
sabato 29 e domenica 30 marzo 10:00-13:30 e 15:30-20:00
VERNISSAGE: venerdì 28 marzo, ore 18:30

Libreria Il Delfino piazza Cavagneria 2/4
visitabile negli orari di apertura del negozio

Libreria Cardano via Cardano 48/52
visitabile negli orari di apertura del negozio

Sartoria di Elda Papa via dei Liguri 25
visitabile negli orari di apertura del negozio

https://www.comune.pavia.it/.../finche-ogni-forma-non...

©2025 testo di Claudio Montini (fonte profilo Facebook Comune di Pavia)
©2025 immagine condivisa dal profilo Facebook del Comune di Pavia

Girasoli (2025) di Rosalba Conte 
(Per gentile concessione dell'autrice)

 

giovedì 13 marzo 2025

Mi porto avanti con il lavoro - Notturno, seconda stagione: puntata n. 21

Epitaffio per quando sarà il mio turno 


di Claudio Montini

Una parola non detta,
una mano non stretta,
una voce cui non ho dato retta.

Ecco, loro peseranno tutto:
quel poco che ho costruito
con il troppo che ho distrutto,
quando avrò finito
di offender Dio
sbagliando a modo mio.

Niente lacrime né singhiozzi
per chi cerca lune nuove nei pozzi,
invece di cavalcare bolidi e razzi.

Ho intrecciato nuvole e fili d'erba,
ho lasciato in pace la frutta acerba,
ho fatto sempre la cosa meno furba.
Mi rammarico poco ma non mi pento
d'aver soffocato ogni dolore o lamento
in una risata o una poesia a tradimento.

©2025 Testo di Claudio Montini
©2015 Immagine di Augusta Belloni condivisa su Facebook

domenica 9 marzo 2025

I preti sono dispari - Matteo Melzi (2025)

Ancora un centro pieno: una produzione che va presa nella sua integrità, non si possono scindere parole o musica poiché il livello è sempre molto, piacevolmente ed elegantemente alto in entrambi i campi tematici. Al di là dell'accuratezza del suono, figlio di questi nostri tempi in cui la tecnologia permette, a chi ha già l'arte nelle sue dita, la possibilità di realizzare ottimi prodotti anche in ambito non professionale ma non più dilettantistico, la ricchezza e la prelibatezza e lo stile impeccabile dei contenuti semantici e sintattici stupiscono sin dal primo ascolto: se da un lato, Fabrizio Fanari e Paolo Marconi e Chicco Baldiraghi e tutto il resto della squadra, che affianca e supporta Matteo Melzi, lo sostengono e lo mettono in grado di esprimere tutta la forza e le potenzialità della sua voce, è anche vero che lui ci mette l'anima anche nel parole e melodie che non lasciano indifferenti ma stimolano l'ascolto e il riascolto. Si ha quasi paura di essersi perso un passaggio importante e, allora, si pigia di nuovo il tasto "play" e ci si lascia incantare da un'opera d'arte non solo bella esteticamente ma anche profonda e carica di significati: comun buon vino o un brandy o una qualsiasi pietanza, dolce o salata, che induca alla meditazione e al, conseguente ma quasi mai scontato, ristoro o ricreazione dell'anima. Evviva!! Complimenti!! Da Ascoltare per credere!! Claudio Montini.

©2025 testo di Claudio Montini - Video da youtube.com

mercoledì 5 marzo 2025

Evviva: non sono solo parole, Giorgio Corona!

Giorgio Corona 
SCRIVERO' PER TE
JRM BOOK FUSION - 2025

In cerca di svago dalle brutture quotidiane

di Claudio Montini

Anni fa mi appuntai un proverbio cinese ascoltato o visto scritto, per caso, durante un documentario trasmesso in televisione: “Un libro è come un giardino magico da portare in tasca”.
Mi piace credere che anche Giorgio Corona abbia avuto modo di imbattersi in questo motto di sapienza orientale, o meglio, se anche ciò non fosse avvenuto, altresì ho l'intima convinzione che in lui il concetto fosse congenito cioè naturalmente depositato nel suo animo, stante la sua passione per la letteratura e per la lettura, per la scrittura creativa e per la composizione di poesie in modo particolare senza disdegnare il racconto breve.
Ci siamo incrociati sui “social” e reciprocamente stimati, leggendoci l'un l'altro, dove lui, con il garbo e la discrezione e l'eleganza e la grazia propria dei veri maestri ha scritto di libri letti, citandone passaggi e risvolti di copertina, alternandoli a composizioni proprie tanto in prosa e in poesia accompagnati dalle copertine delle prime edizioni tascabili, tanto care anche a quelli della mia generazione (che poi è anche la sua), oppure da opere pittoriche scovate qua e là nel web o nelle collezioni di immagini sue, private, delicate e importanti e gustose.
Finalmente, si è deciso a raccogliere il meglio della sua produzione e a convogliarla nelle pagine di un volume che, sin dalla copertina e dal titolo, non vi lascerà affatto indifferenti: SCRIVERO' PER TE (JRM BOOK FUSION, 2025) è già tutto un programma che si apre con la bella immagine realizzata appositamente da Carmela Blandizzi e curata graficamente da Manuel Messana, mentre il coordinamento letterario è a stato cura di Rita Nappi, Giorgio Andreato e Janez Messana.
Non si scrive per diletto né per disperazione: si scrive per volare e per sentirsi vivi, per seguire virtù e conoscenza.
Non si scrive per sé o per gli altri: lo si fa, finalmente, perché si è deciso di fare ciò che ci piace dal momento che ci fa bene, come sosteneva Goethe.
Se poi, a parere di Charles Dickens, quelle cose scritte fossero in grado di migliorare, anche per un solo istante, la vita di un individuo soltanto, l'autore avrebbe realizzato un capolavoro.
Varcate con fiducia la soglia di questa galleria dell'anima di Giorgio Corona, del suo mondo interiore che si esprime con eleganza elegiaca e accuratezza pittorica impressionistica, senza lasciare nulla alla vaghezza degli intenti, alibi perfetto per una lettura frettolosa e distratta.
Poeti o narratori si nasce, non si diventa: si mettano il cuore in pace tutti i venditori di manuali e lozioni miracolose poiché, da che mondo è mondo, anche trovare le parole giuste per dire di sé facendo sì che altri in esse si rispecchino e si ritrovino, è un dono che gli dei concedono con molta parsimonia.
In SCRIVERO' PER TE di Giorgio Corona, vi troverete di fronte a pagine ricche e calde di umanità e di note, colorate e a margine, che esalteranno l'esperienza di contatto e fruizione della materia di cui sono fatti i sogni, anche quelli più dolorosi e scabrosi, lasciandovi un ventaglio di retrogusti sui quali non ha mai l'esclusiva la malinconia bensì la consapevolezza di amare la vita senza paura, senza nascondersi dietro una maschera, senza voltarsi dall'altra parte.
Sarà come se lui fosse lì, presente accanto a voi, per accompagnarvi in una scampagnata fuori dal tempo e lontano dai guai quotidiani scrivendo, appunto, per ciascuno di voi che sfoglierete le pagine composte con uno stile che non lascia nulla al caso, che fa della semplicità e della chiarezza e della scorrevolezza il proprio punto di forza, insieme alla genuinità e all'originalità del narrare una vita vissuta con tutta l'anima tramite una lingua italiana amata, rispettata in tutti i suoi passaggi sintattici e semantici, restituendo dignità e valore e bellezza ed efficacia ad ogni singola parola.
Inevitabilmente, qualcosa scivolerà via mentre qualcos'altro si impiglierà nella memoria, nel cuore o nell'anima: tuttavia, io sono certo che la freschezza di SCRIVERO' PER TE ristoreranno più d'un intelletto o di uno spirito libero in cerca di svago dalle brutture quotidiane.

©2025 Testo di Claudio Montini - immagine dal profilo Facebook di Giorgio Corona

giovedì 27 febbraio 2025

Sì! Non ho detto "noia" ma "gioia": basta crederci un pochino di più

 

Tutto il resto può diventare gioia

di Claudio Montini


Sembra più facile a dirsi che a farsi, scrivere una canzone: ci sono regole ben precise da rispettare e io, di solito, faccio di tutto per eluderle, per gabbarle, per farmene beffe.
Ma poi, una volta trovata l'idea che ammicca e ammalia la mia fantasia, le parole che si condensano sul foglio pretendono di essere giustapposte come le tessere di un mosaico, di trovare la consonanza ritmica e tonica tale per cui la voce possa danzare senza stancarsi, di dare vita a un discorso di senso compiuto in cui riverberi la vita e la passione i moti dell'anima, di chi legge attraverso quelli di chi scrive.
Allora immaginate un dialogo tra un uomo e una donna che, da tempo, hanno uno scambio d'amorosi sensi e che provino a fare un bilancio di tutto il percorso fatto insieme.
Le donne, più sovente degli uomini, sanno esattamente cosa vogliono e anche come ottenerlo, sebbene spesso essa non sia proprio aderente ai loro sogni e prendano quel che c'è, come al mercato, nell'errata convinzione di adattarlo e conformarlo e, in fondo, di cambiarlo in meglio.
Un uomo, si sappia, lo si può cambiare soltanto finché porta il pannolino, più o meno all'età dello svezzamento, poiché dopo si convince di essere autosufficiente, addirittura intelligente, superiore e potente tanto che nemmeno le legnate, incassate a ogni piè sospinto, talvolta lo riducono a più miti consigli.
Stando così le cose, il rischio estinzione è da millenni dietro l'angolo: basta attendere e prima o poi...
Tuttavia, la vita frantuma certezze e record, positivi e negativi in egual misura, con costante e rapida pervicacia: ecco, dunque, che arriviamo all'esordio dell'uomo:

Ho ancora tanto da imparare,
una montagna da scalare,
una spiaggia dove approdare
per gridare ai venti e al mare,
alle stelle e al mondo intero,
che d'ora in poi sarò sincero.

Hai ancora voglia di me,
dopo tutti questi anni
vissuti e spesi insieme?
Poche gioie e troppi affanni,
se finisse qui la nostra festa,
sarebbero tutto ciò che resta.


Perché un uomo che s'innamora
per cinque minuti o mezz'ora,
se non capisce quand'è finita,
si perde tutto il bello della vita.


La replica di lei non si fa certo attendere: il ferro va battuto quando è ancora caldo ma va fatto con discrezione, senza dare l'impressione della maestra che sale in cattedra, della donna per amico che poche volte impara e troppo insegna.

Una donna ama e odia mattina e sera,
non dimentica e aspetta primavera,
per tirare le somme e cantare vittoria,
facendo sì che nulla esca dalla memoria.

Sì, io non posso più fare a meno
di sapere che sei nel mio mondo,
col tuo respiro forte come un treno
quando dormi o ami fino in fondo,
con la tua voce o coi tuoi passi,
uno dopo l'altro sulla sabbia o i sassi.

Ho accettato questo mio ruolo
non per calcolo ma per istinto:
lo stesso che ci vuole nel volo
per superare un limite o un recinto,
planando leggeri sulle ali del vento
incoscienti e fieri senza pentimento.


Ora che la piena è passata, che la burrasca è scemata, che la tempesta si è alleggerita e brontola lontana all'orizzonte, noi possiamo asciugarci la faccia e i capelli e i vestiti per volgere il nostro sguardo tutto intorno e, soprattutto, alle nostre spalle per intuire la nostra posizione rispetto alle stelle che, come sempre, stanno a guardare:

Siamo arrivati da strade diverse
evitando curve e insidie sommerse,
fino al porto dove ci siamo imbarcati
carichi di sogni quasi mai consumati,
tracciando loro sempre nuove rotte,
prima che l'alba stracciasse la notte.


Lei è consapevole del fatto che gli ardori e le illusioni degli esordi sono ormai esauriti, esausti, evaporati nella quotidiana consuetudine di viaggiare l'uno accanto all'altra. 
Anzi, ha capito perfettamente che i dubbi e le incertezze di lui nascono dalla congenita fragilità di ogni uomo il quale, per gonfiare i muscoli, sottrae sangue al cervello mentre una donna può permettersi il lusso di perderne un poco ogni mese, tranne quando lo destina ad ogni nuova vita che germogli in sé.
Dovendosi naturalmente e contemporaneamente occupare della sopravvivenza di due vite, la sua e quella che porta in grembo, ecco che trova la soluzione e detta l'agenda in cui “io e te” si trasforma in “noi” con semplicità e chiarezza disarmanti, come se si rivolgesse ad un bambino.
In realtà, propone un piano a lunga scadenza a un proprio pari, a un sodale cui è legata da un sentimento inestinguibile:

Navighiamo per destinazione ignota,
sospesi tra un bastone e una carota.
Lasciamo l'errore altrui là dove si trova,
affrontiamo insieme ogni ardua prova,
ridiamo senza paura dei nostri guai:
nemmeno la morte ci separerà mai.


Lui, finalmente apre gli occhi e il cuore e si unisce a lei nella strofa (o stanza, se preferite) finale nella quale anche le due voci, maschile e femminile, si intrecciano e si fondono in una voce piena e unica.

Abbiamo ancora tanto da imparare,
una montagna tosta e irta da scalare,
oceani di lacrime da attraversare
fino a una spiaggia dove riposare
le ossa rotte e le membra sfatte,
cullati da parole dolci, soavi e adatte.


Adesso entrambi sanno cosa fare delle loro vite: prenderle in mano e farne un capolavoro, come disse a suo tempo San Giovanni Paolo II.
Con rispetto, passione, pazienza e tanto amore reciproco tutto il resto può diventare gioia.


©2025 Testo di Claudio Montini (27/02/2025)
©2022 Immagine di Orazio Nullo "Tourists facilities" - Atelier Des Pixels Gallery

lunedì 24 febbraio 2025

Si sta come sugli alberi le foglie (G. Ungaretti - 1918)




Dopo tre anni, che si compiono proprio oggi, siamo ancora qui a parlare di guerra e ancora abbiamo negli occhi anche più potenti e dolorose e dirompenti immagini di morte. 
Sebbene tu non possa fartene alcunché, ti sono vicino col cuore e col pensiero e con le preghiere perché altro non posso fare, nazione ucraina.



Non si lamentano i morti,
ma urlano i loro cadaveri
agli occhi degli spettatori impotenti.

Le tragedie si compiono in silenzio,
i misfatti e i soprusi al buio o alla luce,
ma lontano da ogni cosa umana, senza testimoni.

Si scrive Bucha ma si legge anche Katyn.
Si scrive Kurdistan ma si legge anche Armenia.
Si scrive Tibet ma si legge anche Hong Kong.
Si scrive col sangue e che l'Onnipotente ne abbia pietà.

L'ascesa al calvario del terzo millennio
è appena iniziata: chi non fugge, muore danzando
ubriaco di sciocchezze e bugie e alta tecnologia

Sorgeranno tre funghi intelligenti dietro Capitol Hill
altrettanti risplenderanno sulle acque della Moscova,
il vento radioattivo spazzerà le piazze d'Europa.

Si scrive Bucha ma si legge anche Katyn.
Si scrive Kurdistan ma si legge anche Armenia.
Si scrive Tibet ma si legge anche Hong Kong.
Si scrive col sangue e che l'Onnipotente ne abbia pietà.

Nessuno si potrà più lamentare,
Nessuno avrà più occhi per vedere,
Nessuno dovrà più fingere di essere felice.
Nemmeno gli eventuali superstiti: la fine è nota.


 


©2022 Testo di Claudio Montini
©2022 Immagine di Orazio Nullo "War song" - Atelier Des Pixels gallery

giovedì 30 gennaio 2025

Lomello (PV -Italy): appuntamenti culturali in febbraio 2025

 

Monferrato Classic Festival

mercoledì 29 gennaio 2025

L'uomo che sogna (2025) di Matteo Melzi


Brano da meditazione e da riconciliazione con la bella musica, carezza per le orecchie e per il cuore, elegante e studiato e levigato e lucido come un'abito elegante e sportivo al tempo stesso. Basta chiudere gli occhi, ascoltare e volare nel sogno che descrive Matteo Melzi e tutti coloro che, come lui, inseguono i propri sogni e li vivono con professionalità e dedizione artigianale e artistica e umana. Tutta merce rarissima nell'attuale panorama "ufficiale" (e poco gentiluomo) che si affastella sulla asfittica scena musicale attuale: una ventata di aria fresca, di voce in piena gola e ancor meglio portata e presentata, amalgamata a una tessitura musicale e strumentale mai banale o scontata, perché altrettanto elegante e curata nei minimi dettagli. Da ascoltare e riascoltare, poiché non genera alcuna assuefazione né effetti collaterali sgradevoli, poiché vi prenderà per mano e vi solleverà da terra e dalle vostre preoccupazioni.

Claudio Montini
©2025 Testo del commento - video da youtube.com

martedì 21 gennaio 2025

Good bye, mister Biden, good bye...

Lo scopriremo solo vivendo...
di Claudio Montini

Gli Stati Uniti d'America hanno incoronato il loro quarantasettesimo monarca: il Ventesimo Secolo dell'Era Cristiana si è definitivamente concluso e con lui si sono pure spente tutte le luci accese dall'Illuminismo di Rousseau e Voltaire e Beccaria.
Hanno vinto loro, Friedmann e Keynes, Taylor e Ford, correggendo il tiro di Smith e confidando nel fatto che, se una cosa va, ha le ruote e perchè mai dovrebbe smettere di farlo?
Dopo tutto i soldi per farlo ce li hanno, li hanno trovati, glieli abbiamo dati noi in cambio di una vita tranquilla e ben pasciuta: alcuni, i più esaltati o quelli con le fette di salame più grosse sugli occhi e quelle di prosciutto nelle orecchie, hanno persino fatto la corsa ad adorarli e osannarli come se, da un momento all'altro, qualche briciola o qualche osso potesse cadere da quelle tavole inarrivabili. 
Come se, presto e bene, con la sola imposizione di una firma su un dossier con un pennarello indelebile e l'imposizione delle mani, il nuovo re d'America e la sua corte dei miracoli riuscisse persino a batter il primato di resurrezioni dai morti stabilito dal falegname di Nazareth, ebreo osservante sebbene latore di una nuova alleanza e di una nuova buona novella per tutti gli uomini di buona volontà.
Siamo entrati in una nuova epoca, in cui i vecchi sistemi sono palesemente superati: ne faremo le spese noi che non siamo aggiornati tecnologicamente e culturalmente, insieme a cospicue masse di poveri di varia estrazione, graduazione e colore che saranno usati come carne da cannone o cavie da laboratorio o, peggio, "pezzi" di ricambio per ricchi e potenti. Non siamo alla fine, siamo al principio di una ulteriore evoluzione: se sarà cosa buona e giusta o fonte di salvezza, lo scopriremo solo vivendo.

©2024 Testo di Claudio Montini ©2019 Immagine di Orazio Nullo "American pie" -Atelier Des Pixels collection

sabato 4 gennaio 2025

Tra Capodanno e l' Epifania...

L'amaro  in bocca
di Claudio Montini

Tira la riga e fai il conto
di quest'anno rotondo
che ha chiuso il suo cerchio
fatto di spigoli nascosti,
spine impreviste e amare sorprese.

Si chiude di nuovo il sipario,
Si stende un altro sudario,
guardando al calendario
con occhio non più temerario
ma carico e colmo di attese,
giorno per giorno, mese dopo mese,
per la scienza che ripari le offese
affinché risorgano sprechi e spese.

Tira la riga e fa il conto
di quest'anno rotondo
che ha chiuso il suo cerchio
fatto di spigoli nascosti,
spine impreviste e amare sorprese.

C'è ancora chi ce la mette tutta,
c'è chi rimane a bocca asciutta,
c'è chi non la racconta giusta,
c'è chi se ne va e s'arrangi chi resta,
c'è chi crede che sia sempre festa.
Ma la commedia è davvero finita,
la maschera finalmente è caduta
la fortuna, ora, vuole essere pagata.

Tira la riga e fai il conto
di quest'anno rotondo.
Spogliati di medaglie e paramenti,
sai che non puoi fare altrimenti
per uscir vivo da simili accidenti.

©2021 testo di Claudio Montini - inedito- diritti riservati all'autore
©2024 Immagine di Orazio Nullo "Not in my name" - Atelier Des Pixels gallery