estratto da "L'eredità di Zosymer" (2021)
Le scintille: tracce per sogni elettrici - volume 3
Caro diario,
oggi
è il 28 Febbraio 2048 ed è un giorno diverso da tutti gli altri che
mi perseguitano con la loro solita routine.
E'
un giorno speciale...
Ora
che ci penso, è da poco più di trent'anni che non è più così,
perchè allora in questo giorno è scoppiata la guerra in tutto il
mondo.
Quella
che Einstein, Fermi e Oppenheimer si rifiutarono di immaginare, pur
sapendo bene a cosa avessero dato vita coi loro studi e i loro
esperimenti.
Mi
ricordo ancora tutto, come se fosse successo ieri: avevo solo sedici
anni ed ero un normale studente, come tanti altri.
Era
il periodo delle elezioni, c'era ancora la democrazia e chi credeva
che con una croce su un pezzo di carta si potesse migliorare le cose;
le televisioni parlavano solo di quella stramaledetta politica: di
tutti quei politici mangia soldi, di Berlusconi, di Bersani, del
succhia sangue Monti e non bastava!
C'era
anche un comico che aveva smesso di fare il suo mestiere, cioè fare
ridere, che sbraitava di una rivoluzione immaginaria e viva solo
nella forfora della massa di barba e capelli che gli incorniciavano
la faccia. Inoltre
c'era anche la crisi economica che gravava ormai su ogni angolo del
pianeta, accompagnata dalla corruzione, dalla prostituzione,
dall'illegalità e dal più semplice, occulto e geniale sistema
schiavistico: il signoraggio bancario.
Il
denaro era sovrano e giudice ultimo di vita e di morte; chi
custodiva, muoveva e faceva crescere il denaro, a seconda della
convenienza del momento, poteva elevare agli altari una nazione o un
continente intero e, nello stesso tempo e con lo stesso tratto di
penna o click di mouse, strangolarne nel fango della miseria un altro
senza la minima pietà verso donne, vecchi e bambini, senza consumare
munizioni. Le
banche erano le padrone del mondo e i banchieri i nuovi dittatori, in
giacca e cravatta e scarpe lucide, affabili come un coccodrillo che
fa finta di aver già fatto colazione mentre calcola quanto ci
metterà a digerirti, pensando a una tana tranquilla dove farlo.
Gli
altri intanto avevano già i prosciutti davanti agli occhi, il
telefonino sempre acceso e appiccicato all'orecchio e il telecomando
in mano, erano sempre più ignoranti e sempre più bestie. Nessuno
vedeva lo scempio, nessuno lo riconosceva: alle persone
interessava solo avere cibo, acqua, casa e, proprio come le bestie,
fare sesso solo per volgarità, e quei pochi curiosi che indagavano
sul sistema sociale, sparivano misteriosamente. Per distrarre
l'attenzione del mondo, sorgevano contrasti e conflitti locali che si
sopivano solo con la minaccia di ricorrere agli arsenali nucleari,
sempre efficienti e mai smantellati.
Pochi mesi, forse un
anno, dopo quel periodo d'instabilità, finalmente i partiti fecero
pace, gli Stati evitarono di farsi la guerra e le religioni trovarono
persino il modo di convivere, ma era solo un'illusione, la bella
copertina di quello che sarebbe capitato in seguito....
Lo stesso giorno di
tre anni dopo, gli ex paesi socialisti dichiararono guerra agli USA e
agli alleati UE. Fu una guerra tremenda, anche se di appena cinque
anni, che privò la terra delle sue risorse, i cittadini della pace e
della poca ricchezza per regalargli il terrore.
Furono molti a morire
in nome del proprio ideale e, come me, non ci eravamo resi conto che
ancora una volta eravamo dei burattini in un piano già organizzato.
Passai
ben quattro anni della mia giovane vita a marciare, strisciare,
sparare e sopportare quel freddo, quel freddo che ti perseguita
mentre aspetti di uccidere o di essere ucciso. Quella esperienza mi
segnò molto....
Vedere i corpi, gli
arti dei compagni colpiti che saltavano in una rossa nube; interi
battaglioni cadere come mosche irrorate di insetticida e la paura di
ogni giorno che superava il dolore del mio naso rosso sulla faccia
bianca dal gelo.
Quella era la
missione, ultima e unica, non detta e indicibile: sopravvivere per
essere pronti alla battaglia successiva; dopo molto sangue, la guerra
finì solo in apparenza: i due schieramenti si concessero una tregua,
l'uno all'insaputa dell'altro. Pochi
si illusero che, come settant'anni prima, i politici superstiti
avviassero serrate trattative per spartirsi il mondo: ogni Paese era
ormai senza forze e per assicurarsi un minimo di vittoria, gli USA e
la nuova URSS, la cui rifondazione aveva rianimato il bellicoso
orgoglio slavo e orientale, lanciarono reciproci attacchi nucleari in
tutto il mondo e, quello che accadde in seguito, fu nulla a confronto
di quanto avevo già vissuto.
Era il 15 Luglio 2022.
Quella mattina stavamo
occupando il centro di Mosca e allestivamo basi di controllo e posti
di medicazione da campo; eravamo prossimi alla conquista della
centrale informativa e strategica degli orientali: il cervello delle
truppe avversarie e la stanza dei bottoni atomici. Ci avevano detto che
la sua conquista avrebbe evitato che qualche dito troppo nervoso
pigiasse il bottone sbagliato, da entrambe le parti: l'allarme di
attacco nucleare in corso lacerò l'aria, raggelando il sangue nelle
vene a tutti perchè, ancora una volta, i politici ci avevano preso
in giro.
In quel momento i
rumori di spari, granate, esplosioni e morte cessarono coagulandosi
in un silenzio assordante e ogni uomo, soldato o civile che fosse, fu
preda dell'istinto di conservazione e mostrò la sua natura bestiale.
Cessarono i
combattimenti, si gettarono armi e munizioni ingombranti, mentre ogni
uomo ancora valido cercava di salvarsi cercando rifugio nella
metropolitana moscovita.
Nessuno guardava
all'altro e nemmeno si curava del suo prossimo, amico o nemico che
fosse; solo poche centinaia di unità umane riuscirono a ripararsi,
prima che il giudizio universale si imponesse sul teatro delle
operazioni.
Ebbi fortuna, molta
fortuna; fui proprio uno degli ultimi a varcare la soglia mentre
l'adrenalina si sostituiva alla ragione: forse per questo sono ancora
vivo.
Dopo che si chiuse
l'imponente porta, l'esplosione fece il resto e, per mezzo secondo
soltanto, si sentirono le urla bruciate dal dolore: poi fu solo
silenzio.
Noi
pochi superstiti, intrappolati nel sottosuolo ma al riparo dalle
radiazioni, ci guardammo negli occhi impauriti e potevamo solo
aiutarci a vicenda perchè eravamo nella stessa trincea, con una sola
ultima e sempre uguale missione possibile: sopravvivere.
A
distanza di oltre venticinque anni, una generazione si sarebbe detto
cent'anni fa, questa metropolitana è diventata la nostra casa, una
casa infestata da attraenti e mortali anomalie, da mutanti
incredibili e feroci, figli infelici dei radionuclidi infiltrati
dall'acqua e dalle nevi che hanno sferzato la terra contaminata sopra
le nostre teste.
Ma non tutti gli
isotopi radioattivi, evidentemente, vengono per nuocere: oltre ai
mostri, essi hanno dato vita agli Stalker.
Con questo termine si
definiscono coloro che viaggiano nella metro e si avventurano là
fuori, sulla superficie, sfidando alti livelli di contaminazione e i
mostri perchè nel loro organismo si è alzato il livello di
tolleranza alle radiazioni e si sono sviluppate capacità
extrasensoriali, tattiche e fisiche superiori ai migliori uomini che
ebbi sotto il mio comando. Sono
guerrieri solitari e nomadi che vanno a caccia di tesori, ovvero
tutto quello che si può recuperare dal mondo devastato per agevolare
la sopravvivenza nella metropolitana; poi barattano ciò che
trovano con l'ospitalità per qualche notte, cibo e una donna che non
vada troppo per il sottile, ma non si legano a nessuno: la mala
pianta dell'egoismo ha, di nuovo, attecchito formando fazioni che
ancora una volta muoiono scannandosi fra di loro per opposte
ideologie.
Dopo tutte queste
esperienze sono molto cambiato, ma sono fiero dei miei cinquantuno
anni: sono durato più a lungo di tanti altri, anche se non ho più
nulla da perdere.
Oggi appartengo alla
fazione dei banditi, bastardi che rubano al primo che incrocia la
loro strada, solo per sopravvivere fino al giorno successivo, senza
costruire nulla per il futuro...
Sono diventato un
bastardo senza gloria, una bestia proprio come tutti gli altri.
La mia sola fortuna,
oltre a quella di essere sopravvissuto alla bomba, è stata quella di
avere incontrato quello strano Stalker che sembrava fosse in grado di
leggermi dentro la testa e che mi ha levato da guai molto grossi,
quanto un Tetraklyon assetato del mio sangue e della mia materia
cerebrale, quando ero a terra e senza munizioni aspettando il colpo
finale.
Mi ha rimesso in
sesto, rattoppato e istruito su come cavarmela da solo quando se ne
sarebbe andato, perchè doveva fare ancora molta strada per
raggiungere un posto dall'altra parte del mondo.
Anche se non voleva
compagnia, l'ho seguito per aver l'occasione di sdebitarmi ma il
destino o non so cos'altro, forse un effetto secondario della bomba
che ha generato l'inferno in cui mi muovo, ha provocato un terremoto
che ha fatto crollare un palazzo con una enorme parabola sul tetto.
Rimase schiacciato da
quella che sembrava essere la sua ultima speranza di lanciare un
messaggio a chissà chi nel cielo, a volte grigio a volte violaceo,
che stava immobile sopra le nostre teste.
Non so come, nè dove,
abbia trovato la forza per cavare fuori questo aggeggio e
regalarmelo, raccomandandomi di farne buon uso e scrivere tutti i
giorni come mi aveva insegnato, con grande pazienza; gliene sono
grato perchè ho capito che è l'unico momento della giornata in cui
smetto di pensare solo a sopravvivere e ritrovo un barlume di
civiltà, quella che non riuscivo ad apprezzare fino in fondo quando
ero soltanto uno studente imbevuto di idee altrui e illuso di poter
cambiare il mondo con un fucile in una mano e un computer palmare
nell'altra.
Non guardo più
davanti a me e neppure dietro; ogni giorno ha la sua pena e la sua
preda da catturare per sopravvivere, perchè questa è la sola
missione che mi sia rimasta da portare a termine sebbene non sia più
certo che alla fine della marcia, della battaglia, della guerra ci
possa essere ancora qualcosa in piedi da conquistare.
©2021 Testo di Claudio Montini da un soggetto di Gabriele Balzano
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