di Claudio Montini
Questo racconto ha, più o meno, dieci anni e risente dei limiti di uno scrittore esordiente: ho mutato, nel corso del tempo, gusto e stile, tuttavia mi sembrava ancora adatto per il periodo... Siate clementi con lui e con me, che l'ho scritto; la fotografia è mia e di anni, probabilmente, ne ha diciassette: l'ho scattata con una rudimentale fotocamera digitale vinta con la tessera punti dell'acquisto del carburante quando, al volante di un glorioso IVECO 135-17 Turbo, autocisterna per gpl, credevo di essere soltanto un camionista... Buona lettura!!
Gennaio indossa, spesso, un cappello di ghiaccio che il sole di metà mattina si diverte a sciogliere, in cambio di una sottile nebbia che il vento di tramontana spazza, solo per il piacere di mostrare i fianchi delle montagne, imbiancati nella notte.
La vecchina volante che riempie calze di dolciumi solo ai bimbi buoni, delle bisbocce di Natale e San Silvestro lascia solo teste dolenti, bottiglie e tasche vuote portandosi via tutto il resto, anche la voglia di ritornare a lavorare.
Nemmeno quest'inverno somiglia al precedente e a quelli del passato, in cui il circolo polare artico sembrava divertirsi a collezionare allegre scampagnate a latitudini sempre più prossime all'equatore;
Intendiamoci: Gennaio sembra voler rispettare i suoi appuntamenti tradizionali, a dare retta ai modelli matematici che gli intenditori di nuvole compulsano e consultano proni, strombazzando ai quattro venti catodici e satellitari effimere certezze smentite dalla finestra di casa e da un buon lunario.
La neve e il ghiaccio non l'ha affatto fatta mancare, là dove serve a far campare la gente.
Dove, appunto, chi ha i soldi trova anche il tempo di spendere l'uno e gli altri salendo e scendendo dai pendii innevati, ubriaco di vin brulè e polenta da corsa, perchè la roba buona i montanari non la danno a tutti: meno che mai agli alpinisti della domenica, farciti di superbia tecnologica, che in due giorni credono di dominare le cime e sfidare la mano che tira i fili del destino.
In pianura, invece, neve pochissima e un pochino più di nebbia, giusto per non lasciare senza argomenti tutti coloro i quali hanno trovato nell'insoddisfazione la loro ragione di vita e si dannano l'anima per renderne partecipe il prossimo.
Meglio così, pensò, aprendo la finestra della camera da letto per scambiare i miasmi notturni con la brina del tetto di fronte; salutò la salvia che rimaneva bella e rigogliosa, nonostante la stagione, protetta com'era, questo era il segreto, dall'angolo del muro di cinta e dalle fronde del "pinetto": che tale ormai non era più sfiorando i due metri in altezza e contando un metro abbondante per la base del cono descritto dai suoi rami; lanciò anche uno sguardo compassionevole al fico e all'ortensia spogli da tempo, coltivando in sè la speranza di vederli resuscitare ai primi voli di rondini.
Meglio così, freddo asciutto e senza neve, soprattutto per chi deve viaggiare per necessità, tipo lavoro o visite mediche; per puro svago, pareva che nessuno si muovesse in inverno: gli imprevisti stradali, sempre in agguato, facevano più paura con la bassa temperatura.
Da qualche tempo, viaggiare era diventato un fastidio necessario di quest'epoca che si nutriva di fretta; il maltempo non faceva che acuire il dispiacere di dovere di muovere le chiappe dal calduccio del proprio nido; ciò era dovuto alla massa di incoscienti, presuntuosi, scellerati e maleducati che la facilità di conquista, o peggio di acquisto, di una patente di guida aveva riversato sulle strade: così, non solo dovevi badare a non fare stupidaggini al volante, ma anche intuire tutte le fesserie che attraversavano la scatola cranica, spesso prossima al sottovuoto spinto, degli altri utenti della strada che si eleggevano padroni della stessa e si incoronavano valorosi assi del volante.
Presto e bene, al posto dei fendinebbia le case automobilistiche avrebbero montato mitragliatrici a nastro per il traffico urbano, mentre per i fuoristrada gli accessori più gettonati potrebbero essere le piccole batterie di Stinger terra-aria portatili o i cari vecchi Milan filoguidati anticarro, con sistemi di puntamento e tiro integrati al navigatore satellitare di serie e comandi di sparo al volante.
Si tratterebbe, in fondo, della mera ratifica del fatto che sull'asfalto si consuma una guerra tra disperati, inseguiti e braccati dal demone della fretta, incuranti di pioggia, nebbia o neve: come se non ne avessimo già abbastanza di stronzi assassini come quelli che si mettono al volante ubriachi o, peggio, strafatti di una qualsiasi sostanza psicotropa?
Ma che razza di pensieri avvelenati gli venivano la matti-na presto?
Erano i primi sintomi della trombopirlosi senile?
Oppure erano dovuti al fatto che, essendo nato sotto al segno dei Gemelli, uno dei due era partito per la tangen-te a cercare il senno dell'altro, allo stesso modo in cui Astolfo sulla Luna cercava quello del prode Orlando, cantato dall'Ariosto come furioso per infondata gelosia?
Molti dei suoi interlocutori abituali avrebbero risposto positivamente alla seconda, giusto perchè gli volevano bene: si sa che alla trombopirlosi non c'è rimedio.
Sorrise tra sè e sè anche di questa considerazione e si concentrò sulla colazione, rimpiangendo il panettone che aveva lasciato di nuovo il posto alle fette biscottate.
Fino a Pasqua, c'erano buone probabilità di recuperare qualche centimetro di linea sul parallelo che passava per le anche e l'ombelico, lasciando a terra qualche chilo di zavorra: così era contenta anche la nutrizionista che sognava un'ambulatorio in riva al mare, per rosolarsi al sole tra una visita e l'altra.
Quanti anni erano passati dall'ultima volta che era stato al mare?
Parecchi, invero, ma una cosa è vivere per villeggiatura in un posto e altra cosa è viverci e lavorare.
Da turista, quello vedi è solo una faccia della medaglia, sovente quella più lucida, è sempre un giorno di festa e c'è un'altrove in cui tornare.
E' più semplice avere nostalgia del sole, del mare, del dolce far niente piuttosto che indovinare quando i tre mercanti di neve presenteranno il loro conto alla pianura ubertosa: fare la fatica di ragionare e ricordare la saggezza dei vecchi sono pratiche fuori moda.
Eppure tutti gli anni sono lì, tra capodanno e i giorni della merla, Mauro, Marcello e Antonio a ridosso del primo quarto della luna di Gennaio, a scrollare il loro cappello di ghiaccio e a rimboccare le coperte a Madre Natura affinchè si riposi per bene fino a primavera.
Ma non passando da alcun telegiornale, nemmeno per colpa di qualche sfortunato imprudente che si è fatto male, nessuno ascolta i corvi avvisare che il cielo è pronto a fioccare.
Soltanto un vecchio professore di Varese, che dettava al telefono le previsioni del tempo per il giornale radio regionale delle sette del mattino, non mancava mai di menzionare i tre santi e le pillole di sapienza popolare: un po' per devozione personale, un po' perchè, insieme alla matematica, l'aiutavano ad azzeccare anche le previsioni a lungo termine.
L'unico accessorio decente dei mezzi che aveva avuto in mano era sempre stata la radio e non aveva mai mancato di sintonizzare il primo canale, ascoltando quel bollettino meteo mentre scaldava il motore; più di una volta aveva sperimentato l'esattezza delle previsioni, riuscendo a dribblare i tre mercanti di neve, cioè completando le consegne prima che i mantelli dei tre santi coprissero le terre che attraversava.
In fondo, si considerava un marinaio di terraferma: se i navigatori riconoscono il mare e le sue coste a occhio e a naso per non perdersi tra le onde, anche lui aveva i suoi stratagemmi per portare sempre a casa la pelle sua e quella del mezzo che guidava.
Nel mettere la data all'ultima bolla della giornata, si rese conto d'aver esaurito le chiamate dell'intera settimana, vuotato l'autobotte e d'aver di fronte un sabato libero in quella che di solito era alta stagione, per chi consegna prodotti petroliferi da riscaldamento.
Con un occhiata al calendario appeso in cabina, tra i due sedili, constatò che Sant'Antonio e compagni erano da due giorni alle sue spalle e si rallegrò, nonostante il cielo basso e grigio, di non aver ancora visto scendere nulla.
Mauro volle firmare la bolla in casa perchè la "padruna", quella santa donna di Marcella che aveva atteso il ritorno dalla Russia per sopportarlo nei quarant'anni successivi, aveva appena fatto i biscotti e il caffè e, almeno per questa volta, lui non si poteva rifiutare.
Obbedì e Marcella lo lasciò andare solo quando accettò di portare a casa una manciata di brasadè, i biscotti secchi a mo' di ciambella dalla ricetta segreta, che faceva solo per i nipoti.
Rientrò a casa con calma, evitò le "api impazzite" che sciamavano fuori dalla raffineria tre secondi dopo la sirena delle cinque e mezza, parcheggiò in cortile un'attimo prima che i primi cristalli punteggiassero il parabrezza: adesso l'inverno era ufficialmente arrivato, come sempre.
©2013 Testo di Claudio Montini
©2007 Fotografia di Claudio Montini
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