sabato 27 gennaio 2024

Mi è venuta così...


Ci sono dodici fratelli...

di Claudio Montini 

Ci sono dodici fratelli che fanno girotondo

intorno al sole e prendono per mano il mondo,

contando i passi e i sogni del corso imperituro

che va dal passato remoto all'infinito futuro.

Uno dopo l'altro, uno alla volta si succedono

a fianco del mondo mentre le cose procedono,

recando suoni e colori e aromi, ora tenui ora ricchi,

per panorami e scenari dai nomi e i temi antichi.

Uno splendente fiocco di luce nel buio del cielo

a indicare la via, la verità e la vita oltre l'ultimo velo.

Un cappello di ghiaccio e una calza stesa o appesa,

poco importa, purché piena di una dolce sorpresa.

Mille coriandoli e mascherine e risate di bambini

per richiamare dai mari del sud stuoli di rondini,

foglie e fiori nuovi sui rami prorompono a sicura

resurrezione e vigorosa rinascita di madre natura.

Rose e tulipani coloreranno, forse, aiuole e giardini

ma uova di cioccolato allieteranno grandi e piccini.

Nel mare dorato, bordato di camomille e papaveri

e di selve e prati da ruzzolare senza rimproveri,

si inseguono grilli e cicale in voli e salti e concerti

apprezzabili solo con orecchi e occhi ben aperti.

L'estate promette malto d'orzo e pane croccante

per ristorare e remunerare il sudore della fronte:

intanto avanza con ceste di ciliegie e di fragole,

di angurie spaccate e spartite sotto fragili pergole.

Passato Ferragosto, l'autunno si fa più vicino

se piove al pomeriggio e c'è nebbia al mattino.

Mentre le vigne si arricchiscono di grappoli,

dai spremere nettari per rallegrare i popoli,

il bosco dona ad occhi esperti e mani oneste

castagne, tartufi e funghi per passare le feste.

Quando i comignoli ricominciano a fumare,

viene il tempo per la terra e la botte di riposare,

con un fiore e un lume e, perchè no?, una prece

per chi vive l'eternità all'ombra di una croce,

soltanto apparentemente separato e assente

dall'affetto che si merita ogni essere vivente,

a prescindere da quanto ne sappia o possa dare.

Aprono le danze Gennaio, Febbraio, Marzo e Aprile:

Maggio, Giugno, Luglio e Agosto riempiono il fienile,

mentre Settembre, Ottobre, Novembre e Dicembre

chiudono il cerchio senza fermarsi, come sempre.

Sono dodici fratelli ma non sono affatto gemelli,

sono fatti di lune e giorni, alcuni brutti e altri belli:

pensate che tra loro c'è chi ne ha trenta, chi trentuno

ma ventotto, o ventinove ogni quattro anni, solo uno!


©2024 Testo di Claudio Montini
©2016 Immagine di Orazio Nullo "Tomorrow compass"

venerdì 19 gennaio 2024

Racconto invernale ripescato dagli esordi: buona lettura!!

I MERCANTI DI NEVE

di Claudio Montini


Questo racconto ha, più o meno, dieci anni e risente dei limiti di uno scrittore esordiente: ho mutato, nel corso del tempo, gusto e stile, tuttavia mi sembrava ancora adatto per il periodo... Siate clementi con lui e con me, che l'ho scritto; la fotografia è mia e di anni, probabilmente, ne ha diciassette: l'ho scattata con una rudimentale fotocamera digitale vinta con la tessera punti dell'acquisto del carburante quando, al volante di un glorioso IVECO 135-17 Turbo, autocisterna per gpl, credevo di essere soltanto un camionista... Buona lettura!!

Gennaio indossa, spesso, un cappello di ghiaccio che il sole di metà mattina si diverte a sciogliere, in cambio di una sottile nebbia che il vento di tramontana spazza, solo per il piacere di mostrare i fianchi delle montagne, imbiancati nella notte.
La vecchina volante che riempie calze di dolciumi solo ai bimbi buoni, delle bisbocce di Natale e San Silvestro lascia solo teste dolenti, bottiglie e tasche vuote portandosi via tutto il resto, anche la voglia di ritornare a lavorare.
Nemmeno quest'inverno somiglia al precedente e a quelli del passato, in cui il circolo polare artico sembrava divertirsi a collezionare allegre scampagnate a latitudini sempre più prossime all'equatore;
Intendiamoci: Gennaio sembra voler rispettare i suoi appuntamenti tradizionali, a dare retta ai modelli matematici che gli intenditori di nuvole compulsano e consultano proni, strombazzando ai quattro venti catodici e satellitari effimere certezze smentite dalla finestra di casa e da un buon lunario.
La neve e il ghiaccio non l'ha affatto fatta mancare, là dove serve a far campare la gente.
Dove, appunto, chi ha i soldi trova anche il tempo di spendere l'uno e gli altri salendo e scendendo dai pendii innevati, ubriaco di vin brulè e polenta da corsa, perchè la roba buona i montanari non la danno a tutti: meno che mai agli alpinisti della domenica, farciti di superbia tecnologica, che in due giorni credono di dominare le cime e sfidare la mano che tira i fili del destino.
In pianura, invece, neve pochissima e un pochino più di nebbia, giusto per non lasciare senza argomenti tutti coloro i quali hanno trovato nell'insoddisfazione la loro ragione di vita e si dannano l'anima per renderne partecipe il prossimo.
Meglio così, pensò, aprendo la finestra della camera da letto per scambiare i miasmi notturni con la brina del tetto di fronte; salutò la salvia che rimaneva bella e rigogliosa, nonostante la stagione, protetta com'era, questo era il segreto, dall'angolo del muro di cinta e dalle fronde del "pinetto": che tale ormai non era più sfiorando i due metri in altezza e contando un metro abbondante per la base del cono descritto dai suoi rami; lanciò anche uno sguardo compassionevole al fico e all'ortensia spogli da tempo, coltivando in sè la speranza di vederli resuscitare ai primi voli di rondini.
Meglio così, freddo asciutto e senza neve, soprattutto per chi deve viaggiare per necessità, tipo lavoro o visite mediche; per puro svago, pareva che nessuno si muovesse in inverno: gli imprevisti stradali, sempre in agguato, facevano più paura con la bassa temperatura.
Da qualche tempo, viaggiare era diventato un fastidio necessario di quest'epoca che si nutriva di fretta; il maltempo non faceva che acuire il dispiacere di dovere di muovere le chiappe dal calduccio del proprio nido; ciò era dovuto alla massa di incoscienti, presuntuosi, scellerati e maleducati che la facilità di conquista, o peggio di acquisto, di una patente di guida aveva riversato sulle strade: così, non solo dovevi badare a non fare stupidaggini al volante, ma anche intuire tutte le fesserie che attraversavano la scatola cranica, spesso prossima al sottovuoto spinto, degli altri utenti della strada che si eleggevano padroni della stessa e si incoronavano valorosi assi del volante.
Presto e bene, al posto dei fendinebbia le case automobilistiche avrebbero montato mitragliatrici a nastro per il traffico urbano, mentre per i fuoristrada gli accessori più gettonati potrebbero essere le piccole batterie di Stinger terra-aria portatili o i cari vecchi Milan filoguidati anticarro, con sistemi di puntamento e tiro integrati al navigatore satellitare di serie e comandi di sparo al volante.
Si tratterebbe, in fondo, della mera ratifica del fatto che sull'asfalto si consuma una guerra tra disperati, inseguiti e braccati dal demone della fretta, incuranti di pioggia, nebbia o neve: come se non ne avessimo già abbastanza di stronzi assassini come quelli che si mettono al volante ubriachi o, peggio, strafatti di una qualsiasi sostanza psicotropa?
Ma che razza di pensieri avvelenati gli venivano la matti-na presto?
Erano i primi sintomi della trombopirlosi senile?
Oppure erano dovuti al fatto che, essendo nato sotto al segno dei Gemelli, uno dei due era partito per la tangen-te a cercare il senno dell'altro, allo stesso modo in cui Astolfo sulla Luna cercava quello del prode Orlando, cantato dall'Ariosto come furioso per infondata gelosia?
Molti dei suoi interlocutori abituali avrebbero risposto positivamente alla seconda, giusto perchè gli volevano bene: si sa che alla trombopirlosi non c'è rimedio.
Sorrise tra sè e sè anche di questa considerazione e si concentrò sulla colazione, rimpiangendo il panettone che aveva lasciato di nuovo il posto alle fette biscottate.
Fino a Pasqua, c'erano buone probabilità di recuperare qualche centimetro di linea sul parallelo che passava per le anche e l'ombelico, lasciando a terra qualche chilo di zavorra: così era contenta anche la nutrizionista che sognava un'ambulatorio in riva al mare, per rosolarsi al sole tra una visita e l'altra.
Quanti anni erano passati dall'ultima volta che era stato al mare?
Parecchi, invero, ma una cosa è vivere per villeggiatura in un posto e altra cosa è viverci e lavorare.
Da turista, quello vedi è solo una faccia della medaglia, sovente quella più lucida, è sempre un giorno di festa e c'è un'altrove in cui tornare.
E' più semplice avere nostalgia del sole, del mare, del dolce far niente piuttosto che indovinare quando i tre mercanti di neve presenteranno il loro conto alla pianura ubertosa: fare la fatica di ragionare e ricordare la saggezza dei vecchi sono pratiche fuori moda.
Eppure tutti gli anni sono lì, tra capodanno e i giorni della merla, Mauro, Marcello e Antonio a ridosso del primo quarto della luna di Gennaio, a scrollare il loro cappello di ghiaccio e a rimboccare le coperte a Madre Natura affinchè si riposi per bene fino a primavera.
Ma non passando da alcun telegiornale, nemmeno per colpa di qualche sfortunato imprudente che si è fatto male, nessuno ascolta i corvi avvisare che il cielo è pronto a fioccare.
Soltanto un vecchio professore di Varese, che dettava al telefono le previsioni del tempo per il giornale radio regionale delle sette del mattino, non mancava mai di menzionare i tre santi e le pillole di sapienza popolare: un po' per devozione personale, un po' perchè, insieme alla matematica, l'aiutavano ad azzeccare anche le previsioni a lungo termine.
L'unico accessorio decente dei mezzi che aveva avuto in mano era sempre stata la radio e non aveva mai mancato di sintonizzare il primo canale, ascoltando quel bollettino meteo mentre scaldava il motore; più di una volta aveva sperimentato l'esattezza delle previsioni, riuscendo a dribblare i tre mercanti di neve, cioè completando le consegne prima che i mantelli dei tre santi coprissero le terre che attraversava.
In fondo, si considerava un marinaio di terraferma: se i navigatori riconoscono il mare e le sue coste a occhio e a naso per non perdersi tra le onde, anche lui aveva i suoi stratagemmi per portare sempre a casa la pelle sua e quella del mezzo che guidava.
Nel mettere la data all'ultima bolla della giornata, si rese conto d'aver esaurito le chiamate dell'intera settimana, vuotato l'autobotte e d'aver di fronte un sabato libero in quella che di solito era alta stagione, per chi consegna prodotti petroliferi da riscaldamento.
Con un occhiata al calendario appeso in cabina, tra i due sedili, constatò che Sant'Antonio e compagni erano da due giorni alle sue spalle e si rallegrò, nonostante il cielo basso e grigio, di non aver ancora visto scendere nulla.
Mauro volle firmare la bolla in casa perchè la "padruna", quella santa donna di Marcella che aveva atteso il ritorno dalla Russia per sopportarlo nei quarant'anni successivi, aveva appena fatto i biscotti e il caffè e, almeno per questa volta, lui non si poteva rifiutare.
Obbedì e Marcella lo lasciò andare solo quando accettò di portare a casa una manciata di brasadè, i biscotti secchi a mo' di ciambella dalla ricetta segreta, che faceva solo per i nipoti.
Rientrò a casa con calma, evitò le "api impazzite" che sciamavano fuori dalla raffineria tre secondi dopo la sirena delle cinque e mezza, parcheggiò in cortile un'attimo prima che i primi cristalli punteggiassero il parabrezza: adesso l'inverno era ufficialmente arrivato, come sempre.

©2013 Testo di Claudio Montini
©2007 Fotografia di Claudio Montini

domenica 7 gennaio 2024

Benvenuto 2024: terza e ultima puntata!

 Il regno delle bugie e delle mezze verità

di Claudio Montini


- Terzo e ultimo episodio -

La fretta è una cattiva consigliera e il mare mi risputò più volte sulla spiaggia: forse quel giorno non era dell'umore giusto, ma si impara anche così ad annusare l'aria e sentire da dove tira o dove vorrebbe andare.
Coi treni e con gli anni funziona allo stesso identico modo, dal momento che passano e se ne vanno quasi mai aspettandoci: io ho preso un treno alla volta e ne ho persi altri cento perché, saliti in carrozza, si chiudono le porte e si parte senza ritorno attraversando campi e vigne da cui non sono uscito senza pena, se non al prezzo del sudore di sette camicie, con pochi colpi di fortuna e altrettanti trofei, acciacchi assortiti e altri guai.
A san Silvestro, l'anno ha staccato il suo ultimo biglietto e se ne è andato coi botti, come quelli che l'hanno preceduto, per chi se li è cercati e goduti, per chi li ha visti e invidiati, per chi li ha esecrati e maledetti: tutti senza memoria, questo è lo scherzo del destino e il succo dell'inganno di Capodanno.
Se il buon giorno si vede dal mattino, quest'ultimo non ha più da tempo l'oro in bocca perché l'ha dato al banco dei pegni: il nuovo anno appena iniziato è simile a quello passato, tale e quale senza scampo e senza appello.
I nostri vecchi, uno dopo l'altro, sono partiti per chissà dove e i superstiti hanno imparato a farne a meno: è questa la sola vera novità per l'anno che è arrivato e per quello che verrà, nel regno delle grandi bugie e delle mezze verità.

©2024 Testo di Claudio Montini
©2021 Immagine di Orazio Nullo "Mirrors game" - Atelier des Pixels gallery


Benvenuto 2024, seconda puntata!

Saper già galleggiare e nuotare

di Claudio Montini 

- Secondo episodio -


La pietà e la compassione erano morte in culla da troppo tempo e sepolte col favore delle tenebre, in una notte senza luna, nella terra più lontana dagli occhi e dal cuore.
A chi gridava più forte andava la vacca e il vitello che, forse, portava in pancia se non se l'erano già giocato d'azzardo.
I venditori di morte spacciata per vita migliore, a colori, senza problemi e senza pensieri non si curano del sudore, del dolore, della fatica, della paura: non lo facevano allora, non lo fanno adesso e mai lo faranno.
Il denaro non odora di questi afrori: non ha alcuna fragranza, a dirla tutta: fruscia, tintinna, si ammucchia, si conta, si muove e si spende come se non ci fosse un domani perchè, esso stesso, aveva già provveduto ad acquistarlo, accomodarlo, arredarlo e gestirlo per riprodurlo facendo in modo che si perdano le tracce delle sue origini.
Dopo tutto, è un servo gentile che diventa padrone e tiranno più del tempo che si mangia le nostre vite: è la chiave che apre le porte delle stanze dei bottoni, è la corda per issarsi sui colli e gli scranni, infischiandosene dei portatori, dei parassiti e delle pedine minori per godersi la vista e l'altura.
Ma una volta in cima, si può soltanto scendere oppure cadere: non siamo fatti per volare, altrimenti avremmo le ali sul dorso.
Il nonno sognava tre sfere d'acciaio a sud dell'ombelico, invece di quattro ruote sotto il sedere, per potersi vantare all'osteria di essere un flipper instancabile e non soltanto un tram chiamato desiderio, raccontando aneddoti piccanti su improbabili notti di fuoco con inesistenti amanti, in posti inventati e visti mai.
Barba fatta, scarpe lucide, lingua sciolta e a Roma si va: non si era accorto che il tempo aveva stinto le camicie e che la Città Eterna era soltanto un punto nero, come tanti altri, sulla faccia curva del mondo.
Andava così e va ancora allo stesso modo nel regno dei piedi per terra, dei morti tumulati solo se freddi e rigidi, dell'uovo oggi e forse la gallina domani, ma solo se è vecchia così ci si avanza il brodo, buono per il risotto con lo zafferano o la zuppa alla pavese che sfamò, persino, il re francese sconfitto tra il Naviglio Leonardesco e il Ticino cinque secoli fa.
Aspettiamo e mormoriamo, masticando bestemmie e bocconi amari, biascicando preghiere imparate male, che il mondo, se è vero che gira come dicono professori e maestri, prima o poi passi anche qui da noi, a visitare le nostre contrade.
La luce, il telefono, il metano e l'acqua del pozzo comunale lo hanno fatto come la ferrovia e io rubo il burro da sposare al pane con la marmellata di arance, per farmi uno spuntino di mezzanotte senza rimorsi ma che mi faccia tornare bambino, seduto sulla sabbia di mare con secchiello e paletta, intento a cantare alle onde che lambiscono i piedi una supplica inventata, affinché si facciano più basse e meno spumose, si quietino quel tanto che basta a farsi abbracciare e cavalcare da un cucciolo di pianura che crede di saper già galleggiare e nuotare.

- continua... -

© 2024 Testo di Claudio Montini
©2018 Immagine di Orazio Nullo "Bitter goblet" - Atelier des Pixels gallery


venerdì 5 gennaio 2024

Benvenuto 2024!

 

Prima parte - Follie di Capodanno

di Claudio Montini

La nonna, in carriola, nascondeva sali e tabacchi sotto mucchi di cavoli da dare per merenda a nugoli di asini che sorvolavano il campo delle cento pertiche, quello diviso dalla ferrovia e dalla fabbrica del burro dove il cavallo campava aspettando che l'erba crescesse, incapaci di atterrare senza ruzzoloni sopra le aiuole in cui accedevano, talvolta ma non sempre, anche quei saltatori di fossi per il lungo che si erano mangiati, finalmente, le fette di salame sopra gli occhi.
Nel regno dei pappagalli ripetitori a vanvera, dei servi ruffiani e delle tre scimmie di gesso e di sasso, cieche e mute e sorde come paracarri di pietra verniciati di fresco e con le gemme catarifrangenti incastonate di nuovo, accadeva anche questo e non destava sospetto né scandalo alcuno: si moltiplicavano dotti e sapienti, maghi e filosofi, tribune e tribuni ammantati di specchietti per le allodole che, puntualmente, mietevano dove non avevano seminato e raccoglievano ricchi grappoli dalle loro vittime, attratte in campi e vigne da cui non sapevano più come uscire perché soggiogate da affascinanti predatori senza scrupoli, generosi elargitori di sorrisi e promesse e cambiali e rateizzazioni eccezionali ma avari o, addirittura, senza una briciola di memoria, d'onore e di lealtà.  
- continua... alla prossima puntata!! -

©2024 Testo di Claudio Montini
©2016 Foto di Claudio Montini