L'intervista impossibile di Orazio Nullo: scrivendo ogni giorno.
Quarta e ultima puntata(Episodi precedenti: il 31 agosto, 03 settembre e 06 settembre)
La
speranza è davvero l'ultima a morire: te la racconti spesso questa
bella favoletta, prima di posare il capo sul cuscino e tirarti
coperta e lenzuolo sulle spalle, chiudendo gli occhi al buio e
sperando di riaprirli al giorno successivo? Oppure
te la sei inventata per tapparmi la bocca con un bel giro di parole?
Mi conosci da una vita eppure, come tanti altri, non hai capito un
alcunché di me: sono un sognatore coi piedi piantati a terra e gli
occhi aperti perchè sognare, grazie al Cielo, è ancora una attività
libera e gratuita; sono un collezionista di emozioni e di suggestioni
e di parole che non meritano l'oblio; sono uno che racconta storie
per farsi coraggio e compagnia sperando, nella sua follia, di poter
pure campare delle sue parole stampate.
So da me di
non essere un genio della letteratura, bensì un onesto e buon
artigiano del pensiero espresso in lingua italiana così come ho la
consapevolezza di non avere raccomandazioni o referenze da far
valere, nè in ambito accademico nè in quello dell'industria
editoriale italiana, in particolare.
Non bastano
un migliaio di parole, una buona grammatica di base e una manciata di
brillanti idee: un narratore esordiente è sempre una mina vagante e
un rischio d'impresa di cui nessuno è disposto a farsi carico,
oppure a dargli ascolto, perchè non v'è la certezza di un ritorno
economico.
Trovato il
mio quaderno degli scarabocchi, mi sono finalmente guardato dentro
senza paraocchi, ritrovando nastri e stringhe e specchi da
attraversare e intrecciare e aggiustare con le mie sole mani, le mie
sole parole, le mie sole idee proprio come gli artigiani fanno, da
sempre, mettendo al mondo qualcosa che sia bello, buono e utile ad
almeno uno dei miei simili, oltre che al mio orgoglio. Avevo per le
mani semi che trasmettevano buone e promettenti vibrazioni, avevo
bisogno di un supporto in cui farli sviluppare ma li ho visti
rimbalzare contro alti muri di gomma, sordi o impermeabili o meschini
e cinici.
Quello era
il mio sogno e, siccome nei sogni non si perde né si cede nulla, ho
deciso che l'avrei realizzato da indipendente.
Così
sei diventato un “selfpublisher”, un autore che pubblica senza
editore, o meglio è editore di sé stesso: non ti sembra di
esagerare, di peccare di superbia? Dopo che, per tre anni
consecutivi, alcuni tuoi racconti sono stati selezionati e pubblicati
sul quotidiano provinciale dandoti una effimera notorietà, tra amici
e conoscenti, perchè “sfidare” o ignorare l'editoria
tradizionale?
Non si
tratta di una sfida del genere Davide contro Golia; mi sono
informato, ho cercato un contatto con editori tradizionali ma, come
ti ho detto poc'anzi, ho incontrato solo sordi muri di gomma o
proposte irte di paletti e trabocchetti tali da fiaccare la più
genuina ostinazione artigianale.
Il
selfpublishing è un fenomeno comune in ambito statunitense e
anglosassone, storicamente partito dagli ambiti universitari dove
spesso i professori producevano testi propedeutici ai propri corsi e
su quelli basavano la loro didattica; in un secondo tempo, con la
diffusione dell'editoria dedicata allo svago popolare, sulla base
delle teorie imprenditoriali liberali, è diventato una forma di
business che, talvolta, ha alimentato anche quello di stampo
tradizionale.
L'editore a
pagamento è un tipografo che finge di interessarsi al tuo prodotto,
promette visibilità e distribuzione, pretende che si acquisti un
numero spropositato di copie in anticipo ma poi si dilegua come un
ladro nella notte, poiché nemmeno si cura di leggere cosa uno abbia
realmente composto nella pagina: credimi, ho assistito anche a
operazioni di questo genere e, per mia fortuna o intuito, vedi tu, mi
sono fermato prima di pigiare il bottone di avvio della procedura.
Avevo letto
e riletto i loro farraginosi e contorti contratti (del tutto simili a quelli degli altri editori) che, dopo una
estenuante raccolta di dati riguardo all'estetica e alla forma, ti
sottoponevano da ritornare firmati in forma cartacea previo pagamento
di una somma direttamente proporzionale alle specifiche tecniche e correlata a un numero fisso di copie da stampare.
Fin dagli
esordi, li ho evitati a piedi pari: quando leggo, tra le condizioni,
che c'è un quota minima di acquisto non proseguo nemmeno la
navigazione del sito.
Invece, io
volevo e tuttora voglio creare il mio libro, nel senso più ampio e
letterale del verbo! Senza
restrizioni o ingerenze di alcun genere, salvo quelle di una
eventuale sintattica o grammaticale o tipografica; con una
distribuzione nazionale anche a richiesta senza obbligo di magazzino,
codice ISBN e visibilità nelle librerie virtuali; il costo di tutto
questo automaticamente compreso nel prezzo di copertina insieme alla
mia remunerazione dal momento che alla ideazione, alla redazione e
persino alla impaginazione ho già provveduto io (copertina compresa, grazie a te!).
Insomma la
responsabilità creativa di ogni componente del libro, dalla
copertina ai contenuti, dalla carta ai caratteri di stampa deve
essere mia e soltanto mia: solo così potrei parlare di questo
oggetto voluttuario come del “mio libro”.
Alla
piattaforma di selfpublishing chiedo di fare tutto il resto, come
pubblicità in rete e distribuzione sul territorio: Amazon e
StreetLib e, prima di lei, Youcanprint lo fanno e lo hanno fatto coi
miei prodotti senza chiedere un centesimo preventivamente, salvo per
le copie che ho richiesto per mio sfizio personale. Soprattutto,
hanno risposto in pochi giorni alle mie richieste e senza il benché
minimo fastidio o atteggiamento sussiegoso. Te lo
ripeto, io sono un artigiano della parola e della fantasia che non
vende un prodotto, lo crea e ha la presunzione che sia originale in
tutti i suoi aspetti e trasmetta un messaggio che sia altrettanto
peculiare, fosse anche solo per distrarre la mente dai problemi o dai
dispiaceri quotidiani di un unico lettore.
Se ciò
accadesse tutte le volte che pubblico un libricino mio, se davvero
accadesse questo miracolo, sarei certamente l'uomo più ricco del
mondo... Almeno spiritualmente!
Scusa,
ma per questo non ti basterebbe dedicarti a creare contenuti per un
blog? La diffusione sarebbe ben più capillare di qualche copia
regalata a parenti e amici o, al più, venduta a margine di
presentazioni o mercatini per hobbisti. Che io
sappia, librerie ed edicole sono sommerse di volumi omaggio e non che
stanno lì a ingiallire; inoltre mi risulta che ci siano librai che
rifiutano a priori gli autopubblicati: li considerano una perniciosa
distorsione di un mercato di per sé asfittico e saturo, se non
addirittura una aberrazione.
Se è per questo, la pensano così anche autori che conosco e si
ritengono superiori definendosi scrittori perchè affidano le loro
produzioni alle cure “amorevoli” di un casa editrice: negano a
quelli come me persino il titolo di narratore in forma scritta. Vorrei proprio vedere se facessero la stessa cosa con uno scultore o
un pittore: questi li invierebbero a defecare sulle ortiche senza
troppi complimenti e senza carta igienica...
Tu,
invece come ti definisci?
Io sono uno che racconta storie, un po' vere e un po' inventate, per
chi non ha voglia di lambiccarsi il cervello ma gli vuole concedere
un po' di riposo; non ho la verità in tasca o regole per superare le
difficoltà della vita: offro una pausa a buon mercato, senza effetti
collaterali nocivi, a chiunque abbia del tempo da riempire senza
sprecarlo. Queste storie hanno l'ambizione di volersi fare ascoltare e
apprezzare da chiunque sia in grado comprendere la lingua italiana,
come se fossero amici venuti da lontano in visita e che narrano
episodi vissuti e dialoghi ascoltati per puro e semplice piacere di
stare insieme per qualche tempo, senza ricorrere alla solita conta
dei morti e dei vivi, dei figli o dei nipoti e così via.
In
effetti, si finisce sempre lì... Soprattutto con gli amici che non
vedi da tempo. Ma un libro non è una persona: al limite, è qualcosa
di bello che sta lì e che non fa male, come un altare di sabbia in
riva al mare, o no?
No, è molto di più di un regalo ad una sposa o di un albero di
Natale: è la costruzione di un amore che si fa più vicino al cielo,
che ci meraviglia perchè nasce e cammina e parla e vive nel momento
stesso in cui incontriamo le parole di cui è fatto. Un libro è un giardino magico da portare in tasca perchè in esso
trovano posto la ragione e la fantasia, insieme alle storie scritte e
a quelle ancora da scrivere: esse girano nell'aria che respiriamo,
come i profumi e i suoni e i colori delle stagioni; ma altrettanto
fanno nella testa della gente, anche nella mia, nutrendosi di realtà
e di sorrisi, di lacrime e di sangue mescolato al sudore, di fiato
sprecato e buone parole, di sogni bambini e attese deluse.
Dunque, tocca a noi artigiani delle invenzioni fatte di parole
mettere ordine al caos apparente: dobbiamo afferrare queste storie e
plasmarle in racconti e poesie, in romanzi e soggetti, dialoghi e
sceneggiature affinché non si disperdano nella stessa polvere cui
siamo destinati. Però arrivano nelle nostre teste quando pare e piace a loro, non
hanno molta pazienza come se avessero la vita breve delle farfalle e,
se non le scriviamo subito, volano via a dissolversi nell'oblio e nel
buio senza ritorno. Invece, quando riusciamo a fissare una loro traccia sulle nostre
pagine, esse trovano la via per mettere in comunicazione la realtà e
la fantasia, nutrendosi delle angustie e delle ambizioni di chi
scrive e di chi legge, liberando entrambi i lati da nebbie e catene e
spine e macigni con le stesse parole che ci servono per comunicare
col resto del creato.
Dal canto mio, adopero il migliore italiano che conosca, quello di
più facile comprensione, con un'attenzione maniacale alla
punteggiatura, alla musicalità delle frasi, alla sua correttezza
logica, sintattica e grammaticale; puntando a un ritmo vivace e mai
paludato o forzatamente retorico, cerco di evitare ogni tipo di
ripetizione anche nei nomi dei personaggi o delle cose; mi sforzo di
essere semplice e diretto per non annoiare troppo...
Bravo:
bella filosofia, belle parole... Ma non pensi che siano destinate a
produrre poco o nulla di concreto? Non temi che siano destinate a
rimanere pie illusioni per ingannare l'attesa di giorni di gloria che
non vivrai mai?
Sì, per un certo periodo il rischio è stato piuttosto evidente
anche a me: ma nulla avevo più da perdere e altro non sapevo fare
che mi desse tanto orgoglioso piacere, se non scrivere.
Mi viene alla mente una frase attribuita a Goethe.. Ho un appunto, trascritto a mano dal web su un brandello di carta
riciclato da una fotocopia inutile, che tengo in bella vista sulla
scrivania e che ho letto spesso, per rinfrancarmi.
… Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa
sognare, comincia! L'audacia reca in sé genialità, magia e forza.
Comincia, ora!...
Il mio sogno, lo ripeto, è quello di ricavare dalle mie parole
stampate, su un foglio di carta o di elettroni, quanto basta per
vivere dignitosamente sfruttando le potenzialità della monetina che
Colui Che Lassù Risiede mi ha dato.
Forse non sono nato per fare l'operaio o il camionista; potrei essere
venuto al mondo per scrivere racconti, romanzi e poesie oppure per
aiutare mia moglie, colpita da ictus cerebrale con emiplegia al lato
destro e afasia, a convivere al meglio con la sua invalidità
permanente: chi può dirlo, se non Lui?
Mi occupo di lei e ringrazio Lui per avermi dato in dote la scrittura
creativa e la letteratura per ricrearmi, altrimenti sarei certamente
incorso in un devastante esaurimento nervoso.
Nel frattempo, imparo l'arte della pazienza: scrivendo ogni giorno, anche con carta e matita.
- Quarta e ultima puntata - ... G R A Z I E per l'attenzione! ...
(episodi precedenti: prima puntata 31/08/21; seconda puntata 03/09/21; terza puntata 06/09/21)
© 2021 Testo di Claudio Montini
©2015- 2016 Immagini di Orazio Nullo ("Abstract portrait" and Author Image)