Ciao, Leone!
di Claudio Montini
Sono ormai tre anni che sei uscito dalla tua cuccia di legno, dove riposavi e tenevi al caldo Simbad e Nuvolino (che ti ha vegliato fino all'ultimo e poi, due anni fa, è sparito dal cortile come solo i gatti sanno fare, in certe occasioni: forse è venuto a cercarti, roso da uno di quei mali che toccano anche a noi umani e che ci fanno così paura da non saperli nominare...) in inverno: come riuscivate a stare in tre, in un metro per ottanta centimetri e altrettanti al culmine, a uscire e entrare per i vostri bisogni nel cortile o sulla siepe senza disturbarvi a vicenda, per me rimane un mistero. E' bello rivederti in questi scatti, in questi francobolli per cartoline rubate al tempo che scorre imperturbabile e macina le nostre vite come tu facevi con ossi vecchi e nuovi che, a tuo piacimento e tua sola conoscenza del nascondiglio, sotterravi e dissotterravi quando non c'erano biscotti in vista o portalettere cui abbaiare. Mi manchi e mi mancano le nostre lunghe passeggiate in campagna, tu a correre libero e fare buchi (cercavi forse tartufi? Eri stato un cercatore di quelli in una precedente vita canina?) oppure tuffarti nei fossi imitando le ranocchie, sebbene fosse quasi impossibile farti il bagno nonostante io lasciassi scaldare per bene l'acqua al sole, mentre io pensavo ai miei racconti e intanto, passo dopo passo, lasciavo per strada una ventina di chili superflui.
Da quella domenica di ottobre, Dio come pioveva, non sono più uscito a passeggio in campagna; dal ventotto ottobre 2018, quando ti ho trovato sotto il tavolo disteso e allungato quasi sorridente ma rigido, non ho più pianto tanto quanto ho fatto mentre preparavo la tua ultima cuccia e ringraziavo il cielo, anche se lo facevo a malincuore, di avermi concesso di incontrare un vero e grande e unico amico come te in questa vita. Se mai, per tutti i miei peccati comprese le volte che l'ho invitato a defecare sulle ortiche senza carta igienica, Lui dovesse condannarmi a rinascere, mi piacerebbe che mi facesse cane che incontra un umano come me, un po' sgangherato e stralunato e sempre in cerca del giusto per tutti, uomini e cani: perchè a noi, basterebbe un'occhiata per riconoscerci anche senza annusarci, per andare lontano e sentire tra mille suoni la voce che chiama il nostro nome e tornare sui nostri passi solo per reciproco piacere. Ciao Leone, zio Claudio.
Da quella domenica di ottobre, Dio come pioveva, non sono più uscito a passeggio in campagna; dal ventotto ottobre 2018, quando ti ho trovato sotto il tavolo disteso e allungato quasi sorridente ma rigido, non ho più pianto tanto quanto ho fatto mentre preparavo la tua ultima cuccia e ringraziavo il cielo, anche se lo facevo a malincuore, di avermi concesso di incontrare un vero e grande e unico amico come te in questa vita. Se mai, per tutti i miei peccati comprese le volte che l'ho invitato a defecare sulle ortiche senza carta igienica, Lui dovesse condannarmi a rinascere, mi piacerebbe che mi facesse cane che incontra un umano come me, un po' sgangherato e stralunato e sempre in cerca del giusto per tutti, uomini e cani: perchè a noi, basterebbe un'occhiata per riconoscerci anche senza annusarci, per andare lontano e sentire tra mille suoni la voce che chiama il nostro nome e tornare sui nostri passi solo per reciproco piacere. Ciao Leone, zio Claudio.
P.s.: quando arriverò, mi verresti incontro come hai fatto il cinque ottobre duemilasette? Mi hai messo, quasi le zampe al collo e la fatica di quella giornata di consegne su Asti (provincia che non conoscevo affatto) è svanita come per incanto..
Nessun commento:
Posta un commento