di Claudio Montini
Arrivando al fondo di Luglio, sin da ragazzino, mi pare sempre che l'estate cominci una lunga parabola discendente sebbene si sia a ridosso di Agosto che, per le latitudini italiche prima del Covid-19, rappresenta il mese del "Chiuso per Ferie" e della villeggiatura. Persino la televisione e la radio non si facevano scrupolo di chiudere programmi "storici", ingolfandosi di repliche e rassegne degli episodi più significativi del già messo in onda. Nel subconscio dei programmatori e della gente comune, scattava un interruttore o una molla o un convincimento di qualsivoglia natura per cui era naturale riversarsi su aie e piazze e balere, più o meno improvvisate, a volteggiare in balli antichi da fare rigorosamente in coppia e, complici abbondanti libagioni e abbuffate di pietanze desuete ma ancora radicate nella memoria collettiva, senza badare troppo alla morfologia del partner: l'imperativo era divertirsi e dimenticare i pensieri, collezionando imprese da ingigantire raccontandole al bar o nei ripari dalla nebbia o dalla neve o dalla pioggia durante la brutta stagione in cui sole e zanzare latitano.
La "Spagnola" del terzo millennio fa paura, altro che: la televisione, mezzo di disinformazione di massa, ha un bel da fare a mostrarci spiagge e piazze e stazioni con tanta gente e poche mascherine, a indignarsi per gli assembramenti e a celebrare interventi sporadici delle forze dell'ordine per fare rispettare le ordinanze restrittive (leggi: nuovi strumenti per fare cassa sulla pelle della gente, avendo sospeso per forza di cose, tasse e mutui e altri balzelli), a promuovere località neglette e sconosciute per una vacanza autoctona e autarchica come nemmeno durante il peggior Ventennio che lo Stivale Italico Moderno ricordi, quello "democrattico e fassista". Essa ha fatto come il bambino della favola, quello che, gridando che il re era nudo, ha aperto gli occhi a tutti quanti: in soldoni, ha dimostrato quanto peggio della Grecia fossimo ridotti, con gente che campava di espedienti, di lavoro nero e coatto e sottopagato, occasionale e intermittente tanto da rendere tale pure l'alimentazione e il sostentamento; di quanto si campasse di piccole pensioni e di grandi rinunce, di quanti debiti si contraessero con le persone sbagliate e si finisse strozzati, di quanta fatica si facesse a sopportare che una piccola minoranza ignorasse tutto ciò avendo fin troppo di più del necessario, senza aver fatto nulla per meritarselo o guadagnarselo, deridendo chi non faceva come loro o rimbambendo il prossimo con promesse sgonfiabili solo chiedendo esempi concreti. Già, esempi concreti: questi sconosciuti e altrettanto temuti dai capipopolo nostrani che gonfiano il petto e i pochi muscoli solo davanti a folle inebriate dalle loro vuote parole, ma che non sono mai scesi sulla terra dove si deve campare la vita giorno per giorno, senza mezzi né soddisfazioni; loro camminano tra la gente solo quando le telecamere sono accese e sono vestiti della festa: ma non li ho mai visti in un ospedale, seduti accanto a un malato terminale, infetto, da cambiare, da esaminare... Non li ho mai visti nelle baracche degli sfrattati che lavano le scale o le case dei signori, che consegnano cibo in bicicletta a sfaccendati e smidollati, non li ho mai visti spingere una sedia a rotelle per un marciapiede o salire gradini e scale per farsi una carta d'identità o dimostrare di essere invalidi e purtroppo ancora in vita.
Se li vedete, avvisatemi: potrei gridare al miracolo.
Per il momento, preferisco togliere l'audio al televisore quando vedo che aprono bocca e tace la voce fuori campo del giornalista: non potendo prenderli a calci nel sedere o per un'orecchio onde mostrare loro cosa ci tocca di sopportare per la loro insipienza, preferisco il bel tacer che non fu mai scritto.
©2020 Testo di Claudio Montini
©2016 Immagine di Orazio Nullo "Electoral promises" Atelier Des Pixels Collection
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