Spero di sbagliarmi
di Claudio Montini
Settembre è arrivato, ma qualcosa ancora qui non va: non v'è traccia di cambiamento, di ravvedimento, di discernimento o consapevolezza. Insomma, l'orchestra continua a suonare e noi a volteggiare cuore a cuore, mentre la nave è già inclinata e l'acqua imbarcata è ben oltre le caviglie. Lasciamo stare coloro che negano l'evidenza dei fatti e si ostinano a non leggere i segni dei tempi, inseguendo poltrone occupate da altri più lesti e più scaltri rimasticando, risputando o ripetendo come pappagalli ammaestrati le solite solfe, le bugie stantie, le medesime inconcludenti melodie che incantano sempre meno mentecatti e troppi facinorosi lobotomizzati da lucciole e satrapi bisognosi di un pubblico plaudente per sentirsi arrivati.
Il virus, almeno lui, è uguale per tutti come la morte è il comune punto di arrivo di tutti gli esseri a base carbonio in questo angolo di universo: ma è differente il pegno e il modo con cui i ricchi e i poveri varcheranno quella soglia. Almeno sia una cosa rapida per questi ultimi destinati da sempre a fare proprie le briciole magnanimamente lasciate cadere dalle tavole dei primi.
L'imitazione è la molla che spinge al'arrampicata sociale, all'eversione del sistema, alla sopraffazione: chi sta male, chi è caduto, chi non è conforme o non più produttivo va tagliato e gettato nel forno affinché se ne disperdano le cenere o la semente o il ricordo e non sia più un peso, una palla al piede, una zavorra inutile persino per mettere una croce sopra una scheda elettorale. Non si fa la stessa cosa coi parassiti e con le piante infestanti? Lo Stato moderno e contemporaneo non ha tempo da perdere con loro: è già così faticoso, per lui, arrivare cinque minuti dopo l'ultimo minuto a fare il proprio dovere e a mantenere oliato ed efficiente l'apparato che si nutre di carte bollate e autocertificazioni, sopra il banco, mentre scorre un fiume di favori e denaro (che, si sa, non puzza come sapevano bene i Latini) e chissà cos'altro sotto lo stesso.
Eh, bello mio, è la campagna elettorale permanente questa, mica cotiche o salamelle e buon vino: il solo sistema e strumento efficace per distrarre la gente, attirarla dalla propria parte, irretirla e sedurla ma non amarla fino in fondo, scipparla di ogni residuo bene e d'ogni avere o certezza con toni da straccivendoli o verdurieri o azzeccagarbugli dalla memoria corta. Basta agitarle uno spettro dinanzi agli occhi mentre si fruga nelle sue tasche: i democristiani, almeno, ci facevano inginocchiare con le mani giunte dinanzi alla prima vittima storica del sistema giudiziario; i socialisti e i comunisti ci facevano alzare il pugno sinistro o tenerci un garofano (l'altra mano ci serviva a fare gli scongiuri affinché non venisse Baffone o tornassero di moda le camicie nere: Mussolini era stato un socialista, è un dato storico di fatto).
Questi sanno solamente fare rivoltare nelle loro tombe i Padri Fondatori della Repubblica Italiana tanto quanto i loro rispettivi avversari e predecessori.
Settembre è arrivato e ne vedremo delle belle: ma mi ostino a sperare di sbagliarmi.
© 2020 Testo di Claudio Montini - immagine da Google Images database