UNA FAVOLA NERA
CHE
FINISCE BENE
di Claudio Montini
Se esistesse un confine tra la realtà e l'immaginazione, non
esisterebbero il male e tanto meno la follia: la ragione, di cui il
genere umano si fa vanto da almeno tre secoli, insieme alla logica e
al buon senso avrebbero avuto la meglio sulla paura e sulle
aberrazioni della prepotenza. Potremmo essere tutti diversi e tutti
uguali e tutti liberi allo stesso modo, evitando di calpestare
l'altrui felicità per conquistare o costruire la nostra personale.
Forse anche i narratori e i poeti non troverebbero opportunità di
stendere, intrecciare e annodare certi fili della trama di cui è
fatta la realtà, svincolati e sparsi, per farci riflettere e
considerare e temere l'incombenza e l'avvento e l'epifania di tutto
ciò che è contrario al bene, all'ordine, alla giustizia, al diritto
di amare e di essere amati, di essere felici e non vessati o
calpestati o sfruttati. Maurizio Blini sa benissimo che non viviamo
nel migliore dei mondi possibili e nella nuova indagine tra Torino e
Asti di Meucci e Vivaldi, LA STRATEGIA DEL CONIGLIO (Fratelli
Frilli Editori, 2019), offre i lettori un ottimo esempio della
banalità del male e della sua capacità mimetica, ovvero di quanto
sia possibile che esso viva accanto a noi nutrendosi di indifferenza
e quieto vivere. D'altra parte, dimostra con lucidità e grazia
poetica e precisa analisi psicologica dei personaggi quanto il vero
miracolo italiano, quello che ancora consente a questo disgraziato
Paese allungato nel Mediterraneo di sopravvivere, sia quello per cui
la testa non serve solo a portare il cappello e il cuore la zona del
vestito dove alloggiare il portafoglio, quando ci si è chiusi alle
spalle il cancello del proprio giardino o la porta di casa.
Infatti, se Antonio Fregapane è un contadino schivo che vive solo e
si fa i fatti suoi in una delle tante cascine isolate dell'astigiano,
orfano di entrambi i genitori e con due fratelli emigrati in
Australia con cui non ha rapporti, che cosa ci fanno quattro
ragazzine di età variabile nel suo cortile in una calda mattina di
luglio? Due addetti del comune, impegnati in rilevazioni per il nuovo
piano regolatore di Tigliole d'Asti con un drone dotato di
telecamera, registrano quella scena e sono alquanto perplessi;
insospettiti dalla cosa, ne parlano col nuovo comandante della
stazione dei Carabinieri che suggerisce di interpellare Maurizio
Vivaldi, per via del suo passato di brillante investigatore e
poliziotto acuto nonostante buie e dolorose vicissitudini.
Coincidenza vuole che Alessandro Meucci, suo amico da sempre e sua
spalla naturale, venga messo al corrente della faccenda ed entrambi
finiscano per entrare con mani e piedi nel dipanare la matassa,
finendo col trovarne il bandolo attraverso l'uso sagace del mestiere,
dell'intuito, della legge e dei suoi bracci armati e no. Fin qui,
eccellente lavoro di squadra e diplomazia con i soggetti
istituzionali dei “buoni”; tuttavia, in parallelo, assistiamo
anche agli sviluppi della vicenda del “cattivo” e delle sue
vittime che vengono ritratti con una equidistanza e una lucidità e
una precisione, allo stesso tempo, poetica e chirurgica: non sono
comparse né maschere stereotipate, ma diventano protagonisti ed
elementi portanti e salienti della narrazione perchè genuini e
scevri dai luoghi comuni che, in molti casi, appesantiscono il genere
letterario ispirato dalla cronaca nera.
Questi due piani narrativi, gestiti con accorgimenti stilistici e
semantici da grande scrittore, ci accolgono lungo tutto lo sviluppo
de LA STRATEGIA DEL CONIGLIO affascinandoci con lo
stile diretto, semplice, asciutto e misurato di una scrittura
allineabile a quella di Cesare Pavese e Beppe Fenoglio, guarda caso,
figli di quelle terre e attenti alla chiarezza e alla limpidezza
tanto del messaggio quanto della lingua italiana che ne diventa il
veicolo. C'è un grande lavoro di analisi psicologica dei personaggi
senza scadere nella didascalia e nemmeno nella caratterizzazione
neorealista, che sembra il male endemico di molti prodotti di
intrattenimento italiano: è un buon romanzo, pulito cioè privo di
scabrosità o morbosità, teso al punto giusto perchè la tensione
stessa sale gradualmente avvolgendo in morbide spire il lettore,
scritto in un italiano bello da leggere a qualunque età, con
personaggi che reggono ottimamente la scena tanto da non aver bisogno
di ulteriori interventi del regista.
Maurizio Blini si affranca definitivamente dai maestri e dagli
stereotipi del genere letterario che più ama (tanto da essere
cofondatore dell'associazione giallisti subalpini TORINOIR),
pur maneggiando con geniale e magistrale abilità tutti i codici
espressivi: LA STRATEGIA DEL CONIGLIO (Fratelli
Frilli Editore, 2019), a mio parere, rappresenta la migliore
espressione del suo stile letterario perchè la tessitura complessiva
di questa favola nera è composta di linee e punti che si allineano e
si stratificano, incantandoci fino a che anche nella nostra mente
prende corpo il quadro della situazione. Una riga dopo l'altra,
vediamo crescere e particolareggiarsi il disegno, il mosaico di
umanità e di dolore e di sentimenti e di felicità e di vita
vissuta, bene o male; una riga dopo l'altra, impariamo che sarà il
gioco di squadra e non il protagonismo sfrenato a salvarci dalla
perdita dell'innocenza, dalle brutture della vita, dai suoi guai; una
riga dopo l'altra apriamo gli occhi su questo mondo che, è vero, non
sarà il migliore tra quelli possibili, ma può diventarlo a patto
che tutti facciano il proprio mestiere con la testa e col cuore.
Esattamente come hanno fatto, fanno e faranno Maurizio Blini e Carlo
Frilli che lo annovera nella schiera degli autori che pubblica nella
collana Super Noir Bross.
©2019
Testo di Claudio Montini
©2019
Immagine di Claudio Montini
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