di Claudio Montini
«Sono
salito a bordo di un tram chiamato desiderio che mi ha condotto in
una città ideale che non era la città di luce o la città della
gioia: era il castello dei destini incrociati.
Lì, ha preso il via la mia odissea nello spazio alla ricerca del tempo
perduto: era finito il viaggio nella paura.
Lontano
dalle allegre comari di Windsor e dalle loro baruffe chiozzotte, dal
mercante di Venezia e dalla fattoria degli animali non temevo il
mastino dei Baskerville o il fantasma dell'Opera.
Avevo
smesso di cogliere fiori del male: quella era l'ennesima mia
metamorfosi.»
Così
parlò Zarathustra ai capitani coraggiosi e raccontò di una
questione privata tra il vecchio e il mare, di promessi sposi in un
piccolo mondo vittima di orgoglio e pregiudizio, di uno stupido
errore che condannò il signore delle mosche, vent'anni dopo, alla
solitudine dei numeri primi.
Intanto,
sulla montagna incantata salirono sei personaggi in cerca d'autore,
inoltrandosi lungo il sentiero dei nidi di ragno per organizzare la
cena delle beffe e uccidere un uccello finto.
Invece,
gente di Dublino si perse per un anno sull'altopiano protetto e
guardato da cime tempestose, cercando di recuperare le ultime lettere
di Jacopo Ortis scambiate, dal barone rampante e dal cavaliere
inesistente, con un cappello di ciliegie e una chiave a stella con cui
riavvicinare, forse saldare e, dunque, riparare il visconte
dimezzato.
L'amica
geniale intuì la forma dell'acqua con la mossa del cavallo e la
donna della domenica liberò la ragazza di Bube da una vita agra,
mentre canne al vento vibrarono sussurrando un nome da torero.
©2024 Testo di Claudio Montini
©2018 Immagine di Orazio Nullo "Bitter goblet" - Atelier Des Pixels collection