domenica 20 agosto 2023

Letti & Piaciuti: LE SABBIE DI MARTE di Arthur C. Clarke (1951) - Oscar Mondadori (2015)

SULLE ALI DELLA FANTASIA
MA NON SOLO...

Le sabbie di Marte di Arthur Charles Clarke (1951)

Edizione speciale Oscar Mondadori 2015

di Claudio Montini

Raccontare una storia è come salire su un'astronave per viaggiare nel tempo e nello spazio: è lo strumento più inafferrabile, più inattaccabile, inossidabile di cui l'uomo di ogni epoca storica sia stato in grado di dotarsi. 
Il ragionamento è valido anche nella prospettiva degli ascoltatori o dei lettori, poichè consente loro di essere contemporaneamente in due distinti punti dell'universo, reale o virtuale che sia. 
Gli ingredienti, le strutture, gli schemi, al netto della lingua peculiare del narratore stesso, sono i medesimi dagli esordi o, se preferite, dall'invenzione della necessità di trasmettere alle generazioni successive la memoria o la testimonianza della propria esistenza: cambiano i contesti storici, forse gli scenari o i fondali contro cui recitano la loro parte i vari personaggi ma i temi rappresentati sono sempre uguali, pur risentendo del gusto o delle mode contingenti all'epoca in cui le storie mitiche e i poemi e i romanzi vengono prodotti. 
Anche LE SABBIE DI MARTE (1951, prima edizione UK "The sands of Mars"; 1952 prima edizione italiana per i tipi di Arnoldo Mondadori Editore in Milano, nella collana Urania) di Arthur Charles Clarke non sfugge a questo paradigma di massima sebbene sia stato il titolo che ha inaugurato una fortunatissima collana di romanzi di fantascienza, o meglio, di narrativa avventurosa con ambientazione scientifica e tecnologica, I romanzi di Urania, i quali hanno spesso e volentieri anticipato scenari e sviluppi determinatisi nei decenni successivi, usando la leva immaginifica e fantastica sulla mole di dati e scoperte e invenzioni che la corsa allo spazio e allo sfruttamento dell'energia atomica mettevano a disposizione di narratori brillanti e ben addestrati da una solida cultura letteraria classica. 
LE SABBIE DI MARTE non è soltanto un romanzo di fantascienza, tempietto per appassionati del genere e dell'inverosimile così come dell'eccezionale ma impossibile, da relegare a prodotto di serie "B" o a passatempo da ombrellone in spiaggia: è un romanzo nel senso più pieno del termine e figlio legittimo dei suoi tempi, con una vicenda sicuramente calata in un una realtà più lontana nel tempo e nello spazio (l'azione si svolge in un domani non specificato e addirittura sulla superficie di un'altro pianeta del sistema solare) che, tuttavia, si rivela specchio della natura umana così come lo sono stati i prodotti degli autori britannici e francesi e anche italiani pubblicati negli ottant'anni che hanno preceduto la sua uscita. 
Clarke, noto ai più per essere l'autore del racconto 2001: odissea nello spazio (divenuto romanzo solo alcuni anni dopo la realizzazione dell'omonimo lungometraggio diretto da Stanley Kubrick), pagina dopo pagina, si rivela come uno squisito autore britannico ottocentesco poco vittoriano, privo di sussiego e paludamenti retorici (merito anche della traduzione di Maria Gallone, per l'edizione speciale del 2014 nel catalogo degli Oscar Mondadori?), cioè ricco di agilità e freschezza e ritmo incalzante ovvero una scioltezza e scorrevolezza narrativa invidiabile anche dai narratori moderni e contemporanei, incapaci (a mio parere) di imitare il suo stile esatto come un'equazione di Maxwell (con cui aveva dimestichezza dati i suoi studi universitari compiuti grazie a una borsa di studio per meriti di guerra: per inciso, Arthur Clarke aveva servito nella RAF come addetto al radar e aveva anche contribuito al miglioramento dell'efficienza dello strumento stesso) miscelato alla immediata fruibilità o sagacia del miglior Dickens o del più ispirato Oscar Wilde. 
Infatti, l'occhio indagatore o di ripresa non è puntato sulla macchina o sullo spazio extraterrestre o sulla paura dell'una o dell'altra cosa, bensì sulla rinata curiosità dell'essere umano e sulla sua propensione a spostare in avanti il confine e in alto il limite delle proprie capacità, facendo sì che diventi casa e patria anche un mondo lontanissimo, totalmente diverso da quello natio, spesso ostile e ignoto e apparentemente vuoto rispetto ai canoni con cui si definiscono gli organismi viventi. 
In estrema sintesi, questo è anche il compito del protagonista, giornalista e scrittore di romanzi di fantascienza (quale ironia: non della sorte ma tipicamente e sottilmente britannica!), incaricato dai mezzi d'informazione terrestri di documentare i progressi della colonizzazione marziana e della qualità dei viaggi interplanetari di linea destinati a collegare stabilmente i due pianeti: infatti egli è imbarcato sull'astronave a propulsione atomica battezzata col nome greco del pianeta rosso, Ares. 
Viaggio e soggiorno saranno formativi e rivoluzionari per lo scrittore in questione, poiché riuscirà a fare pace col suo passato e a intravedere un nuovo futuro per sé proprio lì, lontano dalla Terra. 
Il messaggio di LE SABBIE DI MARTE è quanto mai esplicito, come si usava in molte opere del romanticismo inglese e del positivismo francese di fine XIX secolo: il progresso tecnologico e il radioso futuro che ci attende aiuteranno la specie umana a superare tutte le difficoltà e le brutture cui è andata incontro nel recente passato, compresa la II guerra mondiale e il difficile dopoguerra che ne è seguito sia sul piano economico che politico. 
Non si deve dimenticare che il libro esce a soli sei anni dalla fine degli eventi bellici più devastanti del secolo breve, i quali hanno stremato l'economia e la popolazione dell'Impero britannico, non solo quelli dei nemici sconfitti: c'è voglia di riscatto, di libertà, di benessere da ritrovare insieme a cose nuove da sognare, perchè no? 
Come tradizione anglosassone, per cui le opere letterarie degne di questa etichetta, devono avere una morale, devono insegnare qualcosa, devono indicare una via d'uscita lecita verso la felicità del genere umano: questo compito implicito, Arthur C. Clarke lo svolge egregiamente avvolgendo il lettore, tanto contemporaneo quanto posteriore a lui stesso, in un una trama avvincente ma anche sobria e agile al punto che anche il lettore più distratto, o discontinuo, ritroverà sempre il filo del discorso e inquadrerà la scena in atto, come se stesse assistendo a teatro a una rappresentazione dai tempi serrati e gli arredi e le scene essenziali ma funzionali agli sviluppi della vicenda narrata. 
Alla fine, si esce e si uscirà dal teatro e dalle pagine di LE SABBIE DI MARTE (1951) di Arthur Charles Clarke (1917-2008), con la netta sensazione di aver capito meglio qualcosa di noi stessi come elementi della civiltà degli esseri umani più che come semplici spettatori di una escursione oltre i confini della realtà, a bordo delle ali della fantasia.

©2023 Testo di Claudio Montini
©2023 Immagine di Orazio Nullo

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