sabato 29 aprile 2023

Il lupo senza bandiera - episodio 3

 Attraversarono il viso

di Claudio Montini

Nessuno dei due emise un suono: Beniamino non espresse alcun timore, non aveva addosso l'odore della paura, tenne fissi e fermi i suoi occhi nei miei. 
Compresi le ragioni della sua calma: aveva visto e vissuto cose che andavano oltre la più cattiva delle immaginazioni, cose che nel bosco non si erano mai viste quantunque anche Madre Natura spesso non vada troppo per il sottile, affidandosi sempre alla logica ferrea della sopravvivenza del più forte, del più veloce o del più adatto piuttosto che alla misericordia o alla pietà per conseguire e stabilire i suoi equilibri. 
Aveva visto e vissuto il male gratuito e l'assoluto disprezzo per la vita, ridotta a un numero o a un pezzo di materia senza diritti né anima, forse utile a qualcosa ma non indispensabile e nemmeno sacro, quindi tranquillamente sacrificabile. 
Era un abisso cupo e tormentato che scorsi soltanto in pochi cacciatori convinti di essere più furbi di noi e che tornarono a casa coi vestiti laceri, senza le nostre pelli, a ringraziare il cielo di poterlo raccontare. 
Lui era salito fin lassù in cerca del passo che lo conducesse, per l'antica via del sale, alla città e alle terre davanti al mare: aveva sentito dire di una nave che sarebbe salpata alla volta della terra promessa dal Signore ad Abramo, aveva sentito dire che era tempo della dispersione era finito, aveva sentito dire che era il momento di rifondare il Tempio nella terra dei padri. 
Io ero sceso al limite inferiore del bosco per capire cosa fosse tutto quel trambusto, la cui eco giungeva fino alla vetta dalle tane degli uomini, per intuire se ne potesse derivare altro male per il mio branco, per conoscere quale altra follia avesse mai infettato il mondo degli uomini. 
Nella radura in cui ci incontrammo, c'erano sparsi rottami arsi e resti di cadaveri che noi prima di lui avevamo già spolpato, in mancanza di meglio ma non di fame. 
Lo osservai comporre le ossa e coprirle, emettendo suoni che non avevo mai inteso dagli altri bipedi; poi si appropriò di cose ormai inutili per loro ma non per lui che, forse, voleva capire dove fosse arrivato e quanto mancasse alla meta che si era prefissato. 
Quindi mi vide ma non disse nulla, non tremò, non sudò. 
Alzò gli occhi al cielo e abbassò il capo, si mise in ginocchio: io mi sedetti sui miei quarti posteriori e puntai il naso, a mia volta, al cielo ululando sottilmente. 
Domandavo allo straniero, intruso, forestiero quali fossero le sue intenzioni e cosa l'avesse condotto fin lì, anche se sapevo benissimo che non avrebbe mai inteso. 
Uomini e lupi hanno smesso da troppe stagioni di dialogare e ancora di più di rispettarsi, riuscendo a malapena ad imitarsi. 
Mi lasciò scrutare nelle sue iridi, un fugace affaccio sulla sua anima e sulle briciole di sogni e speranze che, ostinatamente, si aggrappavano ad essa. 
Tesi il busto in avanti e il muso si appuntì verso una direzione oltre le spalle di quel ragazzo scappato dall'inferno, spaesato e stanco: non era un pericolo per me né per il mio branco ma poteva essere una cosa buona per i suoi simili. 
Per qualche misterioso motivo, girò la testa e indirizzò lo sguardo a cercare il punto che la mia posa sembrava volesse indicare: così vide il prato e il campo e la casa di sasso con la ruota di legno che girava quando era a bagno nel torrente, quella in cui vissero i due vecchi che attesero invano il ritorno di un figlio mandato lontano a combattere col fucile e una penna nera sul cappello. 
Non era figlio del bosco e doveva tornare al suo branco, tra gli uomini: si alzò sulle sue due zampe, portò una mano a palmo aperto sul petto e mi voltò le spalle prendendo il sentiero che portava, lo sapevo per certo, verso il camino fumante e la ruota di legno che già girava, spinta dal torrente che saltellava allegro verso la pianura. 
Dopo tre passi, si fermò e si voltò salutandomi con quegli stessi gesti, grato e incredulo per tanta fortuna. 
Non mi mossi ma alzai il naso al cielo per invitarlo a prendere la sua via, mentre lui abbassò il capo per nascondere quelle gocce trasparenti che attraversarono il viso.

© 2023 Testo di Claudio Montini - diritti riservati all'autore
© 2016 Immagine di Orazio Nullo per Atelier Des Pixels

venerdì 28 aprile 2023

Il mestiere del tempo - Notturno: seconda stagione - puntata numero 7

Nei nostri sguardi

di Claudio Montini

Il tempo non è un galantuomo ma uno scaltro artigiano di lima e cesello, che smussa spigoli senza martello. 
Sembra che se la pigli comoda, un passo al giorno e, invece, sa fare assai bene il suo mestiere: non tornare mai indietro, non curarsi dei fogli di calendario sollevati e caduti e dimenticati nel volteggiare delle stagioni. 
Aggiunge e toglie qualcosa ad ogni giro, come se fosse un giro di valzer abbracciando una persona sconosciuta: esperienze e ricordi, gioie e dolori, amori fondamentali e amanti piuttosto evanescenti, voli inebrianti e schianti terrificanti. 
Non si perde nulla: lascia volentieri ogni cosa alle sue spalle perchè la deposita sulle nostre, nella gerla invisibile appesa alle nostre schiene, in attesa che maturi e decanti. 
Il tempo non è un galantuomo e non ha fretta, sa dove andare a parare e non passa mai due volte per lo stesso posto perchè, quando arriva, quello è già cambiato e lui è già passato oltre a distillare la sua pozione, sempre nuova e sempre uguale. 
Ti viaggia accanto, ti segue, ti precede, ti aspetta se è il caso ma non si lascia ingannare, incasellare, intrappolare dalla memoria e i suoi supporti né dalla coscienza e i suoi tarli: di anelli e gioielli, autografi e fotografie non sa che farsene così come di applausi, lacrime e fiori destinati ad essere nuovamente polvere esattamente come noi esseri viventi. 
Il tempo non è un galantuomo, conosce l'alfa e l'omega, l'inizio e la fine, il vuoto e il pieno: li distilla, li imbottiglia e li serve con modi svelti, precisi, eleganti, ammiccanti ma finti e vuoti aggiungendo una frase birichina e sibillina ad ogni mescita. 
«Bellezza, è la vita: non si può fare altrimenti!» 
Intanto, come un oste premuroso e attento, è già passato a fare altrettanto presso un altro tavolo, un altro giro e un altro regalo nella corsa delle cose dall'infinito passato all'infinito futuro. 
Ieri è oggi senza più fiato né forza, domani è un getto di dadi contro un castello di carte fondato sulle nuvole: il tempo lo sa e seguita a fare il suo mestiere, cullandoci nella pia illusione di fissare e conservare briciole di sogni nei nostri sguardi.

©2023 Testo di Claudio Montini
©2015 Immagine di Augusta Belloni
 

giovedì 6 aprile 2023

Buona Pasqua 2023

 La promessa



E' carso e dolina,
è orrido e forra,
è foiba nascosta
nelle pieghe della storia,
è un pozzo abbandonato
dove la luna non si specchia,
la ferita della terra
che inghiotte il sogno,
di lacrime e sangue,
di carezze e sospiri,
di risate gratuite
e svolte fortuite.
Il custode cui l'ho restituita
mi disse che era già tutto scritto,
era solo una parte da recitare
nel modo più naturale,
per tornare ad essere
ciò che ero e sono e sarò
dall'inizio alla fine del tempo,
quando lo spazio cesserà
d'aver senso e materia.
Ma avevo fatto una promessa
in cambio di una memoria
sempre viva e accesa
come le lampade delle vergini
che aspettano lo sposo,
ignorando il giorno e l'ora,
con la sola certezza che con lui
saranno ammesse al cospetto
del principio e l'origine
delle cose visibili e invisibili.
Sposterò quella pietra
quando avrò smesso di sanguinare,
lascerò il telo a testimoniare,
camminerò nei loro sandali,
spezzerò il pane e berrò il vino
affinchè smettano di dubitare,
non si stanchino di raccontare
l'eterna storia d'amore
tra il creato e il suo creatore.

©2018 Testo di Claudio Montini
©2021 Immagine di Orazio Nullo "Lost sheep bay" Atelier Des Pixels collection