di Claudio Montini
Sono passati cinquantaquattro anni da quando ci scattarono questa foto, papà. Già: io ne avevo due e tu trentanove. Avevamo tutto il futuro davanti, tu sognavi un dottore in famiglia e io soltanto di essere forte e grande e bravo come te in ogni cosa che facevi.
Se ci penso, oggi, come in quella vecchia canzone cantata da Bruno Lauzi, rivedo il mare di Celle Ligure (SV) e quella giornata col sole che andava e veniva, col mare lievemente mosso tanto da non poterci fare il bagno. Che disdetta, allora: ci tenevo a farti vedere che le onde non mi facevano alcuna paura!
Nessuno dei due immaginava la piega che avrebbero preso gli eventi diciotto anni dopo, nessuno dei due immaginava l'epilogo inevitabile.
Oggi, proprio oggi, sono qui a contare trentasei anni da quel giovedì 18 Dicembre 1986 che hai faticosamente chiuso il sipario dello spettacolo cui non volevi che io assistessi: ci fu solo mamma con te e tutti i parenti già andati che erano venuti a prenderti.
Me lo ricordo bene e, se avessi saputo ciò che ora so, sarei rimasto senza dire nulla o forse avrei cominciato a preparare le valigie per andarmene, per fuggire via il più lontano possibile e provare a ricominciare altrove, per riscrivere da capo il copione di una nuova vita: invece sono rimasto fermo, in piedi nella tempesta, lasciandomi scorrere il tempo e i giorni addosso come un ciottolo di fiume o un ramo spezzato qualsiasi, illudendomi di essere in grado di gestire l'emergenza ma senza avere alcuna idea concreta circa il futuro. Probabilmente questo è il mio karma perchè in tutti questi anni, da quando sei morto e sei nato indelebilmente nel mio cuore, non ho fatto altro che ripetere sempre gli stessi errori: amare a oltranza, faticare, accontentarmi di poco e inseguire illusioni di gloria artistica come da ragazzino inseguivo le lucciole nel buio e le libellule nel sole.
Qualcuno, da ragazzino, mi disse che non ero tagliato per il football bensì per fare il teatro: non fosti tu a dirlo ed io non gli detti ascolto, perchè mi avevi insegnato che bisogna ascoltare tutti e poi fare quello che più ci sembra giusto avendo il coraggio di pagarne, sempre, le conseguenze.
Forse è per questo che mi sono messa a scrivere storie e poesie: in una delle mie storie, ho messo dentro anche te e ho provato a fare pace con la mia coscienza.
Sono per strada, non sto correndo: quando arriverò, a tempo debito, vienimi incontro altrimenti mi perdo nella nebbia dei ricordi e dei rimorsi.
©2022 Testo di Claudio Montini
©1968 Immagine di Anna Mazzocchi Callegari
©1968 Immagine di Anna Mazzocchi Callegari
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