venerdì 7 novembre 2025

Due perfetti sconosciuti - terza puntata...non consecutiva!! - inedito in divenire

Doverosa premessa
di Claudio Montini

 La storia di due perfetti sconosciuti subisce una improvvisa accelerazione: questo è quanto leggerete di seguito. In realtà, tra questa e le due precedenti puntate succede molto altro che, per ovvie ragioni, non ho alcuna intenzione di rivelare poiché il materiale sta lievitando nella mia fantasia e traccia rotte di sviluppo cui non avevo affatto pensato agli esordi: in altri termini, i due personaggi che si sono affacciati tra il 13 e il 17 di ottobre hanno portato con sé, inaspettatamente per me, tutto il loro vissuto e sono intenzionati a farlo pesare nello svolgimento di quello che, ormai, non ho vergogna a definire come il mio prossimo romanzo, se non d'amore, almeno di vita vissuta da altri ma immaginata da me medesimo. Dunque, questo è soltanto uno dei capitoli, né il primo né, l'ultimo o il terzultimo: prendetelo così com'è: il libro intero, forse nel 2026, sarà decisamente molto più interessante
Buona lettura!

Le loro anime divennero una sola


Salirono le scale, evitarono volutamente l'ascensore come se fossero due perfetti sconosciuti e non già una coppia di amanti frementi, eccitati, ansiosi di concedersi, sciogliersi, perdersi l'uno dentro l'altra e viceversa in un abbraccio di pelle nuda e lenzuola anonime.
C'era una sottile inquietudine che disturbava l'aura magnetica dei loro spiriti, più che mai tesi ma anche pronti ad affrontare quella ulteriore prova, quella naturale e urgente evoluzione della loro relazione verso una comunione, una convergenza verso l'ignoto, una cessione di sé mai permessa né offerta ad altri mai prima.
Per alcuni esseri umani, fare l'amore è poco più che un esercizio ginnico con cui occupare il tempo libero oppure un fastidioso quanto improcrastinabile impegno contrattuale, simile a una bolletta del gas o della luce, quando non venga addirittura assimilato a un male necessario o accessorio di cui si farebbe volentieri a meno.
Secondo un'altra corrente di pensiero, si tratta di un traguardo o una meta o un risultato da cogliere e mettere in bacheca oppure, al contrario, è lo sparo di partenza per un percorso affatto lineare che sfidi il tempo e, in virtù della reiterazione dell'atto stesso, trovi di volta in volta in quella pratica le ragioni per non interrompere il viaggio che riporterebbe alla Casa del Padre Celeste, qualunque sia il nome che gli si voglia attribuire, ciascuno a tempo debito e a modo proprio.
L'ansia sottile nasceva dal fatto che non erano più ragazzini alla prima cotta amorosa né giovani di belle speranze ma adulti attempati, consapevoli di camminare lungo una frontiera che avevano soltanto immaginato e, forse, anche un po' temuto: varcarla era, dunque, un atto simbolico prima che fisiologico e urgente ma che non andava sprecato o svilito o sottovalutato consumandolo, magari maldestramente e frettolosamente, su di un prato o una spiaggia o sui sedili di un'automobile con un soffitto di stelle e la luna che stanno a guardare.
Superate le cinquanta primavere, che da sole hanno un non piccolo peso, dettagli e sfumature sono importanti e finiscono per fare la differenza tra rimorsi e ricordi nel bilancio con le opportunità che, inevitabilmente, via via vanno scemando: le donne lo sanno da sempre mentre gli uomini impiegano almeno dieci anni in più di vita per capirlo e imparare a prendere la vita come viene, prendendo quel che c'è e lasciando gli errori altrui là dove si trovano.
In quel decennio di ignavia, di apatia e di smarrimento, i maschietti o si rifugiano nelle abitudini oppure si sentono affaticati da qualunque cosa e affatto curiosi di ciò che supera l'orizzonte delle proprie braccia, rassegnandosi a stupirsi di nulla e ad accontentarsi di poco finché non si spezza il filo dell'esistenza e del respiro.
Lucio percorse quella china e rischiò di assuefarsi ad essa finché, durante una delle sue passeggiate lungo i carri decumani di Pavia o dal canale Naviglio al fiume Ticino in cerca delle ragioni che lo inducevano ostinatamente a restare nella patria delle occasioni mancate, non si specchiò nei dipinti di Priscilla durante una mostra collettiva in una galleria pubblica che dava su piazza della Vittoria.
Con quelle immagini, lui aveva trovato chi era riuscito a dare corpo alle ombre imprigionandole nei colori, a definire contorni e forme e stati della materia oscura che anche lui sentiva montare dentro senza riuscire a dominarla o determinarla con gli strumenti matematici e logici che conosceva bene, a zittire il rumore del mondo restituendo luce e bellezza all'idea figlia di un sogno ad occhi aperti.
Aveva smesso i panni del naufrago perduto nello spazio e nel tempo, si era sentito meno solo e gli era parso di avere ritrovato il libretto delle istruzioni per l'uso della vita.
Era tornato più volte, più o meno alla stessa ora, lungo l'intero periodo dell'esposizione ignorando via via il resto del catalogo e lei non poté fare a meno di notarlo.
Qualcosa le si spezzò dentro, una piccola crepa nel cristallo della teca in cui aveva rinchiuso certi pensieri, certe illusioni, certi sogni: si concesse la follia di immaginare che fosse, finalmente, sulla scena della propria vita fosse entrato l'attore che stava aspettando da troppo tempo.
Sembrava attonito e rapito dai suoi lavori sospesi alle pareti o poggiati su cavalletti di legno: era come se stesse leggendo un testo da imparare a memoria e, a volte, pareva volersi tuffare dentro le tele o semplicemente sostituirsi alla cornice.
Eppure si muoveva con misura, con eleganza, con sicurezza e rapidità feline e, più di una volta, le riuscì soltanto di vedere la sua schiena allontanarsi e uscire, maledicendosi per aver atteso troppo nel provare a salutarlo e a invitarlo a prendere un volantino pieghevole o un biglietto da visita.
Poi, nel registro dei visitatori, il volume sul quale loro potevano vergare impressioni e note circa la rassegna, l'ultimo giorno trovò una frase che la colpì più dell'indirizzo di posta elettronica posto in calce come firma.
Grazie per avere abbassato il volume del rumore del mondo coi colori, fino a zittirlo.
Lei ha restituito luce e bellezza alle idee figlie di sogni ad occhi aperti.
Sul retro di un biglietto da visita trascrisse l'indirizzo telematico, si sentiva debitrice almeno di un ringraziamento verbale cui abbinò l'invito a incontrarsi per prendere un caffè in centro città, dietro suggerimento di una vocina filtrata proprio dalla teca incrinata.
Lui aveva risposto alla missiva elettronica e accettato l'appuntamento, tutto sommato, con una perfetta sconosciuta quanto altrettanto era per lei: così il sipario sul sogno ad occhi aperti si era levò e la relazione accelerò in funzione del fatto che il loro orologio biologico fosse ben più che maturo, al di là di ogni ragionevole dubbio e di ogni giovanile incertezza.
Erano figli del loro tempo e consapevoli della loro età ma non più padroni del proprio tempo, forse in via di esaurimento: inconsciamente e indipendentemente l'uno dall'altra, desideravano solamente chiudere in bellezza la curva delle rispettive traiettorie nella corsa dal passato remoto all'infinito futuro, sia che fossero parabole o iperboli.
Cosa c'era di più bello di una storia d'amore, di passione carnale gratuita, di attrazione sentimentale e intellettuale scaturita da un'idea che si fa opera d'arte?
Il mondo avrebbe seguitato a girare nella sua orbita intorno a una stella che brucia ed esplode senza dissolversi anche dopo di loro: ma ora esso stesso era chiuso fuori dalla stanza di quell'albergo che Priscilla conosceva bene, che per il primo periodo trascorso a Pavia aveva chiamato casa sicura e rifugio e nido, che non aveva mai del tutto smesso di frequentare soprattutto quando non voleva farsi trovare da chicchessia, quando voleva sparire per respirare o per riposare.
Erano dunque soli tra quelle quattro mura, l'uno di fronte all'altra, consapevoli dei propri desideri e dei sogni e delle aspettative riguardo allo scambio d'amorosi sensi di cui avvertivano la naturale urgenza che, tuttavia, ancora non si sentivano pronti a vivere nelle rispettive residenze.
Se le cose fossero, per mille una ragione, andate a rotoli tra loro o se tutto il resto si fosse rivelato davvero noia come cantava il Califfo Romano, sarebbe stato più semplice chiudere tutte le parentesi aperte e lasciare il risultato dell'equazione sulla lavagna dell'oblio: il tempo, che non sarà un galantuomo ma sa fare il suo mestiere, l'avrebbe ripulita da par suo.
Era un momento cruciale per entrambi e per la loro storia, di quelli in cui non si possono sbagliare nemmeno le parole: invece lei volle giocare d'azzardo fingendo un pudore di cui aveva deciso di sbarazzarsi dal momento in cui aveva incrociato lo sguardo di Lucio.
«Sarò sincera con te: io non sono mai stata con un uomo...
Così intimamente, intendo...»
«Ah, ma se è per quello, nemmeno io!
A saperlo prima, mi portavo uno smoking e un papillon o una cravatta: sai, alle “prime” si deve andare vestiti a festa...»
Lo disse talmente serio che lei rimase allibita per un milionesimo di secondo: poi, l'ironia fece breccia e ne risero entrambi.
Priscilla si avvicinò, si strinse a lui e gli appoggiò le mani sul petto sfoderando il sorriso più smagliante e ammiccante che possedeva, accompagnato da un dolce imperativo.
«Baciami, scioccone!»
Lucio non se lo fece affatto ripetere e non sprecò nemmeno un nanosecondo: seguì l'istinto senza pensare e l'inquietudine si dissolse mentre, dalle labbra in poi, le loro anime divennero una sola.

©2025 Testi di Claudio Montini
©2021 Immagine di Orazio Nullo

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