martedì 1 ottobre 2019

La voce, il vento e i poeti

La voce dei poeti
di Claudio Montini & Augusta Belloni
La voce chiese al vento: «Da dove vieni? Dove vai?» Ma quello rispose consonanti incomprensibili, seguitando imperterrito a spettinare gli alberi e a trascinare polvere, carta straccia e foglie morte in un valzer senza musica. Invece la musica c’era, c’è sempre stata e ci sarà finché il pendolo non smetterà di oscillare dettando il ritmo alle cuspidi e ai conseguenti antipodi: pochi la intendono e quei pochi sono impazziti o sono fuggiti là dove si rifugiano le risposte inaudibili e inaudite, i segreti maledetti e quelli mai detti, tutti i veli pietosi e penosi che coprono la nuda verità. Ora muggiva, ora fischiava, ora ringhiava irridendo lamenti e preghiere e timori di quel mondo in cui si sentiva prigioniero ma di cui sembrava avere raccolto la disperazione, servendosene per spezzare le catene della gravità e tornarsene al cielo, finalmente libero. Affascinata e atterrita da tanta forza, forse più dalla prospettiva in cui intravedeva una via di fuga, di nuovo la voce lo supplicò. «Portami con te, ovunque sia l’altrove cui tendi!» Ugualmente a prima, il vento non si curò di lei e, così come era venuto, se ne andò lasciandola sedotta da un’idea di libertà e abbandonata ai dubbi e alle incertezze quotidiane. La testa era vuota, gli occhi non sapevano più dove guardare, la bocca era immobile e chiusa come una maschera desueta e dimenticata; eppure le orecchie captarono un suono, forse soltanto una sequenza anomala di consonanti nello strascico vento in fuga, un falso rumore di fondo che consola e confonde i cuori in allarme e in attesa, il silenzio imperfetto che si espande e avvolge lo spazio e il tempo e il volume e la massa, annichilendo tutto. Poco più di una vibrazione e molto meno di una presenza, entità metafisica quant’altre mai labile e riconoscibile solo dai riverberi e dai riflessi indotti, la poesia si offrì alla voce recando con sé armonia e bellezza, sue ancelle e compagne sin dalla notte dei tempi. «Vieni con me e portami per le vie del mondo o lungo le linee del tempo che intersecano miliardi e miliardi di vite, spesso ignote le une alle altre eppure reciprocamente indispensabili, come gli ingranaggi di un meccanismo complesso nel quale anche il più insignificante e minuscolo di loro contribuisce al movimento di tutti gli altri, garantendo precisione e correttezza al funzionamento di tutto il sistema. Tu sei la sola che possa attraversare il buio vestendolo di colori e profumandolo di sapori; tu sei la sola che possa modellare il silenzio senza distruggerlo, anzi, danzando con lui per disegnare su di esso arabeschi e graffiti delicati e potenti; tu sei la sola che possa penetrare corazze e segrete stanze dove si nascondono le corde dell’anima da suonare per illuminare i più reconditi angoli del cuore. Con te e soltanto con te le parole, le idee e i sogni di cui sono fatta potranno volare superando barriere e confini, paesi e palazzi, mari e montagne e, forse, anche le stelle per abitare in mezzo alla gente che ascolterà, farà proprie e vivrà ad occhi aperti senza fastidio o timore a dispetto del vento troppo propenso alla fretta, allo scompiglio e alla dispersione.» La voce si smarrì, si ritrovò e si sorprese nello stesso tempo e allo stesso modo di colui il quale, avendo cercato invano conforto e soddisfazione lontano e altrove, al termine di uno sconsolato sentiero di ritorno si accorga e realizzi di avere avuto a portata di mano la soluzione ai suoi guai, insieme a mezzi e materiali a lui più congeniali, ma di averli colpevolmente sottovalutati e ignorati. Meglio tardi che mai: del resto, vi è una spiegazione plausibile per molte delle cose che stanno tra cielo e terra, fuorché per la stupidità pervicace e per l’orgoglio superbo, cieco e sordo. Almeno è questo quanto sostengono quelli che gridano nel deserto, stando fuori dal coro. Se l’istinto le aveva già preparato le valigie e messo un piede sullo zerbino oltre la soglia di casa, perché fosse pronta a scattare come un bersagliere all’assalto e a correre incontro alla gloria, la ragione tirava freni e remi in barca predicando cautela, riflessione e discernimento affinché il passo che si stava compiendo non fosse solo figlio del capriccio di un momento. Era una scelta radicale, incauta e improvvida tanto era priva di prospettive di soddisfazione o di rendita: in altre parole, era una cantonata di proporzioni colossali! Già un saggio antico aveva affidato una sentenza, valida in tutto l’universo, alle procellose e inarrestabili volute fluttuanti del Tempo, “Carmina non dant panem” ovvero i poemi non danno il pane, più ricca di conferme che di eccezioni preposte al medesimo scopo. Ma la voce aveva già gettato i suoi dadi e intrapreso il cammino lungo il ponte steso sopra acque inquiete: da troppo tempo era sola, senza anima viva a cui regalare un’idea, un progetto, un sogno, una suggestione con cui elevarsi e distinguersi dalla massa silenziosa sebbene vociante, uniforme e anestetizzata, vincolata ad invisibili burattinai ma convinta d’essere senza fili e senza catene. Era consapevole di non potere cambiare il mondo, ma aveva bandito il rimorso per non aver provato ad essere come la voce dei poeti che quei due amici, separati sul piano fisico ma tanto vicini e simili su quello spirituale, avevano così bene descritto in una delle prime composizioni che crearono per diletto personale.

LA VOCE DEI POETI

Geometrie non euclidee seguono i poeti
per disegnare orizzonti invisibili,
dando vita a poesie nuove senza rime
lasciando di stucco ascoltatori e passanti
e coloro che non accettano i cambiamenti.
Chi conosce il vento,
non teme sbarre o barriere!
Chi conosce il vento,
non ama le frontiere
La voce dei poeti si affida, cieca,
al vento che sa dove andare:
esce da un cuore e si lascia trascinare
con gli occhi chiusi perchè non vuol vedere.
Supera tremila ostacoli,
si fa beffe dei divieti,
infine trova un’anima in cui riposare,
da riparare perchè possa di nuovo volare:
ma se quest’anima è ostile e non ha cuore
la voce del poeta, nel silenzio, muore.

Era uno dei primi passi, un metro sopra e in disparte dalla disordinata folla di avventori della piazza virtuale, che Augusta e Claudio mossero fuori dalle rispettive prigioni senza sbarre finalmente liberi di regalarsi parole e di percorrere i sentieri che esse avrebbero, di volta in volta, indicato alle loro anime assetate di armonia e di bellezza. Ora la sua missione era scritta di fronte a lei e, in virtù di tale natura, destinata a non disperdersi come polvere e petali strappati nel vento che non l’aveva voluta con sé: non poteva più ignorarla e, dunque, l’avrebbe portata a termine con la certezza di smentire il finale concepito dalle sinapsi dei due poeti, poiché avrebbe fatto proprie queste altre parole nuove che Augusta dedicò a Claudio per suggellare e celebrare l’avvio del sodalizio artistico.

LE PAROLE NUOVE

Digito per te parole nuove,
parole che mi vengono dal cuore:
son frasi che tu non puoi vedere,
rimangono nell’aria a galleggiare.
Ma il vento cosmico
che carezza le stelle,
le spinge fino alla mia finestra
aperta sulla valle:
ascolto il muto canto,
senza tempo,
che ricomincia
a svegliare la radice
e getta un fiore,
un trillo, un volo.
Ecco, amico,
il miracolo cercato:
non sei più solo.

La voce aveva intuito e compreso che la poesia è un flusso di energia che scorre come un fiume in un’altra peculiare dimensione, una delle molte di cui è composto l’universo e che sono comunque attraversate dalla luce così come coordinate dal tempo e dalle interazioni gravitazionali ed elettromagnetiche, tuttavia capace di affiorare ed affacciarsi in ciascuna di tutte le altre a suo piacimento a dispetto dei vincoli della materia.
Accettare l’invito della poesia a viaggiare insieme e spingersi, sull’onda dell’entusiasmo, a mettersi al suo servizio era stato più che logico, più che inevitabile, più che naturale: era stato come trovare ali adatte per volare oltre le stelle e oltre l’infinito ignoto senza perdersi d’animo, senza bruciarsi invano, senza spegnersi nell’oblio; era stato come indossarle e, con tre passi di rincorsa, abbracciare il vuoto per stupirsi di decollare e non di precipitare; era stato come tornare a respirare aria vergine e fresca perché libera è la voce nell’universo, anche dalle leggi che lo regolano allo stesso modo dei sogni e delle idee e dei pensieri.

Libera è la voce nell’universo:
la vedi, la senti, la tocchi, la gusti
non è uguale mai eppure è sempre la stessa
è suono e colore,
è gioia e dolore,
è idea e sentimento,
azione e riposo, cammino a ritroso,
fuga in avanti e i paragoni son tanti.
Forse troppi o troppo pochi
come gli istanti,
gli attimi fuggenti
della sua inspiegabile epifania,
quando sembra che non ci sia,
quando l’ansia di prosa e di poesia,
quando la luce che insegue l’ombra,
accendono la fantasia.

© 2018 Testi in prosa di Claudio Montini; "Libera è la voce" è di Claudio Montini (inedita)
© 2016 “La voce dei poeti” e “Le parole nuove” sono di Augusta Belloni e Claudio Montini per il progetto “SINAPSI: due poeti, una poesia”  
©2019 Diritti riservati agli autori  ©2014 Immagine di Augusta Belloni "Tempesta scampata"

Nessun commento:

Posta un commento